Vogliamo consigliare la lettura del breve libro di Éric Vuillard “L’ordine del giorno”, pubblicato nel 2018 dalle Edizioni E/O.
In questo testo si racconta il dietro le quinte dell’Anschluss del 12 marzo 1938 con dettagli e aneddoti definiti agrodolci: dalla titubanza e vigliaccheria del cancelliere austriaco Kurt von Schuschnigg, intimorito dalla manovra psicologica e minacciosa di Hitler, al maldestro arrivo dei mezzi militari tedeschi in territorio austriaco che, per motivi tecnici, si riversarono in panne sulle strade dell’intera Austria, rovinando così l’immagine di quella che doveva sembrare un’avanzata efficiente, la prima grande conquista del Terzo Reich.
La Germania annetteva la consenziente sposa austriaca: le folle di bionde trecce attendevano intrepide nelle piazze e lungo le strade, la birra scorreva a fiumi scaldando le ugole, gli inni nazisti si innalzavano in una soleggiata giornata di marzo fra i primi tepori primaverili, tutti compravano nelle edicole le bandierine raffiguranti la croce uncinata.
Al di là degli aneddoti, il filo conduttore del libro si dipana a partire dal 20 febbraio 1933, quando nel salotto del palazzo del presidente del Reichstag arrivano 24 personaggi con le spalle imbottite di lana, completi a tre pezzi, pantaloni con le pinces e l’orlo alto: ventiquattro crani calvi o coronati da capelli bianchi, così li descrive Vuillard. Una volta che si sono accomodati entra Hermann Göring, presidente del Reichstag, e subito iniziano le strette di mano, i sigari si accendono, i fazzoletti si riempiono educatamente di muco.
Le ventiquattro sfingi lo ascoltano con attenzione. Il presidente dichiara che la futura campagna elettorale sarà determinante: il regime ha bisogno di stabilità e l’attività economica richiede calma e fermezza. Göring afferma che quelle sarebbero state le ultime elezioni per i successivi dieci anni; anche per i successivi cento, aggiunge con un sorriso.
Poi le porte si aprono ed entra il cancelliere, Adolf Hitler. Volto rilassato ma deciso. Le sue parole sono subito efficaci, sciolgono le diffidenze degli ascoltatori. I temi sono: distruggere la minaccia comunista, sopprimere i sindacati, permettere ai Padroni di essere i Führer della propria azienda. Alla fine dell’incontro i ventiquattro personaggi metteranno mano ai portafogli, sganciando milioni di marchi al partito appena salito al potere.
I ventiquattro intorno al tavolo sono le alte sfere dell’industria e della finanza tedesca: gli uomini che hanno finanziato il nazismo, la sua propaganda e la sua guerra; sono oltretutto gli unici ad essere passati indenni attraverso il dramma della guerra, con le loro aziende. Negli anni Cinquanta, quando gli ebrei reclamarono un risarcimento per le sofferenze subite, bastò giusto qualche dollaro per pulirsi la faccia dopo i miliardi fatti sulla pelle di intere generazioni di sfruttati, di uomini e donne utilizzati come schiavi.
In questo libro il regime nazista viene ridicolizzato facendone emergere alcuni lati grotteschi o facendo cadere la maschera della famosa efficienza tedesca, viene messa in risalto la sfrontatezza dei suoi capi, emerge la freddezza degli industriali; una storia agrodolce appunto, con la quale Vuillard cerca di farci riflettere sul dietro le quinte di una guerra.
In questi giorni in cui scorre il sangue in Siria, in cui con fievoli dichiarazioni i vari Ministri degli Esteri dei paesi UE esortano tutti a prendere posizione contro Erdogan, invitando a non vendergli armi, dove il presidente americano mostra tutta la sua bassezza politica, in realtà si ripropongono gli schemi di quella scena del marzo 1938: la diplomazia lavora fredda dietro le quinte.
L’episodio del 20 febbraio 1933 riecheggia più e più volte ogni anno nei vari incontri dedicati ai profitti dei guerrafondai, come quello tra Mattarella e Trump o quello tra Pompeo e Conte, dove a telecamere spente si trattava sull’acquisto di F-35.
In questo blog negli anni abbiamo riportato i nomi di aziende, di industriali, di scienziati che lavorano e si ingrassano con l’industria delle armi, beffandosi degli ipocriti accordi internazionali, delle Carte dei Diritti dell’uomo e dei trattati di pace, infischiandosene delle sofferenze subite dagli ultimi.
Certo, ci sono differenze rispetto al passato: oggi abbiamo la NATO, l’ONU, gli scenari cambiano, la politica anche, ma alla base rimane sempre la ricerca di potere e profitto. All’epoca c’era pure un altro conflitto, quello di classe, viste le promesse fatte da Hitler ai “crani pelati” in chiave anti-proletaria; ora questo aspetto è uno dei meno importanti nelle discussioni tra potenti, almeno in Occidente. L’esperienza del Rojava viene repressa perché cerca di mostrare un’altra prospettiva di vita: tutti capiamo che è la rivoluzione ad essere soffocata in queste ore (noi in quanto anarchici potremmo avere delle riserve, ma questo meriterebbe altro spazio e approfondimento). Poche voci si alzano qui da noi contro questo attacco alla libertà, voci che siano antimilitariste.
Vuillard fa emergere una certa ripetitività della storia, una trasversalità delle azioni nel tempo, le quali si adattano ad ogni nuova fase storica e tecnologica. Oggi si possono produrre armi da guerra “con un occhio di riguardo” per l’ambiente, armi che salvaguardano la vita dei civili: propaganda pubblicitaria al passo coi tempi.
Ma questi non sono giorni di ragionamenti agrodolci o sarcastici, le bombe continuano a cadere e gli industriali ingrassano, i politici parlano e poco, davvero troppo poco si muove sul fronte internazionalista antimilitarista.
Consigliamo così un’altra lettura, un’altra visuale della guerra in corso. Per chi pensa che nulla si possa fare, che tutto sia già drammaticamente deciso, per quelli convinti che con il dialogo tra gli stati si risolvano i conflitti che essi stessi creano, “Romperelerighe” è il titolo di un libretto uscito per le edizioni internazionaliste “Hourriya”, una raccolta di testi che indicano una direzione, ma con svariate strade, per un’opposizione concreta alla guerra.
Testi che infondono una prospettiva di lotta: se si è contro alla guerra e ai suoi massacri, ognuno può attingere dalle soluzioni proposte nel tempo da chi la guerra l’ha vissuta e combattuta in prima persona. Da questo opuscolo estraiamo una semplice frase per concludere questa recensione al libro di Vuillard: “Le guerre e la militarizzazione sono proposte qui. Sono preparate e progettate qui. Portano succosi proventi, nella maggior parte dei casi qui. Ed è dunque qui che coloro che vogliono agire possono prendere di mira la produzione di guerra”.