Dopo aver sostenuto, armato e finanziato Gheddafi per trent’anni, lo Stato italiano – qualche giorno dopo i festeggiamenti per il suo 150° anniversario – è entrato attivamente nella coalizione militare che sta bombardando la Libia.
Per “proteggere la popolazione civile”, ci dicono politici e giornalisti. La stessa popolazione che Gheddafi ha sfruttato, represso, rinchiuso e assassinato grazie ai soldi italiani e ai trattati con l’Italia.
Le bombe dei tornado italiani, come degli altri caccia alleati, non faranno altro che portare morte e distruzione. I “bombardamenti chirurgici” li abbiamo già visti in Iraq e in Serbia.
Lo scopo di questa guerra è l’accaparramento del petrolio libico, che l’insurrezione e la guerra civile rischiano di sottrarre alle potenze coloniali. Non solo. Un forte insediamento militare in Libia permette di far capire a tutti i popoli insorti nel Mediterraneo chi comanda e con chi vanno stabilite le alleanze.
Berlusconi baciava le mani di Gheddafi, accolto in pompa magna a Roma, non più tardi del 28 marzo dell’anno scorso. Il centrosinistra non ha mai detto una parola sulla vendita di armi alla Libia (il nono acquirente di armi italiane), sui trattati con il raìs libico e nemmeno sulla sua scalata a Finmeccanica (di cui è il secondo azionista). Ora, con il pretesto di colpire lui, si bombarda un paese. E l’Eni? E la Fiat? E Impregilo? E Unicredit? Cosa facevano mentre si accumulavano le condizioni di oppressione che la rivolta di febbraio ha fatto esplodere? Facevano affari.
Dopo aver provocato – prima in epoca liberale e poi fascista – centinaia di migliaia di morti in Cirenaica durante il colonialismo, ora lo Stato italiano si presenta come salvatore del popolo libico. Con un epigono di Mussolini come ministro della Guerra!
Tutto ciò è ignobile e grottesco.
Solo le popolazioni in rivolta si possono liberare dai propri tiranni. Chi è solidale con loro sa che il nemico è a casa propria, e qui lo deve colpire.
La solidarietà non si esporta con i tornado. Questi ammazzano la gente e ridanno consenso a Gheddafi di fronte agli aggressori. Per poi magari tornare a trattare con lui.
Il silenzio e l’inazione di fronte all’intervento militare in Libia ci renderebbero complici.
Che il nostro dissenso attivo rovini questi piani di guerra.