Negli ultimi giorni su vari siti che si occupano di tecnologia e robotica, ma anche su quotidiani nazionali, è uscita la notizia del nuovo progetto di alcuni ricercatori riguardo la costruzione del drone “etico” Mine Kafon Drone (MKD). Questo nuovo giocattolo ha la capacità di sminare vasti territori in poco tempo senza rischi per gli sminatori, le stime dicono che potrebbe fare in 10 anni quello che le classiche tecnologie di sminamento farebbero in circa 1100. Il drone userà tre diversi accessori. Il primo per mappare un’area, il secondo per individuare le mine, e il terzo per farle detonare in sicurezza. Dopo aver rintracciato la mina, MKD trasporta e deposita sul luogo interessato un piccolo detonatore, che verrà attivato a distanza dall’operatore umano. Per ogni passaggio è necessario che il drone rientri alla base affinché sia possibile sostituire l’accessorio e probabilmente ricaricare la batteria, ma anche così il processo è “20 volte più veloce rispetto alle tecniche tradizionali”, oltre che più sicuro e 200 volte più economico, assicurano gli autori.
Grande entusiamo da parte di associazioni pacifiste, dirigenti delle Nazioni Unite, la regina dei Paesi Bassi, e da tanti paesi che nel 1997 firmarono il Trattato di Ottawa, dove ben 160 stati si impegnarono “a proibire l’uso, stoccaggio, produzione, vendita di mine antiuomo e relativa distruzione”. Mentre i grandi produttori di mine (Stati Uniti, Cina, Russia, Corea del Nord, Corea del Sud e Israele) non firmarono quella carta “etica”. Quindi se da una parte uno Stato che produce mine, e ci fa un sacco di soldi, non firma questi pezzi di carta, non succede nulla, dall’altra se tutti gli altri Stati la firmano, il loro sforzo non è servito a niente. Infatti i ricercatori dicono che i 10 anni previsti per lo sminamento del pianeta sono basati su un calcolo appprossimativo, cioé sulle stime delle mine presenti in oltre 60 paesi nel mondo, ma poi aggiungono “sempre nell’ipotesi che nel frattempo non ne vengano posate altre”. Questo fa pensare, infatti, a quante mine vengono vendute e poi piazzate da vari Stati ed eserciti in giro per il mondo. Ogni giorno 10 persone vengono ferite o uccise dalle mine, l’80% sono civili. E pensare che l’Italia a inizi anni ’90 era tra i primi produttori di mine. Ora non ne produce più, ha firmato il trattato, quindi lo rispetta. Forse le campagne contro le mine hanno sensibilizzato l’industria bellica? No, semplicemente la mina è un’affare sporco: non si sa quante ne vengono vendute clandestinamente, e poi il mercato dell’industria bellica si è spostato su altri elementi più “etici”, i droni per esempio. Peccato, che quei ricercatori, che magari lavorano in buona fede, non si rendano conto che il loro sforzo è vano: per perfezionare il progetto MKD, hanno bisogno di fondi, che però non vengono dati dagli Stati, ma da privati. Questo mentre interi PIL di alcuni Stati finanziano altri progetti ben più lucrosi e sicuramente poco etici, come quelli bellici.
Per esempio, il nuovo drone “Falco Evo”, prodotto da Selex Es a Ronchi dei Legionari in Friuli-Venezia-Giulia, è stato comprato da Turkmenistan, Pakistan, Arabia Saudita, Nazioni Unite (la maggior parte degli Stati firmatari del Trattato di Ottawa ne fanno parte), ed altri paesi. Oltre ad essere dotato dei più sofisticati impianti radar, potrà portare fino ad un quintale di bombe e razzi! Insomma su questo campo sì che girano i soldi, e l’“etica” di cui si parla tanto? Perché non si possono tollerare le mine ed i razzi dei droni sì? E i proiettili dei fucili turchi o ungheresi che uccidono i profughi alle porte dell’Europa “etica”, fanno meno male?
Un giornalista, dopo questa nuova invenzione del drone “etico”, si è permesso di dire che la tecnologia “è al servizio della vita e dell’uomo”, ebbene a noi non sembra così. Quando parliamo di “attività duale”, intendiamo che ormai il mondo del militare è sempre più inserito nel mondo civile. Lo stesso esercito spiega bene come nel tempo le sue attività sono cambiate a seconda delle esigenze dello Stato. Ed eccoci ad una presenza costante del militare in tanti aspetti della vita sociale. Lo stesso vale per le sue tecnologie: si usano i droni per le valanghe, per gli incendi, e sembra che quella tecnologia sia “etica”, e la si elogia; ecco il drone che smina, e anche questa tecnologia non si può criticare, ma dei droni che bombardano e ammazzano non si sente tanto parlare. Tant’è che in Sicilia, a Sigonella, i militari di vari paesi imparano ad utilizzarli, fregandosene di trattati internazionali, accordi, strette di mano e premi nobel per la pace felici e contenti davanti alle telecamere. La realtà dei fatti è questa: Fincantieri produrrà la nuova flotta navale della Marina Militare Italiana, 60 nuove navi, senza contare quelle per i paesi esteri; Finmeccanica e consociate hanno i bilanci sempre in attivo da anni; il bilancio di Frontex, la principale agenzia di controllo delle frontiere dell’UE, tra il 2005 e il 2016 ha aumentato del 3688% (da 6,3 milioni a 238,7 milioni di euro) il suo salvadanaio; nel 2016 ci sono stati ben sei invii in Arabia Saudita di bombe prodotte dalla fabbrica RWM Italia di Domusnovas (Sardegna), di proprietà della holding tedesca Rheinmetall. Secondo i dati ufficiali del governo, il valore delle vendite di armamenti italiani al paese arabo è passato da 163 milioni di euro nel 2014 a 258 milioni nel 2015. Bombe che hanno fatto almeno 6000 morti e centinaia di migliaia di profughi nello Yemen. Ecco l’“etica” di uno dei paesi firmatari del Trattato di Ottawa, l’Italia, che spende miliardi di euro in armamenti e arricchisce gli industriali bellici. Sarebbe ora che i democratici, pacifisti e gli ingenui, anche se in buona fede, si sveglino, perché la realtà è amara, e nessun pezzo di carta fermerà la guerra. Le associazioni pacifiste istituzionali possono continuare a sfornare mille dossier sull’industria degli armamenti, ma questi continueranno ad essere prodotti ancora a lungo, finché il profitto dei padroni e la sicurezza delle nazioni rimangono l’obiettivo principale di questi guerrafondai.
È ora di fermarli, è ora di fermare le loro guerre ed il loro terrore, mandiamo gli industriali della guerra a sminare le loro mine, ma senza droni “etici”.
Qui sotto un articolo specifico di Antonio Mazzeo sul nuovo drone “Falco Evo”, ed il dossier dell’associazione AOAV sulla situazione delle mine nel mondo del 2015:
http://antoniomazzeoblog.blogspot.it/2016/07/altri-droni-italiani-per-le-infinite.html