Apprendiamo dai quotidiani locali che, tra il 13 e il 14 ottobre, sono state danneggiate, a Trento, la sede della Fondazione Bruno Kessler (dove è stata lasciata la scritta: “No ricerca bellica”) e del quotidiano reazionario on line “La Voce del Trentino”. A Rovereto sono state prese di mira le vetrate delle Generali, a fianco delle quali gli anonimi hanno tracciato la scritta: “Qui si finanzia il furto di terre in Africa”.
Trento: “Erdogan massacra, Unicredit lo finanzia”
Giovedì 17 ottobre, un gruppo di compagni si è posizionato davanti alla sede centrale dell’Unicredit di Trento con un grande striscione contro l’aggressione militare in Siria da parte dell’esercito turco. Questo il volantino distribuito:
Erdogan massacra, Unicredit lo finanzia
Quello che l’esercito turco sta facendo in questi giorni in Siria è noto a tutti. Siamo di fronte a una spietata aggressione militare contro la guerriglia e le comunità curde, ad assassinî mirati, al progetto esplicito di deportare in Siria decine di migliaia di profughi fuggiti dalla guerra e, contemporaneamente, ad un ulteriore scatenamento del maglio repressivo contro il dissenso interno alla Turchia. All’imprigionamento di migliaia di oppositori politici, di insegnanti e di altri lavoratori, si aggiunge l’arresto persino di giornalisti che hanno osato criticare l’intervento militare in Siria.
Il riferimento al fascismo storico è tutt’altro che retorico. Nei villaggi e sulle montagne del Kurdistan si stanno attuando stragi e rappresaglie del tutto simili a quelle realizzate dai nazifascisti nell’autunno del 1944 a Marzabotto, a S. Martino, a Caprara e sul Monte Sole, quando, assieme ai partigiani, furono fucilati in pochi giorni 700 paesani “colpevoli” di non denunciare all’occupante le attività della Resistenza. Donne, uomini e bambini: tutti “terroristi” agli occhi del Reich e dei fascisti, proprio come lo sono oggi contadini, guerriglieri, dissidenti agli occhi della “Grande Turchia”.
Ma non ci uniremo al coro di chi chiede alle democrazie di intervenire contro il “dittatore Erdogan”. Dietro la mano assassina del “Sultano” c’è il grande capitale occidentale. Lo Stato turco è membro influente della Nato: alleanze e “tradimenti” sono funzionali alla spartizione delle risorse energetiche e alla creazione di zone di influenza economica. Le armi che uccidono in Siria sono state vendute dagli industriali di mezzo mondo (per i produttori di armamenti italiani, lo Stato turco è il terzo acquirente). L’attacco che Erdogan conduce contro l’organizzazione dei lavoratori attira gli investitori stranieri (per parlare dei padroni di casa nostra, basta pensare a Marangoni). La devastazione ambientale provocata dalle miniere di carbone è finanziata in Occidente. Per non parlare dei dieci miliardi di euro che la democratica Unione Europea ha fornito ad Erdogan per fermare e, se del caso, ammazzare migliaia di immigrati in fuga. L’esternalizzazione in Turchia della frontiera europea ha trovato tutti d’accordo, destra e sinistra, sovranisti e liberali.
La banca che, a livello internazionale, finanzia maggiormente il regime turco è l’italiana Unicredit (partecipata al 41% dalla turca Yapi Kredi Bank).
Per questo siamo qui oggi. Perché il sangue che scorre in Siria parte anche da questi uffici lindi e ordinati.
Tra l’altro, domani comincia a Trento il processo contro sette nostri compagni, “terroristi” per lo Stato italiano come lo sono i curdi per quello turco. Ebbene, una delle azioni di cui alcuni di loro sono accusati è di aver sabotato un bancomat di Unicredit in solidarietà con la resistenza curda. Una piccola azione, certo, ma precisa, concreta, giusta. Contro il terrorismo degli Stati e del capitale.
Un’azione che ricorda, proprio mentre i governanti versano lacrime di coccodrillo per i morti in Siria, il valore dell’internazionalismo tra gli sfruttati di tutto il mondo, unica via di uscita dal baratro verso cui ci stanno portando.
Solidarietà con Sasha, Nico, Rupert, Agnese, Stecco, Poza e Giulio.
anarchiche e anarchici
Trento: sull’inizio del processo “Renata”
Venerdì 18 ottobre, si è svolta a Trento la prima udienza del processo “Renata”. I compagni imputati erano presenti in aula (anche Stecco, per cui non è stata disposta la videoconferenza). L’udienza, contrariamente al previsto, è stata a porte chiuse. Sentiti i tre testi convocati dalla difesa, i PM, invece di pronunciare la requisitoria, hanno presentato nuove prove (cosa che in teoria, con il rito abbreviato, non potrebbero fare), per cui il giudice ha rinviato tutto (requisitoria, arringhe difensive e, molto probabilmente, sentenza) al 26 novembre.
All’esterno del tribunale, l’ottantina di compagni e solidali sono partiti in corteo per le vie di Trento spiegando e difendendo le azioni di cui sono accusati i sette compagni. Anche il presidio lanciato per le ore 18,00 davanti a Sociologia si è trasformato in corteo. Gli interventi si sono incentrati in particolare contro la guerra in Siria, visto che una delle azioni contestate ad alcuni compagni è un sabotaggio ai danni di Unicredit, principale finanziatrice di Erdogan. Durante il percorso, oltre a scritte e manifesti, è stata imbrattata di vernice rossa la sede centrale di Unicredit, di cui sono state infrante alcune finestre.