Trento: A proposito di Alpini e molestie

Se le testimonianze e le denunce pubbliche da parte di molte donne sulle molestie subite durante l’adunata degli Alpini a Trento sono state coraggiose, visto il perdurante mito dell’Alpino «portatore di pace e fratellanza», il caso mediatico scoppiato a livello nazionale (e, poi, locale) è stata la classica e ipocrita scoperta dell’acqua calda. Quanto alle imbarazzate e false prese di distanza da parte delle istituzioni e dell’Associazione Nazionale Alpini, il loro scopo era parare il colpo presentando gli autori di atteggiamenti viscidi, insulti e palpeggiamenti come «mele marce» incompatibili con i valori di «rispetto, concordia e solidarietà» che caratterizzerebbero il corpo militare delle Penne Nere. L’Ana non è riuscita a nascondere il proprio maschilismo nemmeno nel comunicato ufficiale contro le molestie, là dove definisce le donne «preziose collaboratrici degli Alpini, dei loro impegni e dei loro successi».

Se vogliamo andare oltre il caso mediatico, cioè l’indignazione che dura qualche giorno e poi si passa ad altro, sarà il caso di fare qualche riflessione.

Da quando esistono gli eserciti, i corpi delle donne sono sempre stati «bottino di guerra». Guerra e stupro sono un binomio inscindibile, in ogni tempo e a ogni latitudine. Le stesse terre da colonizzare sono state rappresentate, dalla liberale Tripoli bel suol d’amor alla fascista Faccetta nera, come vergini lascive da conquistare e sottoporre alla maschia (e bianca) dominazione. Gli Alpini, come tutti i corpi militari, si sono resi responsabili di stupri in Libia, in Russia, in Etiopia, in Albania, in Grecia…

L’adunata degli Alpini non è una guerra, si dirà. Certo, ma la mentalità maschilista e razzista accompagna sempre i militari. Tanto più quando la cornice è quella dell’avvinazzamento istituzionalizzato.

Che non si trattasse di «mele marce» era reso evidente dal torneo (con tanto di manifesti stampati con i colori dell’adunata) «miss alpina bagnata», che consisteva nell’annaffiare con la birra le ragazze e decidere così chi fosse la «più carina» e dall’arrivo di prostitute straniere a disposizione degli italiani brava gente. A conferma del fatto che in simili eventi le molestie vengono messe in conto, durante l’adunata il reparto di ostetricia-ginecologia dell’ospedale S. Chiara è stato potenziato per far fronte a casi di violenza sessuale.

Da «negra di merda» a «bella moretta fammi un pompino», le violenze verbali mescolavano, in un tripudio di tricolori, maschilismo e razzismo. Le due donne che hanno avuto il coraggio di scendere in strada con i cartelli «non siamo degli oggetti» sono state circondate e insultate, anche da parecchie mogli e fidanzate delle Penne Nere, queste sì «preziose collaboratrici degli Alpini, dei loro impegni e dei loro successi».

Come si può vedere, anche senza bombardamenti, le divise portano con sé sempre il proprio mondo.

Un mondo che fa schifo. Un mondo da sabotare.

antimilitariste e antimilitaristi


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