L’ undici novembre del 2009, sul giornale ligure “Il secolo XIX” si accennava ad una possibile avanzata di Fincantieri nel mercato brasiliano, allora il presidente Lula pensava ad un ammodernamento della flotta militare e di nuove piattaforme petrolifere, tutto questo affianco all’azienda brasiliana Petrobras. Costo dell’operazione: 200 miliardi di dollari che serviranno tra l’altro ad acquistare 40 piattaforme offshore.
All’epoca l’amministratore delegato di Fincantieri Bono, la presidente di Confindustria Emma Mercegaglia e il ministro dello Sviluppo Claudio Scajola si affannavano nel cercare di inserirsi in questa ghiotta commessa offerta da Lula.
Il 28 gennaio 2010 sul il sito del Ministero della Difesa italiano si leggeva di una collaborazione tra lo Stato italiano e quello brasiliano in “soccorso” ad Haiti per via del terremoto.
Sempre sul sito si scriveva che questa collaborazione nasceva dalla forte comunanza culturale e dalle sinergie sviluppate in diversi settori dell’economia e dell’industria tra i due Stati.
Mesi dopo ci si rese conto che questa “scampagnata” nel Mar dei Caraibi non era dovuta al fatto del terremoto di Haiti, bensì era una mostra mobile dei prodotti di Finmeccanica e Fincantieri. Proprio da quel viaggio, infatti, nacque un nuovo contratto tra Italia e Brasile, così fortemente voluto e cercato da entrambi, il quale si può quantificare in circa 10 miliardi di dollari. Berlusconi si recò il 28 luglio 2010 a San Paolo per seguire da vicino le trattative che andarono a buon fine.
La commessa prevede fregate e pattugliatori, sistemi satellitari ad alta tecnologia per il controllo delle coste e dei giacimenti petroliferi.
L’azienda Fincantieri però non finisce qui la sua collaborazione con la guerra.
Già da qualche mese si sente parlare della fusione di Finmeccanica con Fincantieri sull’onda della crisi italiana e dei recenti taglia di Fincantieri in Liguria, ma l’ad Bono smentisce questa fusione.
Perché?
Perché la guerra c’è e porta molti soldi a chi è senza scrupoli, e così il 30 dicembre 2010 si ha la notizia che Fincantieri ha appena firmato un contratto da 4 miliardi di dollari con la Marina USA per la costruzione di 10 navi Littoral Combat Ship.
Il valore della prima unità, che sarà realizzata nei cantieri di Fincantieri Marine Group nello Stato del Winsconsin, ammonta a 437 milioni di dollari. Le successive nove navi saranno acquistate dalla Marina statunitense attraverso opzioni che saranno esplicitate in seguito. Il programma Lcs prevede complessivamente la realizzazione di 55 navi da acquisire entro il 2020, per un valore totale di oltre 20 miliardi di dollari.
Nel mentre che Marchionne, Bono e Obama si stringono le mani e parlano di risoluzione del problema della crisi internazionale, “indagando” si scopre che i soldi stanziati per l’uragano Katrina sono passati da 59 miliardi di dollari a 47 e invece per le spese del Pentagono nel 2011 sono previsti 725 miliardi, 37 in più del 2010, dei quali 124 saranno utilizzati per i militari a riposo e 12 per le armi nucleari. Facendo i conti le spese militari negli Stati Uniti sono un quarto del bilancio federale.
Un’altra notizia che fa rendere ben conto della reale situazione negli USA è che nei giorni delle fermi per questi mega contratti ad New Orleans otto senza casa sono morti bruciati mentre stavano cercando di scaldarsi con un fuoco in una casa abbandonata.
Questa è il modo dell’Italia e dei suoi amministratori delegati di risolvere il problema sociale della crisi economica, cioè la guerra e la schiavitù degli uomini.
La guerra riempie il portafoglio dei potenti e svuota lo stomaco degli sfruttati.