Guerra in Libia? Parliamo di logistica |
Non siamo soliti pubblicare comunicati di sigle sindacali (neanche di base). Questa volta facciamo un’eccezione. |
Primo perché il picchetto di cui si parla è stata un’esperienza piuttosto significativa, almeno per il Trentino. A colpirci non è stata sola la determinazione dei facchini nel tenere il picchetto, ma il grado di coscienza e di solidarietà che emergeva dalle discussioni. |
Secondo, per i contenuti e per lo “stile”. Non capita spesso che un sindacato di base (o un qualsiasi altro gruppo “militante”) parli di un episodio di lotta in cui è stato coinvolto senza mai nominare se stesso, dando importanza alle scelte dei lavoratori e basta. E ancor meno spesso capita di leggere che, “a prescindere dai risultati sindacali”, “è stato giusto colpire” (tra l’altro colpire non è in questo caso un verbo retorico, perché il picchetto ha provocato effettivamente centinaia di migliaia di euro di danni alla controparte). È uno “stile” che ci piace, risultato di anni di lotta. Quanto ai contenuti, ci sembra molto importante il collegamento fra la politica che il capitalismo conduce in Libia e gli schiavi che vuole sfruttare qui, nella logistica e non solo. Quelli rinchiusi e torturati e quelli messi al lavoro sono spesso gli stessi proletari. |
Se nelle lotte a venire diventasse esplicito ciò che oggi è implicito (che opporsi allo sfruttamento e opporsi alla guerra sono la stessa cosa), allora per i padroni, per le loro frontiere, i loro lager e le loro merci comincerebbero i danni seri
Qui sotto il comunicato: |
Gennaio 6, 2018