Negli ultimi tempi c’è una sottile antipatia verso gli alpini a Trento e dintorni. Se a Malé, paese all’inizio della Val di Sole, sono state denunciate da parte del gruppo degli alpini locali alcune asportazioni di corone d’alloro e di bandiere tricolore dai loro monumenti, a Trento compaiono scritte “ingiuriose” nei loro riguardi la notte prima di una loro solita parata in città fatta di gagliardetti e cappelli con piuma, la quale finisce sempre in lunghe bevute.
Se loro dicono che sono disponibili al dialogo, altri sottolineano il fatto che, nell’ultimo anno, gli alpini hanno dedicato più di 20.000 ore di volontariato in azioni per la cittadinanza trentina. Tra queste ore ci sono forse quelle utilizzate per mettere il nuovo filo spinato sul confine tra Austria ed Italia contro chi vuole passare illegalmente la frontiera? Barriere costruite per quella gente che fugge dalle guerre che stanno portando avanti da oltre 20 anni i loro nipoti in giro per il mondo a suon di bombe, terrore e feroci violenze. Gli alpini oggi rimasti vivi sono principalmente quelli che hanno partecipato alla Seconda Guerra Mondiale, vogliamo forse chiederci perché hanno deciso di indossare la stessa divisa oggi a settant’anni dalla caduta del fascismo? Quante altre domande scomode si potrebbero fare sulla loro storia. Questi vecchi tronfi di medaglie e vino subiranno il trattamento che ci vuole per chi sceglie di stare ancora una volta da parte degli stati e delle guerre.