Quando la guerra viene a galla

Succede a volte che la tranquillità ed il quieto vivere delle persone per bene, della gente comune, i cittadini, vengano inspiegabilmente turbati. Dal nulla, cioè dalla pace in cui siamo assopiti, capita di essere investiti da un boato, di andare a sbattere contro un muro, di cadere dentro una buca. E succede davvero. Proprio dal nulla. E allora si presenta il tutto: un tutto che non si voleva, brutto, diverso da quanto ci aspettavamo. Insomma viene disvelata la cruda realtà e vicinanza della guerra.

Già, capita di sentire un boato: nel novembre del 2007 un elicottero americano, modello BlackHawk, durante un’esercitazione sul fiume Piave nel trevigiano, cade e muoiono 4 militari e ne restano feriti 7. Il luogo della “tragedia” si trova a pochi metri da un ponte autostradale che attraversa il fiume. (Cosa sarebbe successo se l’elicottero fosse caduto pochi metri più in là?). Gli abitanti allora cominciano a ricordare che molto spesso i militari statunitensi compiono esercitazioni in quei luoghi e passano pericolosamente a raso terra sulle teste dei pescatori e degli automobilisti.

A volte capita di sentire due boati di fila: è il 2007 quando un F-16 di Aviano (precisamente quello che ha inaugurato i bombardamenti in Bosnia nel 1995 durante l’operazione “Deliberate Force”), in avaria, è costretto a sganciare i serbatoi che cadono nel boschetto adiacente ad un centro abitato, per poi schiantarsi poco distante. Tutto viene rimosso immediatamente – salvo l’idrazina che s’infiltra nel terreno – tra il brusio delle proteste e delle richieste di chiarimento da parte dei “quasi investiti”, gli abitanti di Zoldo Alto (Belluno).

Altre volte capita davvero di cadere in buche profonde: durante gli scavi in occasione del “bomba day” (disinnesco di un ordigno della Grande Guerra) a Susegana (Treviso) si scopre una strana struttura nel sottosuolo, di cui “nessuno” (o quasi) era a conoscenza. Si tratta di un oleodotto militare. Tutti, il sindaco in testa, si interrogano su cosa sia questa strana tubatura ed a cosa serva: si scopre che è dei soldati e che serve alla guerra. La delucidazione arriva dal Parlamento stesso che riferisce che è stata costruita nel secondo dopoguerra dagli americani e collegherebbe la base di Aviano con quella di Istrana, con Vicenza per arrivare fino a Livorno, fornendo in tutto il nord Italia il carburante per le missioni aeree NATO. E’ chiaro che ad alimentare l’ingenuità dei cittadini per bene è stato il Segreto di Stato posto su quest’opera fin dal suo progetto. Anche qui le lamentele vengono presto strozzate. Mentre qualcun altro tenta, con un po’ di fuoco e scarso successo, di danneggiare l’opera.

Ma quello che dovrebbe far rumore non è il boato, i boati multipli o l’essere caduti nella fossa dell’oleodotto militare, bensì il silenzio, che dopo i clamori iniziali, è seguito. Succede questo: quando la guerra viene a galla, quando le strutture della guerra vengono messe a nudo, cioè le strutture che forniscono il carburante agli aerei che vanno a bombardare in Afghanistan ad esempio, be’ questo viene ridotto ad un fatto giuridico, da risolversi entro le regole del diritto, oppure ad un fatto urbanistico, con le regole della proprietà e della viabilità. Ad esempio: dopo la caduta del Black Hawk arriva una task force USA e si occupa dell’inchiesta. Nella memoria della gente resterà solo l’immagine della fila di gipponi americani neri con le sirene che si addentrano nell’alveo del Piave per recuperare ogni frammento dell’elicottero: questione di competenze – giuridiche, s’intende (qualcosa ci ricorda un altro “disastro”, forse il Cermis?). Altro esempio: il grosso tubo che passa sotto sei regioni italiane diventa una mera questione urbanistica, catastale: questione di proprietà e di demanio (altrove abbiamo visto a cosa portino le battaglie legali urbanistiche contro la costruzione di una nuova base).

Questi fatti – gli schianti mortali e le devastazioni legate alla guerra – diventano per forza anche questioni linguistiche: per nulla “incidenti”, piuttosto stragi. Ed anche una questione di percezione: fatti accidentali o fenomeni strettamente legati (da una fitta rete di mezzi, persone e strutture): le bombe sganciate lì e gli scoppi imprevisti qui. Ma, dal momento che la percezione è frutto della televisione e le parole sono le armi dei giornalisti, si continua a vedere e parlare di “incidenti”. Si sa, nel “mondo politica” il linguaggio è spesso adoperato coll’illusione di cambiare o, perlomeno, nascondere la sostanza delle cose.

Solo quando ci si sbatte addosso, la guerra sembra esserci, esistere, solo quando si mette il piede nella fossa. Solo quando accidentalmente gli effetti collaterali vengono a galla, emerge anche la cruda realtà. Invece questa è sempre presente, con costanza e continuità, nelle sue mille diramazioni: basi, oleodotti, aerei, camion, truppe, centri di ricerca, fabbriche di armamenti…

Allora opporsi alla costruzione di una nuova base, quella di Mattarello, significa non scontrarsi accidentalmente e momentaneamente col problema guerra, ma sostanzialmente.

Treviso, 1 settembre 2010


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