Roma – Università e saperi di guerra: disordini a La Sapienza

fonte: contropiano.org

Gli studenti dell’università La Sapienza provano a interrompere la conferenza su “Armi cibernetiche e processo decisionale” sponsorizzata dal Ministero della Difesa e industrie belliche. La Digos li respinge bruscamente. Quanto “sapere di guerra” circola negli atenei italiani?
Questa mattina un centinaio di studenti dell’università La Sapienza hanno provato a entrare con un blitz alla conferenza annuale dell’Information Warfare dal titolo “Armi cibernetiche e processo decisionale”, evento patrocinato dal Ministero della Difesa e dal Consiglio dei Ministri in collaborazione con grandi mutlinazionali del settore bellico e tecnologico come Finmeccanica, Elettronica e Ibm.
Gli studenti al grido di “fuori la guerra dall’università” hanno provato ad entrare nel Rettorato dove era in corso la conferenza ma sono stati prima spintonati e poi allontanati con i manganelli dagli agenti di polizia presenti a “protezione” dell’evento. Gli studenti hanno allora dato vita ad corteo dentro il maggiore ateneo romano, sono ritornati sotto il Rettorato ed hanno sottoposto ad un fitto lancio di uova i partecipanti al convegno.
“E’ vergognoso che dentro l’università si parli di come fare affari con la sicurezza e i prodotti per le attività militari, si parli di ‘warfare’ mentre i governi distruggono l’università pubblica e la spesa sociale. Il processo di privatizzazione dell’università passa anche per incontri come questo, in cui le multinazionali e le grandi aziende sponsorizzano attività e la ricerca. Intanto chiudono le aule studio e le biblioteche, il diritto allo studio viene cancellato con l’aumento delle tasse e il definanziamento delle borse di studio”, dichiarano al Paese Sera gli studenti della Sapienza, che annunciano nuove manifestazioni e blitz nei prossimi giorni fino “alla giornata del 14 novembre, quando saranno in piazza per dire no alle politiche di austerità imposte dalla Bce, per creare un’alternativa vera al governo dei tecnici e della finanza”.
Il convegno alla Sapienza era organizzato dal Centro Interdipartimentale di Studi Strategici Internazionali e Imprenditoriali (CSSII) dell’Università di Firenze, un altro degli ormai numerosi istituti e centri ricervhe che stanno prosperando nel nostro paese e che, potendo contare sui finanziamenti delle industrie belliche e le sponsorizzazioni del Ministero della Difesa, stanno monopolizzando la ricerca nelle università italiane.
Nella presentazione del convegno alla Sapienza si legge che:
“Si rende sempre più necessaria l’elaborazione di una strategia di sicurezza cibernetica nazionale per l’Italia, atta a proteggere gli interessi vitali del nostro Paese da minacce provenienti dal ciberspazio sia in tempi di pace che in condizioni di guerra o di crisi di sicurezza. Una cyberspace strategy italiana dovrà tenere in attenta considerazione lo sviluppo di nuove armi cibernetiche e le minacce ai processi decisionali sensibili del sistema-paese”. In altro passaggio si sottolinea che: le cyber-weapons conferiscono a chi le detiene capacità senza precedenti per influenzare le decisioni di un avversario oppure per disturbare e paralizzare i suoi centri di comando e controllo. Ciò può essere fatto sferrando un cyber-attacco massicciamente destabilizzante (una sorta di “11 settembre 2001 cibernetico”) alle infrastrutture critiche di un paese, ovvero tramite azioni più subdole di manipolazione ed “eterodirezione” della sua opinione pubblica e leadership politica. (Per la versione integrale vedi: QUI)
Contestato a giugno dagli studenti antimilitaristi all’università di Pavia, il Ministro della Difesa Di Paola rispose con queste parole: “Non accetto visioni manichee sull’impegno militare dell’Italia – ha replicato – così come su quello dell’Unione europea o della Nato”. Quella di molti giovani, secondo Di Paola “è un’interpretazione semplicistica. Allora si potrebbe pensare di eliminare anche altre spese. A nessuno piace la guerra e nessuno di noi vuole la guerra, ma se non ci attrezziamo anche militarmente è impossibile oggi pensare di garantire la sicurezza. Purtroppo la violenza fa parte della realtà in cui oggi viviamo”.

Il ministro è talmente convinto di questo che in due settimane ha sottoscritto accordi di cooperazione militare con due paesi, Israele e Colombia, che hanno una pratica dell’oppressione nè semplicistica nè manichea.


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