Schizzi di una pratica antimilitarista in Germania

 Su come un colpo repressivo si possa trasformare in contrattacco… 

Nel luglio 2007 vengono arrestati tre compagni.

Oliver, Axel e Florian sono fermati brutalmente da reparti speciali della polizia a Brandeburg/Havel, nei pressi di Berlino, poco dopo aver depositato alcuni ordigni incendiari sotto dei furgoni di proprietà dell’esercito tedesco.

Contro di loro – ed altri 4 compagni, di cui uno verrà arrestato lo stesso giorno – andava avanti da lungo tempo un’indagine condotta dalla polizia federale: tutti accusati di appartenenza al “Militante Gruppe”.

I compagni hanno subito organizzato delle iniziative di solidarietà per gli arrestati – dal presidio di fronte al carcere passando per azioni dirette – ma molti si sono trovati di fronte al classico dilemma di come esprimere solidarietà verso dei compagni accusati di partecipazione ad un gruppo in cui non ci si riconosce e, anzi, si sente spesso una distanza abissale: infatti l’MG si è sempre contraddistinto per la sua chiara impostazione comunista/antimperialista.

Per far fronte a questa situazione, alcuni hanno avuto l’idea di rilanciare la solidarietà tematizzando e facendo propria l’azione per cui i compagni erano stati arrestati, piuttosto che la loro supposta partecipazione a tale gruppo.

Per questo, nei mesi a venire, la solidarietà verrà espressa continuando a rivendicare e soprattutto accentuando in maniera pratica il chiaro rifiuto del militarismo in tutte le sue forme, un sentire già esplicitato attraverso alcuni comunicati letti durante il primo presidio che si era tenuto sotto il carcere giudiziario di Moabit (Berlino).

Pochi giorni dopo appare un manifesto che dice “ci sono troppi automezzi dell’esercito – libertà per Oliver, Florian e Axel – per l’abolizione del paragrafo antiterrorismo”; il manifesto offre un collage di immagini di vari mezzi militari tra cui alcuni recanti la scritta “sabotato”, frutto di azioni dirette avvenute in Germania durante gli ultimi anni.

Infatti, come ci ricorda il manifesto, anche in tempi bui di guerra ed estensione della sua logica all’interno di tutte le sfere della nostra vita, il sabotaggio rimane una musica che non ha mai smesso di suonare.

Solo alcune delle sue note più allietanti: febbraio 2002, bruciato un automezzo dell’esercito a Glinde, provincia di Amburgo; febbraio 2003, alcune jeep vengono bruciate dall’MG vicino a Berlino; Marzo 2004, a Bad Oldesloe (provincia di Amburgo) vengono dati alle fiamme gli uffici della compagnia Hako, che partecipa alla produzione degli automoezzi dell’esercito “Mungo” (in uso in Afghanistan), mentre contemporaneamente a Berlino vengono bruciati diversi mezzi dell’esercito; gennaio 2007, le macchine di due direttori responsabili della compagnia Thyssen-Krupp Marine System vengono dati alle fiamme da “attivisti antimilitaristi rivoluzionari” ad Amburgo. E così via.

...ed il rifiorire di una pratica antimilitarista

L’arresto dei compagni dà quindi nuova linfa vitale ad una lotta che va avanti da anni e avviene a 360° senza tralasciare nessuna possibilità di espressione: del resto la nascita “ufficiale” del movimento autonomo tedesco (sotto questa definizione magmatica vengono raggruppati indistintamente compagni/e libertari, anarchici, autonomi, comunisti non dogmatici e via dicendo) avviene nel maggio del 1980 a Brema dove durissimi scontri accompagnarono la cerimonia per il giuramento delle reclute.

Già durante le proteste contro il G8 in Germania nel 2007 era stata organizzata una giornata di azione contro il militarismo, che ha visto un presidio di migliaia di persone contro una fabbrica di armi della compagnia EADS, trasformatosi in manifestazione per le strade di Warnemünde, vicino a Rostock, un altro avvenuto a Rostock stessa contro la Caterpillar (contro cui voleranno anche alcune molotov durante quelle giornate), nota fornitrice di mezzi per la distruzione delle case del popolo palestinese.

Il cosiddetto “Bombodrom” – un progetto che si sarebbe dovuto realizzare nel nord del Brandeburgo, a 80 km da Berlino, esattamente dove la Russia ha testato le sue bombe per quarant’anni e dove dal 1992 l’esercito cerca di ottenere i permessi per fare lo stesso – viene fatto oggetto di una campagna specifica all’ interno della lotta antimilitarista: durante il G8 verrà occupato simbolicamente da alcune centinaia di persone, una torre di controllo verrà dipinta interamente di rosa, varie manifestazioni e campeggi antimilitaristi avranno luogo, si rivendica una lotta che va avanti da ormai 15 anni e che contribuirà all’annullamento del progetto stesso.

Sarebbe un errore il voler “ridurre” la pratica antimilitarista ad azioni dirette di sabotaggio.

Queste azioni avvengono in un contesto più ampio dove varie iniziative di carattere pubblico mettono in discussione il ruolo dell’esercito e della crescente cooperazione militare/civile – ed al tempo stesso rivendicano la necessità dell’azione diretta.

Una di queste è il disturbo continuo dei militari laddove questi cercano di reclutare nuove leve in luoghi pubblici.

Dove l’esercito cerca di far propaganda per la sua logica di morte, là ci saranno sempre persone pronte a contestare e diffondere rifiuto.

I baldi ufficiali si recano mensilmente negli uffici di collocamento per spronare i disoccupati al reclutamento? Ecco che alcuni/e compagni/e organizzano momenti di protesta e controinformazione.

Un esempio concreto: da Berlino a Colonia passando per Hannover e Francoforte, decine di antimilitaristi disturbano regolarmente con la loro presenza rumorosa, gli striscioni, i cori, i volantini, le bombe di vernice, le perfomance teatrali, gli allarmi antincendio all’interno delle strutture ospitanti e così via l’ignobile presenza di questi figuri.

Nessuno degli eventi avviene senza fare i conti con delle proteste: grazie a questa presenza costante, la maggior parte degli eventi vengono annullati.

Come a Wuppertal, dove un alto ufficiale non potrà parlare dato che si beccherà una torta in faccia.

O a Brühl, dove l’ufficio di collocamento verrà fatto oggetto del lancio di vernice, le vetrine saranno distrutte e la scritta “fuori l’ esercito” chiarirà i motivi della visita notturna.

Piccole e grandi storie che si intrecciano l’una con l’altra e denotano l’ampiezza di scelte e percorsi possibili che ogni giorno ci viene presentata per quanto riguarda un antimilitarismo vissuto – e per tutti gli altri campi del nostro agire quotidiano.

Se nel settembre 2007 in 8000 manifesteranno a Berlino sotto il motto “Fuori l’esercito tedesco dall’Afghanistan”, nell’autunno dello stesso anno Moritz, un compagno anarchico, verrà imprigionato nelle celle della caserma di Strausberg, vicino a Berlino, in quanto obiettore totale: come lui, altri compagni prenderanno la stessa strada negli anni a seguire.

Moritz pagherà con tre settimane di carcere la sua scelta, settimane che vedranno alcuni presìdi di fronte alla caserma e iniziative di controinformazione a suo sostegno.

Nel mentre, non bisogna dimenticarsi delle pratiche di “ricoloritura” dei vari monumenti commemorativi dedicati a “eroi” e caduti militari: durante gli ultimi anni saranno dozzine le azioni in cui anonimi amanti dell’azione diretta regaleranno colore a tali simboli di morte, arrivando in alcuni casi a decapitare le statue.

Nel novembre del 2010 verrà lanciata una campagna specifica nella regione della Ruhr – dove si tiene in questo mese un commemorazione per i soldati caduti durante le due guerre – da parte di vari gruppi autonomi locali e una decina di monumenti verrà “ricolorata” nel giro di una notte in varie città della regione.

Come si diceva prima, l’aspetto importante che caratterizza le varie proteste è la chiara e netta rivendicazione di ogni iniziativa che si pone come obiettivo di essere sabbia negli ingranaggi della macchina bellica – tralasciando l’inutile concetto di legalità.

Un’iniziativa avvenuta nel febbraio 2008 a Berlino, anche come momento di solidarietà verso i compagni indagati per l’MG (a quel punto liberati su cauzione), avrà come motto “le apparecchiature da guerra ci interessano in maniera bruciante/a fuoco” (in tedesco brennend significa sia “a fuoco” che “in maniera bruciante”.

Varie persone attive negli ultimi anni in pratiche di sabotaggio e azioni dirette antimilitariste verranno invitate a parlare (militanti pacifisti come sabotatori anonimi, questi ultimi in forma di un intervento audio pre-registrato), una pubblicazione a tema accompagnerà l’evento (a cui parteciperanno alcune centinaia di persone) offrendo cibo per la mente.

Per pubblicizzare l’iniziativa appariranno nelle strade della capitale tedesca dei manifesti con il disegno di una jeep militare in fiamme, il tutto con due versioni: una che ha come titolo Why (“Perché?”) ed un’altra Why not (“Perché no?”), senza alcun altro testo. Un manifesto che con la sua semplicità disarmante chiarirà all’ignoto lettore/trice l’ovvietà di una presa di posizione.

Nel maggio del 2008 nasce una pubblicazione denominata Panzerknackerin (“La scassinatrice dei mezzi corazzati”), un’agile newsletter che riporta azioni contro la macchina bellica avvenute in territorio tedesco e non solo.

Dando un’occhiata alla lista delle azioni riportate in Panzerknackerin, si constata la volontà di attaccare il militarismo su più fronti, non tralasciando produttori di armi, come le compagnie Northop Grumman e Marine Logistics attaccate ad Amburgo e Kiel, luoghi pubblici che offrono spazio alla propaganda dell’esercito (come abbiamo visto con gli uffici di collocamento) e aziende private che fanno affari con la macchina militare, come la SAP (impresa che fornisce software a compagnie che si arricchiscono con la guerra) che vedrà le sue vetrine demolite più volte nel corso degli anni, come del resto quelle di 23 pullman a Berlino (e gli estintori svuotati all’interno di ognuno di essi), proprietà di una compagnia che da anni fa affari trasportando le reclute alla cerimonia del loro giuramento (contro cui ogni anno hanno luogo delle proteste).

Ovviamente anche i politici si beccano il loro scontrino alla cassa, in particolare tre politici membri della commissione nazionale della difesa, le cui case ed uffici sono stati attaccati con pietre e vernice a Kiel ed Amburgo lo scorso agosto.

Rimane finora imbattuto l’incendio di 42 mezzi dell’ esercito a Dresda nella Pasqua del 2009, azione su cui indaga una commissione speciale – finora con risultati nulli – e che un altro manifesto difenderà con la scritta “Dresda. Do it again” porgendoci dolcemente le immagini di tanta baldoria incendiaria (che ha visto dozzine di mezzi dell’esercito cadere vittime delle fiamme durante gli ultimi anni).

Fedele allo slogan che accompagna le varie iniziative del movimento: “Quello che viene sabotato qui non può provocare danni né in Afghanistan né altrove”.

Un’iniziativa importante per non far passare inosservata la crescente cooperazione tra il settore civile e quello militare è stata la campagna contro la DHL, impresa-sorella delle poste tedesche, responsabile di aver optato per una cooperazione logistica con l’esercito per trasportarne mezzi e documenti prioritari a partire dal 2003. Questa campagna, nata nell’autunno del 2008, metterà in ginocchio la compagnia tedesca costringendola l’anno seguente a non voler rinnovare il contratto, come si evince da alcune dichiarazioni riportate su vari quotidiani.

La campagna, denominata “Comprehensive Resistance“ (“Resistenza a tutto raggio”), ribattezza la DHL “Deutsche Heeres Logistik” (“logistica dell’ esercito tedesco”) e, come sempre orientata a 360°, firmerà numerosi manifesti detournati, volantini, iniziative pubbliche, editerà giornali e darà vita a dozzine di sabotaggi di vario tipo: un numero imprecisato di mezzi della DHL verranno bruciati (in botte da uno a 12), sedi della DHL attaccate con pietre e vernice, cassette per le lettere colorate di verde militare…

Uno degli aspetti interessanti è stata la risonanza che ha avuto questa campagna, nata in realtà come contributo alla mobilitazione contro il vertice Nato a Strasburgo del 2009 (che aveva visto una grossa mobilitazione da parte dei compagni tedeschi)  e che darà luogo ad azioni sparse su tutto il territorio tedesco: la concretezza e la chiarezza degli obiettivi permetterà a questa campagna di sopravvivere ben oltre il summit Nato, offrendo nuovamente alcuni spunti su come sia possibile andare oltre l’evento (idea già messa in pratica prima del G8 2007, accompagnato da una variegata  “campagna di azione diretta a tutto campo”  nel corso dei tre anni a precedere).

Negli ultimi mesi alcuni manifesti e cartoline – preparati dalla campagna “rompere le righe dell’esercito” per l’ anniversario del massacro nell’Hindukusch, dove 142 civili afghani hanno incontrato la morte per mano dell’ esercito tedesco e pubblicati con tre motivi differenti – rinnovavano l’ invito, ricordando che la Germania è in guerra, e quindi bloccare salva vite umane, sabotare salva vite umane, disertare salva vite umane.

E qui mi fermo per necessità di spazio. Anche se non si può tralasciare il tentativo recente di insediare il record della Pasqua di Dresda: nel febbraio di quest’ anno, mani ignote hanno dato fuoco ad un capannone di proprietà dell’ esercito nella città di Oldenburg dove erano custodite le razioni alimentari per i soldati tedeschi in Afghanistan: 2000 tonnellate di cibo sono andate in fumo, provocando più di un milione e mezzo di euro di danni.

Che dire, quindi? Forse che la capacità di integrare bisogni differenti, di non rimanere nel ghetto del movimento, di mettersi in gioco, saper affrontare vecchie sfide e rilanciarne di nuove, reimparare ad essere creativi ma soprattutto l’evitare di far la voce grossa e poi trasformare in lettera morta i propri proclami rispetto la necessità di un attacco diretto verso tutto ciò che si disprezza: ecco alcuni dei punti che, ancora una volta, potrebbero farci riflettere su come non sia mai troppo tardi per scrostare un po’ di quella ruggine che si è insediata su alcuni dei nostri pugnali – un tempo forse più affilati di oggi, ma sempre in tempo per tornare agli antichi sfarzi…

un granello di sabbia

per approfondire:

https://directactionde.ucrony.net  (inglese e tedesco)

http://dhl.blogsport.de/  (sito campagna DHL, tedesco).

http://www.bundeswehr-wegtreten.org/  (sito campagna “rompere le righe dell’esercito”, tedesco).

(articolo tratto dal numero 4 del mensile anarchico “Invece”)


Comments are disabled.