Bologna: Blocco dei viali di fronte alla caserma della “Brigata Friuli”

Giovedì 31 marzo una ventina di antimilitaristi/e hanno bloccato il traffico dei viali di Bologna, all’altezza della Caserma militare Mameli della “Brigata Friuli” che negli anni si è prodigata in diverse missioni militari (Somalia, Albania, Kosovo, Afghanistan, Libano, Iraq…).  Il traffico dei viali è stato bloccato nell’orario di punta, introno alle 18, con un grande striscione che recitava “Chi fa la guerra non va lasciato in pace! Inceppiamo la macchina bellica”. Interventi al megafono, fumogeni e volantini hanno interrotto per un po’ la normale circolazione e i solerti militari hanno immediatamente chiuso i cancelli del loro covo. Riportiamo di seguito il testo del volantino distribuito:

La guerra e l’indifferenza

Non si vedono più manifestazioni importanti contro la guerra. Come ogni altra imposizione inflitta dal dominio capitalistico ai propri sudditi cittadini, anche la guerra è accettata senza troppi patemi dell’anima. Sarà perché ormai non ci si spende più alla ricerca di efficacia nell’opposizione alla violenza degli stati, sarà perché da tempo si è abbandonata la visione di un mondo diverso da quello che abitiamo, sarà perché si è relegata l’utopia nel campo della mera illusione. Fatto sta che la guerra continua a far parte delle nostre vite. La guerra è interna, quando forze dell’ordine e soldati reprimono ogni forma di dissenso e militarizzano le città, la guerra è di ritorno quando sotto forma di attentati ci rientrano gli effetti di quelle scatenate dagli stati in giro per il mondo, la guerra è esterna, quando le nazioni in cui viviamo la dichiarano contro altre.
Ma la guerra è anche il finanziamento per la ricerca in campo militare, per il profitto delle  industrie produttrici di armi e di nuove tecnologie collegate, con la Finmeccanica in testa e le Università che diventano centri di studi bellici, di scambi di eccellenze nelle pratiche di repressione e controllo.
La guerra seguita a rappresentare la soluzione elettiva per stati in crisi. Crisi economica, di potere o di competizione di mercato. Mentre la povera gente continua a combatterla e a subirla. Gli eserciti sono in parte formati da uomini a contratto, ma i tanti morti “civili” non appartengono certo in prevalenza alle classi superiori, così come le masse di disperati che cercano di sfuggirla accalcate di fronte a frontiere rese invalicabili. Sono gli effetti collaterali. I primi accettati dopo un momento di cordoglio, i secondi affrontati con politiche e pratiche razziste.
La crisi economica motiva la guerra, alla ricerca di nuovi mercati e della ricostruzione dopo la distruzione. L’accaparramento di risorse motiva le guerre di rapina. Il prevalere nel controllo geopolitico di aree strategiche motiva le guerre. Il mettere gli uni contro gli altri motiva la guerra, all’insegna del divide et impera. La consapevolezza per i capitalisti di non avere più nulla da offrire alla plebe in cambio del mantenimento della propria egemonia motiva la guerra. Prima o poi i diseredati si troveranno senza nulla che li sostenga e quindi la ribellione, con tanti sforzi soffocata per decenni, potrebbe scoppiare. Fosse anche solo per continuare a vivere.

Alla caserma Cialdini di Bologna, nel 1911, un giovane soldato di Sala Bolognese, Augusto Masetti, sparò ferendo un tenente colonnello per rimarcare il proprio rigetto all’imminente partenza per la guerra coloniale in Libia. Oggi si prospetta di nuovo una guerra in quella terra, ma non si avvisano segni di ripudi di tale levatura. Le nostre lotte non sono alimentate da sufficiente passione, quando si cerca di portare una voce contraria alla propaganda del potere si urla nel nulla. Pare che tutti sappiano, ma che nessuno trovi più sensato opporsi alle ingiustizie, alle sopraffazioni, allo sfruttamento, all’indecenza di un lavoro da schiavi, quando c’è. Risulta difficile da accettare, eppure di fronte alla sfacciata arroganza del potere, alla sua disfatta etica, politica ed economica, non accade quasi nulla. Sembra che non ci sia limite alla sopportazione.
Del resto l’abitudine di vedere le città invase militarmente dall’esercito nelle piazze, nei parchi, nei cosiddetti luoghi sensibili, ha reso i cittadini insensibili all’effetto inquietante che gli uomini in divisa mimetica dovrebbero suscitare. Gli esperimenti in corso da anni per verificare quanto i sudditi siano disposti a limitare le proprie libertà, hanno dato buon esito. In cambio di una messa al sicuro dei propri privilegi che nemmeno regge davanti all’esplosione dei ritorni della guerra in casa.
Ma almeno un sussulto dentro di noi dovremmo avvertirlo quando si mandano uomini ad uccidere, ad invadere e violare abitanti e territori, a depredarli delle risorse che servono per continuare a foraggiare l’opulento mondo del nord. Inteso in senso non meramente geografico.

Contro la guerra e lo sfruttamento
Per la guerra sociale

Anarchiche e Anarchici


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