Da fonti giornalistiche e, soprattutto, da fonti d’Ateneo, si apprende che già dal 30 agosto del 2008 l’Università degli studi di Bergamo collabora e riceve finanziamenti dalla Marina militare degli Stati Uniti d’America. Nello specifico il progetto finanziato dalla US Navy prevede un programma di ricerca effettuato presso i laboratori del dipartimento di Progettazione e tecnologie della facoltà di ingegneria di Dalmine e riguarda un contratto di ricerca triennale dedicato ai sistemi di atterraggio degli aerei sulle portaerei USA, con un finanziamento complessivo di 210.000$.
Lo staff tecnico che sta attualmente lavorando a tale progetto è guidato dal professor Baragetti Sergio, responsabile scientifico, che già in passato aveva avuto rapporti di collaborazione scientifica con enti di ricerca statunitensi.
L’obbiettivo della ricerca è quello di formulare un modello teorico-numerico che consenta di prevedere i tempi di sostituzione di componenti meccaniche utilizzate per la realizzazione dei carrelli di atterraggio degli aerei da guerra in servizio sulle portaerei americane. L’analisi dei tempi di sostituzione attraverso la previsione della vita residua dei componenti di tali sistemi meccanici consentirebbe così di ridurre i rischi di incidenti e di gestire al meglio le operazioni sul ponte.
Passato questo triennio (termine della ricerca al 30.09.2011) di ricerca ed esperimenti nei laboratori dell’università di Bergamo i risultati verranno testati sul campo e quindi direttamente sulle portaerei.
Gli aerei che usufruiranno dei benefici di tali ricerche saranno quelli solitamente imbarcati dalla U.S.Navy. nello specifico si parla di F18 Hornet e cioè di caccia bombardieri impegnati nelle operazioni di guerra nei teatri attuali come Afghanistan o, imbarcati sulle portaerei che in questi giorni incrociano nel Mediterraneo, da cui partono per bombardare la Libia in una missione che, definita umanitaria, provoca decine di morti tra la popolazione civile.
Dunque la guerra entra in maniera strisciante e subdola anche nei laboratori e nei bilanci dell’università di Bergamo. A suo tempo il progetto venne presentato con toni trionfalistici in cui l’accordo con la US Navy veniva esaltato in questi termini: “Si tratta di un progetto di ricerca all’avanguardia, il primo, ad oggi, avviato da un’università italiana con gli Stati Uniti d’America che vede coinvolto un importante ente quale la marina militare statunitense.” E ancora: “la partnership tra Ateneo orobico e l’Office of Naval Research americano rappresenta un fiore all’occhiello a livello nazionale: è la prima volta,infatti, che l’Italia e Usa collaborano a questi livelli e su un argomento tanto delicato anche dal punto di vista strategico”.
Tale complicità dell’Ateneo Bergamasco con enti militari impegnati in guerre stride ancor più se si tiene in considerazione che, sempre presso l’università è attiva una cattedra UNESCO sui Diritti dell’uomo ed etica della cooperazione internazionale che ha come obiettivo mettere in relazione enti ed istituzioni per fondare la cooperazione a partire dal riconoscimento delle diversità culturali, favorire la coesione sociale e ridurre i conflitti…(A dimostrazione dell’inutilità e della subalternità di tali organizzazioni alle politiche di egemonia degli stati occidentali).
Tutto ciò si inserisce in un quadro più generale in cui l’istituzione Università si trasforma in azienda in continua ricerca di fondi privati per far quadrare i bilanci, e per far ciò si prodiga nell’offerta di servizi di formazione, ricerca e sviluppa per altri soggetti esterni che rivestono il ruolo di clienti e finanziatori di progetti che spesso hanno la loro applicazione in ambito militare. (In un periodo di considerevoli tagli, con un aumento delle rette a carico degli studenti bergamaschi fino al 20% per l’anno accademico 2011/12 ).
Tutto ciò ci ricorda che viviamo in tempi di guerra e che la guerra è anche qui. Una guerra portata avanti all’esterno con bombe ed occupazioni militari di controllo, a cui corrisponde un fronte interno fatto di militarizzazione delle città, rastrellamenti, lager e deportazioni per i migranti, precarizzazione delle vite ed aumento degli squilibri sociali.
In tale quadro di militarizzazione dalla società anche l’Università orobica si trova dunque a giocare un ruolo determinante. Da un lato meschinamente collusa e al servizio della guerra, dall’altro impegnata con ipocrisia nella cooperazione internazionale per la pace ricalcando il classico delle due facce della stessa medaglia del militarismo. Prima si mandano gli aerei e si bombarda, poi si inviano i cooperatori internazionali per mantenere la pace imposta e congeniale all’imperialismo occidentale.
In tempi di guerra il silenzio è complicità! Manifesta la tua contrarietà!
Sabotare la guerra è possibile!
Fai sapere ciò che pensi a riguardo ai diretti responsabili:
rettore@unibg.it , ingegneria@unibg.it, segreteria.ingegneria@unibg.it, giancarlo.maccarini@unibg.it, delucate@unibg.it, sergio.baragetti@unibg.it, cattedra.unesco@unibg.it