Tratto da finimondo.org
Guy de Maupassant
Quando sento pronunciare la parola guerra, mi assale lo sbigottimento, come se udissi parlare di stregoneria, d’inquisizione, di una cosa lontana, finita, abominevole, mostruosa, contro natura.
Quando si parla di antropofagi noi sorridiamo con orgoglio, proclamando la nostra superiorità su quei selvaggi. Quali sono i selvaggi, i veri selvaggi? Quelli che si battono per mangiare i vinti o quelli che si battono per uccidere, nient’altro che per uccidere?
Coloro che vanno a morire in guerra sono giovani che potrebbero lavorare, produrre, essere utili. I loro padri sono vecchi e poveri. Le madri loro, che per venti anni li hanno amati, adorati come adorano le madri, sapranno nel giro di sei mesi, forse di un anno, che il loro figlio, il fanciullo, il fanciullo cresciuto, allevato con tanta pena, con tanto denaro, con tanto amore, è caduto in un canneto col petto trapassato da pallottole (stato sepolto in un buco come un cane, dopo essere stato sventrato da un colpo di mitraglia, e calpestato schiacciato, fatto a pezzi dalle cariche della cavalleria). Perché hanno ucciso suo figlio, il suo bel figlio, la sua sola speranza, il suo orgoglio, la sua vita? Ella non lo sa. Sì, perché?
La guerra!… battersi!… uccidere!… massacrare degli uomini!… E noi abbiamo oggi, all’epoca nostra, con la nostra civiltà, con la diffusione della scienza e il livello di filosofia cui è pervenuto il genio umano, delle scuole dove si insegna ad uccidere, a uccidere da lontano, con precisione, molti uomini ad un tempo, a uccidere dei disgraziati innocenti […]
E fa meraviglia che il popolo non si sollevi contro i governi. Che differenza v’è fra le monarchie e le repubbliche? E fa meraviglia che la società, la società tutta intera, non insorga al solo udire la parola guerra.
Ah! vivremo ancora per secoli sotto il peso di vetusti e odiosi costumi, di pregiudizi criminali, delle idee feroci dei nostri barbari antenati?
Un abile artista della guerra, un massacratore di genio, de Moltke, rispose un giorno ai delegati della pace con queste strane parole: «La guerra è santa, un’istituzione divina; è una delle leggi sacre del mondo; essa mantiene fra gli uomini tutti i grandi, i nobili sentimenti, l’onore, il disinteresse, la virtù, il coraggio; e impedisce loro, in una parola, di cadere nel più ripugnante materialismo».
Così, riunirsi in branchi di quattrocentomila uomini, camminare senza sosta, giorno e notte, non pensare a niente, non studiare niente, non imparare niente, non leggere niente, non essere utile a nessuno, marcire nel sudiciume, dormire nel fango, vivere come bruti in un perenne istupidimento, saccheggiare città, incendiare villaggi, rovinare popoli, poi imbattersi in un altro agglomerato di carne umana, saltargli addosso, causare laghi di sangue, distese di carne sminuzzata nel fango insanguinato, mucchi di cadaveri, avere le braccia o le gambe mozzate, il cervello spiaccicato senza utilità per nessuno, e spirare in un angolo del campo, mentre i vecchi genitori, la moglie e i figlioli muoiono di fame: ecco ciò che chiamano non cadere nel più ripugnante materialismo!
Gli uomini di guerra sono il flagello del mondo. Noi lottiamo contro la natura, contro l’ignoranza, contro ogni sorta d’ostacolo, per rendere meno dura la nostra miserabile vita. Uomini, benefattori, sapienti, trascorrono la propria esistenza a lavorare, a cercare ciò che può aiutare, ciò che può soccorrere, ciò che può alleviare i loro fratelli. Assorbiti nel loro utile lavoro, accumulano scoperte, elevano lo spirito umano, estendono la scienza, forniscono ogni giorno all’intelligenza una somma di nuovo sapere, danno alla patria ogni giorno benessere, agiatezza, forza.
Scoppia la guerra. In sei mesi i generali distruggono venti anni di sforzi, di pazienza, di lavoro e di genio.
Ecco ciò che chiamano non cadere nel più ripugnante materialismo.
Noi l’abbiamo vista la guerra. Abbiamo visto gli uomini, ridiventati bruti, furenti, uccidere per piacere, per spavalderia, per terrore, per ostentazione. Quando non esiste più il diritto, quando la legge è morta, quando è scomparsa ogni nozione di giustizia, abbiamo visto fucilare degli innocenti trovati per strada e diventati sospetti perché avevano paura. Abbiamo visto uccidere dei cani legati alla porta dei loro padroni per provare i nuovi revolver, abbiamo visto mitragliare per piacere delle mucche distese in un campo, così, senza una ragione, per sparare dei colpi di fucile, tanto per ridere.
Ecco ciò che chiamano non cadere nel più ripugnante materialismo.
Entrare in un paese, sgozzare l’uomo che difende la sua casa, perché veste abiti comuni e non ha un kepì in testa, incendiare le case dei poveri che non hanno più pane, spaccare mobili, rubarne, bere il vino trovato nelle cantine, stuprare le donne trovate per strada, ridurre milioni di banconote in cenere e lasciare dietro di sé la miseria e il colera.
Ecco ciò che chiamano non cadere nel più ripugnante materialismo.
Che cosa hanno dunque fatto per provare almeno un po’ d’intelligenza, gli uomini di guerra? Niente. Che cosa hanno inventato? Cannoni e fucili. Ecco tutto.
L’inventore della carriola non è forse stato più utile all’uomo, grazie alla semplice e pratica idea di aggiustare una ruota con due bastoni, rispetto all’inventore delle fortificazioni moderne?
Che cosa ci resta della Grecia? Libri e marmi. La Grecia è grande perché ha vinto o perché ha prodotto?
È l’invasione dei Persiani ad aver impedito alla Grecia di cadere nel più ripugnante materialismo?
Sono le invasioni dei barbari ad aver salvato e rigenerato Roma?
Napoleone I ha proseguito il grande movimento intellettuale cominciato dai filosofi alla fine del secolo passato?
Ebbene, sì; se i governi prendono un tale diritto di morte sui popoli, non sorprende che i popoli prendano qualche volta il diritto di morte sui governi.
Si difendono ed hanno ragione. […]
Perché non si giudicano i governi dopo ogni dichiarazione di guerra? Il giorno in cui i popoli lo capiranno, il giorno in cui si faranno giustizia da soli dei governi assassini, il giorno in cui rifiuteranno di lasciarsi uccidere senza ragione, il giorno in cui si serviranno delle armi contro quelli che le hanno fornite loro per massacrare, quel giorno la guerra sarà morta. E quel giorno arriverà.
[11/12/1883