Il convegno del 2 maggio si poneva due obiettivi. Approfondire l’analisi del militarismo (in particolare il rapporto tra guerra esterna e guerra interna) e rilanciare, a partire da alcune esperienze, la lotta autorganizzata contro la macchina bellica e il suo mondo.
Per quanto riguarda il primo aspetto, ci è sembrato importante partire dall’analisi del rapporto NATO sulle operazioni urbane nel 2020, esempio davvero emblematico di come fronte esterno e fronte interno della guerra capitalista ai poveri sia sempre più esile. I padroni del mondo – tramite le teste d’uovo della NATO – sanno che le metropoli saranno in un futuro prossimo delle vere e proprie polveriere sociali, per via della crescente povertà e della penuria delle risorse energetiche. Nella prospettiva di affidare agli eserciti la gestione dei conflitti sociali (per cui i governi si stanno armando, in termini di conoscenze scientifiche e di equipaggiamenti tecnologico-militari), si capisce meglio perché vogliano assuefarci fin d’ora alla presenza dei soldati nelle città. Sarebbe un errore considerare l’introduzione, in nome dell’ideologia della sicurezza, dell’esercito in alcune città italiane un colpo di testa del ministro La Russa e del “governo fascista di Berlusconi”. Il modello – a cui tutte le potenze NATO si ispirano – sembra piuttosto quello della democrazia israeliana, laboratorio di guerra permanente e vero e proprio avamposto di una tendenza planetaria. Apartheid sociale, territori occupati dall’esercito, muri e confini interni sono perfettamente compatibili con la democrazia parlamentare. Per questo in un convegno antimilitarista hanno portato il loro contributo i compagni di Torino, attivi contro rastrellamenti, CPT e Alpini nei quartieri proletari, e quelli di Napoli, i quali hanno raccontato come la questione dei rifiuti in Campania – e dei conflitti sociali che ha scatenato – sia una sorta di terreno di sperimentazione nell’uso dell’esercito (a difesa dei siti “di interesse strategico nazionale”, cioè i cantieri di megadiscariche e inceneritori, ma di fatto in tutto il territorio).
Di lotta antimilitarista in senso più stretto hanno parlato gli interventi da Novara contro i cacciabombardieri F-35, da Cagliari contro l’ampliamento del Poligono Interforze del Salto di Quirra, da Monaco contro la NATO e l’esercito tedesco, da Vicenza contro la base USA Ederle e quella in costruzione al Dal Molin. Quest’ultimo intervento, oltre a tracciare un quadro dell’impressionante militarizzazione del territorio (Gendarmeria europea, villaggio militare americano, centro di addestramento COESPU, base sotterranea Pluto, ecc.), ha descritto il fallimento della lotta contro il Dal Molin per via della sua istituzionalizzazione.
Si è parlato ovviamente anche della lotta contro la base militare di Mattarello, lotta di cui il convegno era una tappa, in vista del campeggio antimilitarista che si terrà dal 25 al 28 giugno in provincia di Trento.
Purtroppo non sono potuti venire alcuni compagni della ex Jugoslavia, ma un loro contributo scritto sarà presente negli atti del convegno che cercheremo di pubblicare in vista del campeggio di giugno.
Diversi gli spunti emersi durante il dibattito, sul rapporto guerra/“crisi”, sulla necessità di inceppare concretamente la macchina bellica nelle sue varie ramificazioni, sui collegamenti tra ricerca universitaria e industria militare, su movimenti specifici, azione diretta e prospettiva insurrezionale.
Buona la partecipazione (c’erano circa 150 persone) e davvero incoraggiante, per noi, l’interesse dimostrato dai compagni venuti da varie parti d’Italia (e non solo) rispetto alla lotta contro la base di Mattarello. Una lotta da far crescere assieme. Per sabotare la guerra e le sue basi.
Su questo blog è possibile trovare diversi materiali antimilitaristi (che invitiamo tutti ad arricchire).
compagne e compagni di Trento e Rovereto