Nubi di guerra si addensano sulla Siria. I massacri contro la popolazione del paese mediorientale, compiuti anche per conto delle grandi potenze internazionali tanto dall’esercito siriano e quanto dai gruppi sedicenti “ribelli”, sembrano preludere ad un intervento diretto degli stati occidentali per garantirsi petrolio, materie prime e posizioni stabili in un’area contesa fra l’influenza di Europa, Stati uniti, Cina e Russia. La “torta” da spartirsi sta finendo e più chiari diventano gli interessi reali che muovono gli stati e le loro economie. È ormai evidente che la democrazia necessita della guerra continua per progredire con l’economia ed è quest’ultima che si rivela semplicemente per quello che è: guerra ai poveri e al vivente. Il sistema capitalista non può più offrire altro che morte, miseria e distruzione. Il nemico per questi signori sono tutti gli esclusi dal banchetto della vita di questo pianeta: da controllare, da sfruttare, da reprimere e da eliminare con una guerra permanente che viene combattuta in ogni angolo del mondo. La violenza, la brutalità, il cinismo sono la quotidianità feroce e barbara di questo sistema di morte.
Cosa possiamo fare noi? Come possiamo cercare di spezzare la normalità della guerra, tramutando il nostro rifiuto della loro logica di dominio in una azione attiva, che provi ad intralciare il meccanismo del militarismo? La guerra in Siria parte anche da qui, a poca distanza dalle nostre case. Lo stato italiano ha già dichiarato disponibili le proprie basi militari per un eventuale attacco. Inoltre continua l’istallazione del “MUOS” a Niscemi in Sicilia, sistema di controllo e di guida per i droni e per garantire la comunicazione mondiale in “tempo reale” di tutte le forze armate statunitensi sparse per il globo. Un’installazione militare, quella del MUOS, fortemente combattuta da una lotta antimilitarista molto determinata condotta dalla popolazione siciliana e da individui solidali che non vogliono più restare in silenzio e cercano di tramutare il loro NO alla guerra in un rifiuto attivo che inceppi la macchina della morte.
L’Italia, attraverso le aziende del gruppo Finmeccanica, è anche il primo paese in Europa a vendere armi allo stato mediorientale. Una storia che parte da lontano, da quando nel 1998 i sinistri democratici al potere autorizzarono la ditta “Galileo Avionica” di Finmeccanica ad esportare armi in Siria. Nel 2003 il governo Berlusconi autorizzò ulteriori vendite per 55,6 milioni di euro e nel 2009 giunse l’ultima autorizzazione di altri 2,8 milioni di euro di materiale bellico da esportare. Che cosa ha venduto “Galileo Avionica”? 500 sistemi di puntamento termico e laser detti “TURMS” per ammodernare i carri armati siriani, permettendogli di fare fuoco anche in movimento. Quando vediamo i “tank” siriani sparare contro le case dei villaggi sappiamo chi ha fornito i mezzi per questi massacri. Queste armi vengono sviluppate vicino a noi, nell’università di Pisa in collaborazione con gli atenei nazionali che fanno ricerca con applicazione militare e funzionano come laboratori esterni delle ditte di Finmeccanica. Coloro che rendono possibili le guerre non sono solo nelle stanze del potere o nei consigli di amministrazione delle aziende, ma sono anche nelle facoltà universitarie, dove lavorano quotidianamente per produrre i sistemi armamento del presente e del futuro. L’università di Pisa, attraverso la figura di Giovanni Corsini (direttore del dipartimento di ingegneria dell’informazione e coordinatore di attività di ricerca applicata e di trasferimento tecnologico in collaborazione con “Selex Galileo” del gruppo Finmeccanica) svolge con il suo staff nel “suo” dipartimento attività di ricerca e di sperimentazione per conto di “Galileo Avionica” e “Selex Galileo” (ora incorporate in “Selex Es”). Non è sicuramente un caso che l’ateneo pisano abbia dato vita ad un’azienda “spin-off” ( la “Marwan Technology”) che si occupa di sensori laser di spostamento e di sensoristica anche per puntatori laser. Le strutture di ricerca e i docenti collaborazionisti della guerra si trovano in tutti gli atenei italiani che lavorano per Finmeccanica.
Per non essere complici silenti della guerra in Siria è necessario attaccare il militarismo di casa nostra, a partire dalle collaborazioni tra ricerca e industria bellica.
Per informazioni sulle collaborazioni fra guerra e università: romperelerighe.noblogs.org
antimilitaristi