Niger, l’avventura italiana antimigranti si trasforma in business delle armi

Riceviamo e pubblichiamo:

Nuove campagne coloniali in Africa delle forze armate italiane, scimmiottando l’intramontabile alleato USA. Accade in Niger dove il 20 settembre 2018 ha preso il via l’operazione MISIN (Missione di supporto nella Repubblica del Niger) finalizzata al rafforzamento dell’apparato militare nigerino e – come spera il Ministero della difesa italiano – presto anche di quello delle forze armate di Mauritania, Nigeria e Benin.

L’ultimo atto della marcia di penetrazione del tricolore in una delle aree più turbolenti dell’Africa sub-sahariana risale allo scorso 26 febbraio quando la ministra pentastellata Elisabetta Trenta e il Capo di Stato maggiore della difesa generale Enzo Vecciarelli hanno raggiunto in visita ufficiale Niamey per incontrare il Presidente della Repubblica del Niger, Mahamodou Issoufou e le massime autorità politiche e militari locali. “Durante il colloquio bilaterale con il Ministro della Difesa Kalla Moutari, la titolare del Dicastero ha ribadito l’impegno dell’Italia ad assistere le forze di sicurezza attraverso il supporto addestrativo e formativo”, riporta il comunicato emesso dal Ministero della difesa. “L’incontro è stato, inoltre, l’occasione per verificare l’efficacia delle attività in corso di svolgimento, esplorare ulteriori forme di cooperazione strutturata e confrontarsi sulla situazione regionale”.

Nel corso del loro soggiorno in Niger, Trenta e Vecciarelli hanno poi incontrato i militari del contingente MISIN. “L’obiettivo di questa missione bilaterale è quello di incrementare le capacità volte al contrasto del fenomeno dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza, nell’ambito di uno sforzo congiunto europeo e statunitense per la stabilizzazione dell’area e il rafforzamento delle capacità di controllo del territorio da parte delle autorità nigerine e dei Paesi del G5 Sahel (Niger, Mali, Mauritania, Ciad e Burkina Faso)”, ha spiegato la ministra. “Quella in Niger è una missione importantissima per l’Italia poiché, nel sostenere le richieste del Governo nigerino, punta anche a frenare e ridurre il flusso incontrollato dei migranti verso il nostro Paese. Una missione perfettamente in linea con l’interesse nazionale perché in questa fase è fondamentale il supporto al Niger nella lotta al terrorismo e ai traffici illeciti, incluso quello di esseri umani”.

A testimonianza della gratitudine del governo italiano e di Bruxelles per l’attivismo delle autorità nigerine nella guerra alle migrazioni e ai migranti principalmente a ridosso della frontiera meridionale con la Libia, Elisabetta Trenta ha consegnato al presidente Issoufou attrezzature mediche e sanitarie per il valore di 167 mila euro “che si aggiungono agli otto voli umanitari effettuati dall’Italia alla volta del Niger dal 24 aprile 2018 al gennaio 2019, con cui l’Italia ha donato al ministero della salute di Niamey circa 60 tonnellate di farmaci e presidi medici resi disponibili grazie alla collaborazione tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, le Nazioni Unite e altre agenzie intergovernative”, come riporta ancora l’ufficio stampa della Difesa.

Per la missione MISIN è prevista una presenza massima nel paese africano di 470 militari, più 130 mezzi terrestri e due aerei. Si tratta principalmente di addestratori da impiegare anche presso il Defense College in Mauritania, personale del Genio, delle trasmissioni e raccolta delle informazioni, team sanitario, squadra rivelazioni contro minacce chimiche-biologiche-radiologiche-nucleari, ecc.., ma secondo il sito specializzato Difesaonline.it, potrebbero essere schierate presto anche alcune delle unità di èlite e pronto intervento delle forze armate (una task force con personale del 66° Reggimento aeromobile “Trieste”, i paracadutisti della Brigata “Folgore”, elicotteri NH-90 e AH-129D, ecc.)”. Il costo annuale dell’operazione è stimato in 30 milioni di euro circa.

La missione italiana opera in stretto collegamento operativo e strategico con le unità statunitensi dislocate in Niger e poste sotto il controllo di US Africom, il comando per le operazioni USA nel continente africano di stanza in Germania. Non è casuale che i nostri reparti siano attualmente ospitati all’interno della base militare USA realizzata alla periferia della capitale Niamey (Air Base 101). Attualmente è in atto pure il parziale trasferimento delle unità presso l’ex fortino della Legione straniera di Madama, località settentrionale del Niger a un centinaio di chilometri dalla frontiera con la Libia, avamposto della presenza francese nel Sahel nella lotta al terrorismo di stampo neo-jihadista (Operazione Barkhane, con 4.000 uomini e basi sparse dalla Mauritania al Ciad).

Sulle operazioni d’intelligence e di addestramento dei reparti nigerini nel “controllo delle frontiere esterne” il ministero della difesa italiano mantiene il massimo riserbo, mentre sono numerosi i comunicati stampa sugli ambigui e sospetti interventi di ordine medico-sanitario affidati ai militari e finanziati grazie ai fondi della cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Affari esteri. “Il personale della MISIN ha individuato nel settore della salute pubblica la priorità di intervento, in considerazione della particolare situazione in cui versa la Sanità, sia militare che civile, del Paese”, si legge nella nota emessa il 18 dicembre 2018 in occasione della festa nazionale del Niger. “Il Comando della MISIN e l’Ambasciatore d’Italia hanno individuato e consegnato una serie di farmaci e presidi sanitari ritenuti essenziali, concordati poi con i sanitari dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che si inseriscono in una serie di donazioni che permetteranno alle autorità locali di curare alcune malattie diffuse nella regione (colera, meningite e morbillo). Ciò rappresenta un segno tangibile della volontà di supportare fattivamente il Niger a fronteggiare una situazione emergenziale e costituisce, nel contempo, una chiara dimostrazione di come le missioni svolte dalle nostre Forze Armate all’estero si caratterizzino sempre più marcatamente come interministeriali e interagenzia, nonché come espressione dell’impegno dell’intero sistema Paese nell’aiuto concreto alle realtà locali dove si interviene e nella tutela degli interessi nazionali”. Senza giri di parole, la cooperazione allo sviluppo viene convertita in strumento politico-militare perché cresca il consenso tra i potenziali regimi-partner del continente africano verso le finalità geostrategiche e gli interessi delle holding italiane.

I primi di febbraio intanto, grazie all’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) e alla Rete Disarmo, i cittadini italiani hanno avuto modo di conoscere il contenuto dell’accordo di cooperazione stipulato tra Italia e Niger il 26 settembre 2017, nei fatti operativo anche se sino ad oggi non è stato ratificato dal Parlamento né pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Nello specifico l’accordo prevede tra le priorità: lo sviluppo delle politiche di sicurezza e di difesa; la ricerca, il supporto logistico e l’acquisizione di prodotti e servizi per la difesa; l’organizzazione, l’impiego delle forze armate e gli equipaggiamenti di unità militari; la formazione e l’addestramento in campo militare, ecc.. “La cooperazione tra le Parti in materia di difesa – si legge nell’accordo – potrà avvenire secondo le seguenti modalità: incontri, visite e scambi di delegazioni di enti civili e militari; partecipazione ad esercitazioni militari e ad operazioni umanitarie e di mantenimento della pace; visite di navi ed aeromobili militari; supporto alle iniziative commerciali relative ai prodotti ed ai servizi della difesa ed associate a questioni attinenti alla difesa…”.

Fortemente critico il giudizio di ASGI e Archivio Disarmo. “Il testo dell’accordo di cooperazione tra Italia e Niger risulta estremamente semplice ed è sostanzialmente un copia incolla di accordi precedentemente conclusi dall’Italia”, spiegano le due organizzazioni. “A dimostrarlo ci sono varie incongruità, tra cui la menzione di visite di navi tra le forme di cooperazione tra Italia e Niger, un Paese che non ha accesso al mare. Particolarmente rilevante è la parte del trattato che riguarda la cooperazione relativa ai prodotti della difesa, che sembra trasformare la collaborazione tra Italia e Niger in una collaborazione di tipo industriale. Questa si traduce nella cessione di materiale militare da parte del nostro Paese e nella possibilità per i privati di esportare mezzi militari aggirando la normativa sul commercio delle armi”.


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