Per contro-insurrezione intendiamo tutti quegli interventi che vengono operati dal potere dominante nei confronti dello spazio circostante, spazio sociale e relazionale, spazio geografico ed urbano, ma anche spazio semantico, concettuale e filologico, con l’obbiettivo di rafforzare e proteggere le propria fondamenta dal rischio di una radicale messa in discussione e destabilizzazione delle stesse.
Questa frase riportata definisce in modo puntuale le pratiche e i contenuti che sottendono un intervento definito dagli analisti militari e di controllo sociale come contro-insurrezionale. Queste dinamiche, dapprima evocate o analizzate come situazioni abbastanza lontane dalla nostra quotidianità, divengono mano a mano sempre più visibili e pressanti, facendoci ricordare a noi tutti che l’anno 2020 del famigerato rapporto NATO sulle operazioni urbane è ormai alle porte. Basti pensare all’accelerazione di queste dinamiche solo nell’anno appena trascorso in italia, dove le città sono state invase da corpi speciali dell’arma dei carabinieri e dove il sindaco di Milano, Sala, ha proposto l’utilizzo dei soldati per la militarizzazione delle periferie. Ecco una proposta inquietante che è stata ripresa da vari esponenti del dominio anche per le periferie di altre città anche di minor dimensione. Questo improvviso scatto in avanti da parte dello Stato nel predisporre nel territorio un dispositivo contro-insurrezionale articolato, non è però scevro di contraddizioni e di problematiche per lor signori, che, purtroppo, non provengono da una contrapposizione di classe a queste misure da parte degli sfruttati, ma banalmente dal fatto che la presenza dei militari nelle strade richiede un aggiornamento della legislazione dei padroni della società.
L’esercito nelle strade La contraddizione più evidente da questo punto di vista è rappresentata dai militari impiegati nell’operazione STRADE SICURE.
Avviata quasi dieci anni fa, nel 2008, dal quarto governo Berlusconi con un primo contingente di 3000 militari, ha raggiunto ormai la quota di 7050 nel 2017. La prosecuzione del servizio è stata decisa lo scorso 16 dicembre dal comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, presieduto dal neo ministro Minniti. L’attività include il pattugliamento di strade e di obbiettivi definiti come sensibili e si svolge in 38 città. Siamo di fronte a professionalità che andrebbero utilizzate meglio, in caso contrario siamo di fronte a una operazione di mera facciata. Così ha dichiarato a fine del 2016 il presidente del tribunale militare di Roma, Filippo Verrone. Questa dichiarazione mette in luce la contraddizione fra l’attuale schema legislativo che regola l’intervento dei militi sul territorio, con le nuove direzioni prese dal capitale in questa fase storica, con la sempre più pressante necessità per il dominio di avere mano libera nel disporre l’esercito nel controllo del territorio, cosa che le dichiarazioni di Sala confermano ulteriormente.
Nel frattempo, la particolarità storica propria dello Stato italiano permette di impiegare dei particolari tipi di soldati, che non hanno problemi di vedere assegnati con provvedimenti legislativi di emergenza il ruolo di agenti di pubblica sicurezza. Sono i corpi speciali dell’arma dei carabinieri.
I cacciatori e i GIS Un soldato ogni due abitanti a Chiomonte, posti di blocco ed elicotteri dal cielo, pattugliamenti nei boschi. Questa era la situazione che si era venuta a creare negli anni passati per chi ha partecipato alla lotta popolare in Valsusa, dove tante, troppe persone hanno avuto la sfortuna di essere fermate manu militari, denunciate e processate a causa di soldati dell’arma dei carabinieri che occupavano militarmente la valle. Il 2020 e lo stato di guerra dichiarato dallo Stato era presente in maniera totale, e i processi che, anche grazie a questo fatto, sono stati imbastiti contro la popolazione locale e solidali – non entreremo in questa sede nel merito dei contenuti e dei tempi degli iter processuali che hanno pesato e che stanno gravando sulla vita di tante persone, da quelli terminati a quelli che vengono rimandati nei prossimi mesi del 2017 – sono frutto anche del cosiddetto zelo di questi carabinieri in mimetica, impiegati anche in contesti di guerra esterna – ad esempio in afghanistan. Parliamo dei CACCIATORI DI SARDEGNA e di quelli DI CALABRIA.
Sono squadroni eliportati, attivi dai primi anni ’90 e che constano di 180 effettivi cadauno. Hanno uno standard d’intervento tipicamente militare, che prevede l’attivazione di tecniche di contro-guerriglia proprie dei reparti speciali militari. Uno dei compiti ricoperti dai cacciatori è quello di allestire in maniera occulta dei POA – posti di osservazione ed allarme –, donde osservare i movimenti di uno o più bersagli nei pressi di un obbiettivo specifico. Nel corso di tali missioni, i militi impiegano apparecchiature per l’osservazione diurna e notturna a lunga distanza. Possiamo ritenere che, anche per il futuro, queste unità verranno sempre più facilmente dislocate contro situazioni di lotta o in contesti caldi negli ambienti montani del suolo nazionale.
Nel 2016, con la scusa della contrapposizione al cosiddetto terrorismo islamico, senza bisogno di decretare alcuno stato d’emergenza, le città vengono militarizzate ulteriormente con i paracadutisti del battaglione Tuscania e gli incursori del GIS (gruppo di intervento speciale).
Il binomio così creato permette un intervento anche per il combattimento urbano. Queste aliquote di primo intervento, definite come API, fanno perno sulla struttura territoriale dell’arma e sono schierate in 16 capoluoghi di provincia e sono poste sotto il comando del locale comandante provinciale dei carabinieri. Chiaramente i componenti di questi gruppi, a differenza delle altre forze speciali dell’esercito, hanno oltre al ruolo di incursore, anche quello di agente di pubblica sicurezza. Questi reparti sono stati impiegati anche in tutti i teatri di guerra recenti dell’imperialismo italiano, nei Balcani, in Afghanistan e in Iraq.
Così prosegue celermente la formazione del fronte di guerra interno e l’allestimento dei dispositivi contro-insurrezionali, anche se è bello pensare che:
per quanto quindi il mondo ci sembra impantanato in un presente sempre uguale a se stesso, nulla ci impedisce di pensare che una trasformazione non possa avvenire. Questa cognizione della fondamentale fragilità della società, è presente anche nello Stato e nei suoi uomini.