Droni spia, droni killer di stanza a Sigonella: implicazioni

Tratto da radioblackout

L’uso della forza da parte degli Usa fuori da zone convenzionali di guerra è ora sancito in modo diverso dal documento Principles, Standards, and Procedures (PSP) che sostituisce le PPG (Presidential Policy Guidance), linee guida obamiane e questo potrebbe sembrare un dettaglio, ma coinvolge diritto internazionale, complicità, morale e… prassi assassina in relazione all’uso anche dei droni sempre più sofisticati, ormai protagonisti delle guerre convenzionali o meno, responsabili di eliminazioni chirurgiche di singoli individui o di stragi di massa. La mano militare che massacra opera tranquillamente negli uffici statunitensi di Jacksonville  ma le regole di ingaggio ora si estendono dovunque si consideri un “continuato, imminente pericolo” rispetto alle obamiane operazioni antiterrorismo in zone di “rilevante valore terroristico” del bersaglio posto fuori dai confini statunitensi, così anche la responsabilità della Nazione che fa da base e fornisce supporto logistico ai droni deve considerare un coinvolgimento in operazioni che possono impattare con le legge internazionali. Questo si evince da un articolo di Adriana Elmeades Jones, apparso su “Just Security”.

A Sigonella sono presenti e verranno ulteriormente forniti nuovi droni, sempre in Sicilia il Muos colloca gli strumenti per mettere in relazione tutti gli agenti utilizzati per i combattimenti di Trump, quindi ci è sembrato importante approfondire le conseguenze di queste implementazioni e l’evoluzione in ambito militare dell’uso di mostri sofisticati come quei Triton che vengono descritti in un altro articolo di Vincent Groizeleau per “Mer et Marine” che verranno a infoltire le fila di droni spia schierati a Sigonella e a intasare le rotte aeree fino a 55mila piedi di altezza, volando a 310 chilometri all’ora.

Qui sotto l’audio della rivista:


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