Qualche settimana fa è stato perfezionato l’acquisto da parte di Fincantieri della Vitrociset. Negli ambiti della finanza si parlava da mesi di questo possibile scenario, una trattativa complessa in concorrenza con altri colossi dell’industria duale, che si è conclusa vittoriosamente per la società dell’ad Giuseppe Bono in compartecipazione con Mer Mec.
Per noi comuni mortali non è facilissimo comprendere perchè Fincantieri, apparentemente colosso della cantieristica navale, rilevi una società tutto sommato minore come la Vitrociset, specializzata nelle attività di addestramento e supporto in ambito di difesa e sicurezza, abituata a collaborare con ministeri e organizzazioni internazionali, la NATO su tutte. Tra l’altro in un momento in cui la Vitrociset non naviga proprio in acque tranquille, l’ultimo bilancio è stato chiuso in negativo e ad esempio nello stabilimento di Capo San Lorenzo le assunzioni sono ferme da anni e gli unici movimenti sono di riduzione del personale.
Per provare a capire possiamo appigliarci alle dichiarazioni degli acquirenti che soddisfatti dicono: “stiamo creando una divisione ingegneristica dedicata alle tecnologie di difesa a supporto della logistica per servire al meglio le necessità”, e poi “ha una valenza strategica significativa perché ci permetterà non solo di allargare e potenziare le nostre competenze e quelle delle nostre controllate che operano con noi in questi ambiti, ma ci consentirà anche di ampliare la gamma e la qualità della nostra offerta e di avere accesso ad un bacino di risorse altamente qualificate”. In altre parole Fincantieri sta lavorando per creare un polo al cui interno concentrare tutte quante le risorse del gruppo del segmento delicato, e sempre più strategico, dell’hi tech.
E a questo punto non possiamo più rimandare il tentativo di rispondere alla domanda più importante, perchè una società che dovrebbe costruire navi è così interessata all’hi tech di natura militare che offre Vitrociset?
Perchè Fincantieri condivide con Finmeccanica molto più di quel piccolo suffisso di tre lettere, da anni (in particolare dal 2014) tra le due società esiste un accordo per la costruzione di sommergibili e navi da guerra. Ma non è di sicuro l’unico accordo di natura militare che Fincantieri può annoverare. E siccome quelli di Fincantieri hanno l’occhio lungo, e un’avidità con pochi pari, hanno capito che la guerra è sempre un buon affare e così si stanno adeguando sempre più a ciò che l’industria bellica richiede, in questo caso tecnologie avanzate, che gli ingegneri della Vitrociset maneggiano con grande esperienza.
La portata di questi affari è difficile anche solo da intuire, solo per fare un esempio in questo momento Fincantieri è attivissima su svariati fronti, ha appena iniziato i lavori per una commessa da 4 miliardi di euro arrivata dal Qatar per dieci mega navi civili, si è candidata per la ricostruzione del ponte Morandi, è al lavoro insieme a Leonardo (come fornitore del sistema di combattimento integrato) su una gara indetta dalla Marina rumena per la costruzione di quattro corvette e il riadattamento di due fregate. Il valore della gara è di 1,6 miliardi di euro, sono in corsa anche Group, ThyssenKrupp e Damen. L’azienda di Monfalcone ha già una presenza importante in Romania tramite la controllata Vard, che ha due cantieri per oltre 5 mila dipendenti. Sempre con Leonardo, Fincantieri è impegnata anche nella gara indetta dalla Marina brasiliana per quattro corvette classe Tamandaré, in cui figura coi nomi sopra menzionati oltre che con Bae Systems e Thales: anche questa è una gara del valore di 1,6 miliardi.
In mezzo a queste mega gare d’appalto ha chiuso un affaruccio come rilevare il 98% della Vitrociset, uno dei tasselli mancanti per essere all’avanguardia nelle gare d’appalto di tutto il mondo dell’industria di guerra.
Quest’operazione commerciale che ci tocca da vicino più di altre, perchè coinvolge una delle due aziende più importanti del comparto bellico sardo (anche se in reltà pare che qui non cambierà un bel niente), ci dimostra quanto sia sempre più sottile la divisione tra l’industria civile e militare.
La percezione di tutto questo sfugge via, un pò perché difficile, un pò perché nascosta un pò al contrario perché talmente diffusa che si fatica a riconoscerla.
Dalle università alle scuole, dalle piazze ai cantieri ovunque l’ombra della guerra, del controllo e dei soldi sporchi di sangue sta arrivando con una velocità pazzesca.
Per chi vuole opporsi alla guerra e al mondo che la produce e riproduce è importante capire come destreggiarsi di fronte a questa evoluzione, se anche Fincantieri sulla carta potrebbe non essere un’azienda bellica nella realtà lo è di sicuro, se i suoi operai un giorno fanno una nave commerciale e quello dopo una fregata devono rendersi conto che sono comunque complici delle stragi in tutto il mondo. A noi sta provare a rendere chiari questi passaggi, capire chi può essere nostro complice e chi no, e saper intervenire affinché questo mostro dai mille tentacoli poco per volta cessi di esistere.
AGGIORNAMENTO
Leonardo (leggi Finmeccanica) ha fatto lo sgambetto a Fincantieri e ha fatto valere un diritto di prelazione su Vitrociset, un pò come la clausola di recompra ormai diffusa nel calciomercato…
Leonardo era titolare dell’1,46% di Vitrociset, proprio l’unica parte non rilevata da Fincantieri, questa proprietà precedente le garantiva una prelazione che dopo attente riflessioni è stata esercitata.
Cosa cambia? Tutto e niente, nel senso che Vitrociset rimane nelle mani di una delle più grandi aziende di morte al mondo, mentre con Fincantieri si sarebbe spostato in un ambiente commerciale apparentemente più misto. I quasi mille operai di Vitrociset forse tirano un sospiro di sollievo in quanto Leonardo teoricamente dovrebbe cercare di più i progetti adatti agli ingegneri Vitrociset, ma questo è tutto da vedere. Fincantieri fa sapere attraverso l’ad Bono, che la mancata acquisizione non cambierà nulla delle strategie dell’azienda.
A parere nostro rimane valido tutto il ragionamento fatto nell’articolo soprastante, ed è per questo che non lo cancelliamo: l’appetibilità del mercato della guerra si nota anche quando un affare sfuma.
Per quanto riguarda lo stabilimento del PISQ è ora impossibile stabilire se subirà sostanziali cambiamenti, probabilmente vista la piccola crisi attraversata negli ultimi tempi i dipendenti saranno speranzosi. Noi non lo saremo di sicuro!