Tratto da nobasi.noblogs.org
SUL CAMPEGGIO ANTIMILITARISTA DI OTTOBRE A SAN SPERATE, VERSO IL CORTEO DEL 23 NOVEMBRE 2016 AL POLIGONO DI CAPO FRASCA.
Dal 6 al 10 ottobre si è tenuto a San Sperate il secondo campeggio della Rete No Basi Né Qui Né Altrove. Da due anni a questa parte la Rete No Basi si propone di condividere una pratica collettiva che mira all’azione diretta contro la macchina bellica, la guerra e il militarismo. Il campeggio voleva tutto questo, oltre che creare un clima ostile intorno all’aeroporto militare di Decimomannu e inaugurare la grande stagione delle esercitazioni militari in Sardegna.
Durante i giorni del campeggio siamo stati osservati, circondati, pedinati, fermati, perquisiti e bloccati dalle fedeli forze dell’ordine che hanno dato come al solito segni di rara intelligenza, come quando hanno denunciato una compagna per detenzione di arma impropria, scambiando un tubo dell’aspirapolvere trovato nel cofano della macchina per un oggetto atto ad offendere, chissà che cosa cosa avrebbe pensato un regista porno…
Ci siamo comunque incontrati, abbiamo occupato un parco bellissimo di un paese ospitale, abbiamo discusso con tanti antimilitaristi venuti dal continente per solidarizzare e condividere la nostra e la loro lotta, abbiamo sperimentato nuove pratiche, abbiamo scoperto che nella tranquilla San Sperate ci sono persone solidali, al punto di avvertiti se c’è uno sbirro dietro l’angolo ad aspettarti; nel giardino megalitico di San Sperate abbiamo condiviso una giornata con vari artisti e produttori locali, e dei fantastici bambini hanno dipinto un muro a tematica antimilitarista, anche se ci siamo un pò scossi quando abbiamo letto sul loro murales “POBA NATO”, ma solo per il linguaggio sessista!
Ci siamo misurati con un pesante e prevedibile apparato di controllo, tant’è che durante la manifestazione del 10 ottobre a Decimomannu sembrava effettivamente di stare dentro uno zoo, osservati da uno strano pubblico in tenuta antisommossa, molto nervoso e preoccupato, perché in fondo qualcuno dalla gabbia può sempre scappare…e se ci credono loro, figuriamoci noi!
Siamo avanzati lungo il percorso del corteo, ripresi e fotografati ininterrottamente dall’alto, dal basso e dai lati. Siamo arrivati alle reti dell’aeroporto militare e fino a quando siamo rimasti, le esercitazioni si sono fermate.
Questo conferma ancora una volta che davanti a quelle reti chiunque dovrebbe andarci, sempre e in qualsiasi circostanza. Sicuramente sarebbe stato meglio essere di più, anche per lasciare spazio all’immaginazione individuale ma ancora è possibile stare di fronte ad un aeroporto militare e non vedere i caccia volare, questa occasione non andrebbe sprecata.
Sappiamo perfettamente che la stagione è lunga ed è appena iniziata con una vera sconfitta, perché concedere gli indennizzi ai pescatori di Capo Frasca significa che i militari non hanno intenzione di liberare quella fetta di mare e quel territorio, e i sardi continuano ad accontentarsi dell’elemosina al posto di riprendersi la vita.
Ma non c’è tempo per spaventarsi o scoraggiarsi, loro non perdono neanche un minuto perché le attività militari fruttano una marea di soldi oltre che una valanga di morti.
Proprio in novembre nel poligono di Capo Frasca, mentre i pescatori hanno rinunciato al loro lavoro, il 6° stormo si addestrerà anche con le bombe Mk, quelle prodotte con la manodopera di Domusnovas nella fabbrica tedesca RWM, quelle che stanno uccidendo milioni di persone nello Yemen. A quanto pare solo la produzione legata alla guerra sembra l’unica attività sostenuta e interessante nel nostro Paese e nasce spontaneo pensare che il lavoro di alcuni, ormai, si fonda solo sulla morte di molti altri.
Fortunatamente ci sono ancora persone che sono contrarie a questa logica guerrafondaia e a un’economia fondata su politiche belligeranti, così abbiamo deciso di bloccare ancora una volta le esercitazioni militari il 23 novembre a Capo Frasca.
Inutile dire che è doveroso per chiunque sia contro la guerra partecipare e sostenere questa lotta per affermare il diritto alla vita, anche di quei milioni di bambini che muoiono sotto le “nostre” bombe.
Fermare insieme le attività militari, con lo scopo di chiudere definitivamente le basi militari è fondamentale e non ci stancheremo mai di dire No Basi Né Qui né Altrove.
Una della rete no basi