11 MAGGIO 1920/2020 Problemi “vecchi”, proteste nuove?

Riceviamo e diffondiamo:

11 MAGGIO 1920/2020

Problemi “vecchi”, proteste nuove?

Martedì 11 maggio 1920 a Iglesias vennero uccisi 7 operai e ferite 23 persone. La protesta era nata dalla decisione dei dirigenti della miniera di decurtare mezza giornata di salario per chiunque avesse partecipato alle proteste dell’8 Maggio, in cui donne e uomini chiedevano l’aumento delle razioni di cibo e un miglioramento delle condizioni di lavoro.

Nella mattina dell’11 maggio gli scioperanti si trovarono in assemblea nel piazzale della miniera di Monteponi. Un corteo di 3000 persone si reca sotto il palazzo del municipio. Ad attenderli il commissario Gagliani e le truppe dei reali carabinieri armati con fucili d’assalto. I caduti furono 7, colpiti dal fuoco delle forze armate.

Il giorno successivo migliaia di persone accompagnarono al cimitero di Iglesias le bare degli uccisi.

Perché vogliamo ricordare questa strage?

Il ricordo storico di questi tragici avvenimenti non deve essere lasciato alle sole istituzioni, le quali si preoccupano di celebrare queste ricorrenze presentandole in una versione edulcorata e folkloristica. La comunità deve riappropriarsene per comprendere l’importanza di quelle lotte. Esse non vanno inquadrate esclusivamente come rivendicazioni salariali, ma fanno parte di un più ampio scenario internazionale di conquista dell’autogestione del lavoro da parte delle masse popolari, verso una società di liberi e uguali che rifiutava la guerra e il dominio dell’uomo sull’uomo.

A cento anni da quella data, i temi che motivarono quelle lotte sono ancora attuali anche nel territorio nel quale viviamo, il Sulcis Iglesiente.

Ora come allora i problemi riguardano ampi strati della società:

Le lavoratrici e i lavoratori degli ospedali, i quali rischiano quotidianamente di ammalarsi. Ricordiamo che il 45% dei casi di Covid 19 è stato contratto negli ospedali e nelle RSA.

Le persone che soffrono di patologie tumorali molto diffuse in questo territorio,le quali in questa fase emergenziale, non riescono ad effettuare visite nei presidi ospedalieri pubblici e si vedono costrette a rivolgersi alla sanità privata.

Le lavoratrici e i lavoratori delle industrie e le comunità che vivono nei pressi di queste realtà le quali, non solo subiscono danni alla salute, ma non vengono tutelati dai rischi di incidenti gravi.

Contadini, pastori e pescatori che si trovano a svolgere il proprio lavoro in un luogo contaminato.

La salute delle comunità è minata dalla presenza di poligoni militari e industrie belliche – come la RWM – attività che creano inoltre un contesto di deprivazione più che palese.

Le istituzioni locali e i sindacati hanno promosso per decenni realtà industriali – siderugiche o belliche – come unica possibilità di sviluppo. Il finanziamento delle industrie ha così sottratto preziose risorse alla sanità, all’istruzione, alle piccole attività artigianali e commerciali e al settore primario. Queste politiche hanno causato ripetute crisi occupazionali e tra le più drammatiche emergenze ambientali e sanitarie presenti in Europa.

Per favorire Confindustria sono stati smantellati tutti quei diritti acquisiti grazie a decenni di lotte: la precarietà del lavoro è ormai diffusa sia nei settori privati che in quelli pubblici ed ha comportato un ulteriore aggravarsi delle condizioni sociali ed economiche.

Inoltre, per favorire i padroni della grande distribuzione alimentare i braccianti agricoli sono costretti a lavorare per miseri salari e senza alcun tipo di contratto. Tra questi ci sono migliaia di persone migranti che lavorano sotto ricatto senza un permesso di soggiorno, rischiando di finire dentro i lager di stato meglio noti come CPR.

Oggi come ieri, dalla parte degli “ultimi”

Rifiutiamo le nuove forme di schiavitù dettate dal capitalismo e da un’economia di guerra e ostacoliamo il riemergere di nostalgie fascisteggianti, utili solo a mettere uno contro l’altro le classi degli oppressi, in favore della classe padronale capitalista.

È inutile dunque analizzare la situazione attuale con lo sguardo delle vecchie forme canoniche di concertazione sindacale ma dobbiamo piuttosto sostenere i conflitti sociali che nasceranno da quelle fasce di persone in condizione di povertà. A breve usciranno dalle loro case (chi ce l’ha), senza salario e subendo un controllo pervasivo dei documenti, soprattutto chi non li ha perchè straniero. È da loro che partirà la nuova lotta, gli “ultimi degli ultimi”, che la nostra “società dello spettacolo” si ostina a non vedere: proprio come erano invisibili al resto d’Italia, i minatori del Sulcis-Iglesiente nel 1920.

#REDDITOPERTUTTI #SANITAPERTUTTI #STOPSPESAMILITARE #STOPINDUSTRIABELLICA #IGLESIAS #SARDEGNA

COLLETTIVU LIBERTARIU “BORE PODDIGHE”

IGLESIAS, 11 maggio 2020

per informazioni: clbp.iglesias@gmail.com


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