Taranto: L’unico tricolore che posso sopportare…

C’è chi a trentun’anni sceglie di morire per la libertà, come un compagno anarchico in Grecia, e chi decide di morire per un pezzo di stoffa che rappresenta uno Stato. Stato che da sempre non si fa problemi se per lui muoiono dei giovani che hanno tutta la vita davanti. Guerre che nel tempo vedono cambiare le motivazioni che le portano avanti, l’importante è continuare a farle perché c’è chi ci guadagna. Il concetto di patria è una scusa secondaria.

Ieri, 16 marzo, a Taranto un giovane che ha scelto di dedicare la sua vita alla morte, cioè alla patria, cioè all’essere un militare in forza all’aviazione navale, è morto durante un’esercitazione cadendo da un elicottero. Ebbene, noi diciamo che lui ha scelto una morte triste per la quale noi non piangeremo, anzi, e che anche noi scegliamo quale vita fare e dove indirizzare i nostri sforzi fisici e mentali. Sforzi che cerchiamo, con i nostri limiti, di dedicare alla lotta contro la guerra, contro chi la vuole e contro chi con essa si arricchisce. Chi invece si batte per le nostre idee e muore, sarà sì per noi motivo di cordoglio. Chi invece muore per la patria e la guerra, l’unica cosa che sentirà saranno i nostri pensieri ed azioni che maledicono ogni giorno chi ci fa vivere in un mondo che si basa sulla violenza degli Stati e il profitto dei padroni.


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