Qualche mese fa il Parlamento italiano ha dato lo stop all’esportazione di armi all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti rispetto alla vendita di bombe costruite a Domusnovas in Sardegna dall’azienda tedesca Rwm. Tale scelta, dovuta alla guerra contro lo Yemen, vale solo per gli armamenti “pesanti” e non per le armi “leggere”.
Ora per i lavoratori sardi si prospettano 1600 posti di lavoro a rischio (di questo argomento, e della presa di posizione degli operai in merito alla produzione bellica, abbiamo già parlato su questo blog Lettera dei lavoratori RWM, qualcuno ha ancora voglia di chiamarli vittime?.
Vogliamo soffermarci sulla posizione ipocrita dell’Italia in campo internazionale.
Allo Stato interessa poco degli operai, e poco potrà fare la Regione Sardegna per loro: il problema del lavoro nelle zone del Sulcis-Iglesiente va ben al di là della singola fabbrica, e ben altre risposte ci vogliono che interpellare il ministro degli Esteri attuale.
Una cosa è evidente, se si mettono assieme gli avvenimenti nella zona del Golfo Persico.
Che una azienda tedesca chiuda è un problema di poco peso, mascherato sotto il velo di una scelta etica, rispetto alla sanguinosa guerra nello Yemen. Ricordiamo che ci sono milioni di bambini denutriti, milioni di persone che muoiono di colera e fame, persino i giornali nostrani hanno approfondito la storia di questo conflitto.
Ma questa scelta del parlamento italiano va sovrapposta ad altri fatti rilevanti.
È ancora una volta l’azienda di Stato Eni che fa la voce grossa. Pochi giorni fa l’AD Claudio Descalzi ha annunciato che sono stati sottoscritti cinque nuovi accordi per aggiudicarsi concessioni e licenze esplorative negli Emirati Arabi Uniti, e il 20 % della società di Stato Adnoc Refinering è stata acquistata rafforzando la presenza di Eni nel paese arabo.
Questa mossa di Eni è fondamentale nello scacchiere geopolitico attuale, entrando in competizione con Total, con gli inglesi e gli statunitensi.
Lo scontro nello Yemen ha valicato i confini del piccolo paese dopo l’attacco alle raffinerie saudite, mettendo in mezzo l’Iran e i conseguenti accordi internazionali riguardo al nucleare, fatti questi ancora da decifrare.
A noi pare che la scelta “etica” di stoppare la vendita di armi all’Arabia sia più che altro una scelta di profitti, quelli più proficui, quelli del petrolio. Nonostante l’Eni continui a promuovere, con le sue campagne pubblicitarie, una soluzione energetica “green”, il petrolio rimane fonte di enormi interessi. Non c’è nessuna transizione energetica, e non c’è nessun blocco ai finanziamenti a paesi come gli Emirati Arabi Uniti, tra i principali responsabili della guerra in corso in Yemen.
A noi non bastano le “scuse” come quelle del governo britannico per la violazione dei “diritti umani” in merito alla vendita di armi all’Arabia Saudita dopo la sentenza del 20 giugno dell’Alta Corte di Appello: le scuse sono un pro forma per far finta di essere interessati al problema della guerra nello Yemen.
Non c’è nessun passo successivo che vada in direzione della risoluzione del conflitto.
Noi continuiamo a vedere la sofferenza di milioni di persone, e non cadiamo nel trucco delle finte scelte del “nostro” Parlamento, anzi, è proprio perché conosciamo i suoi vecchi trucchi che continueremo a sbugiardare la propaganda di Stato ed inciteremo ad una costante lotta contro i responsabili dei massacri sauditi, che siano emiratini o italiani.