Tratto dal numero 30 marzo 2018 del “seme anarchico”
Nell’articolo del Seme Anarchico di settembre 2017 “Una Storia Non raccontata” si facevano alcune considerazioni sulla vicenda Fincantieri STX. Si sottolineava, tra le varie questioni prese allora in considerazione, come quella vicenda, raccontata solo quale competizione societaria tra i due maggiori protagonisti della cantieristica europea, in realtà nascondeva una partita di ben maggiore portata quella del predominio del settore navale militare.
Ci fa piacere prendere nota che la partita si è giocata e conclusa esattamente come riportavamo nel numero di settembre “.La nazionalizzazione di STX nasconde invece il “nocciolo” della questione ovvero la competizione industriale militare tra Italia e Francia, due potenze nel mercato mondiale delle armi soprattutto nel settore navale militare..”. Andiamo con ordine. A fine settembre 2017 a Lione è stata siglato l’accordo. Fincantieri avrà il 50% di STX France, che controllerà grazie al prestito di 1% del capitale da parte di Naval Group (il maggiore protagonista della cantieristica militare Francese e di fatto il competitore del settore navale militare di Fincantieri). Viene inoltre costituito un gruppo di lavoro per studiare l’integrazione tra Fincantieri e Naval Group che costituirebbe, dopo il gruppo BAE Systems britannico, il secondo produttore nel settore navale miliare. Perché tale decisione? Si possono decretare, a fine partita, vinti e vincitori Italia o Francia?.La risposta la troviamo collegando, ancora una volta, fatti e vicende in apparenza lontano tra loro ma che ci riportano inevitabilmente al nocciolo della questione, l’affare industriale militare. Il 13 novembre 2017 a Bruxelles è stato firmato da ventitre paesi della UE, esclusi Regno Unito,Danimarca, Irlanda e Portagallo, una cooperazione permanente nel campo della difesa europea definita PESCO. L’obiettivo è quello di sviluppare congiuntamente la capacità di difesa, investire in progetti condivisi, aumentare l’efficienza operativa ed i contributi delle forze armate alle missioni europee. E’ stata sottoscritta una prima lista di oltre cinquanta progetti comuni nei settori dell’addestramento, sviluppo della capacità militari. Per la realizzazione del programma PESCO è stato previsto l’aumento regolare dei bilanci della difesa per il raggiungimento degli obiettivi concordati. Ricordiamo come l’impegno finanziario per la realizzazione della PESCO si aggiunge a quello già varato dalla Commissione Europea il 7 giugno 2017, ovvero il COE Fondo Europeo per la Difesa. Il fondo prevede due sezioni, una per lo sviluppo della ricerca, sono previsti 115 milioni di Euro sino al 2019 ed altri 500 milioni di Euro dopo il 2020, i campi di ricerca saranno concentrati nel settore della robotica dei software e dei meta materiali. L’altro sezione si occuperà dello sviluppo ed acquisizioni, in sintesi il COE introdurrà degli incentivi affinché gli stati membri cooperino nello sviluppo congiunto e nell’acquisizione di tecnologie e materiali di difesa. Nel settore sviluppo e cooperazione verranno stanziati 500 milioni di Euro per il 2019 ed il 2020 ed 1 miliardo di Euro dopo il 2020, la cifra complessiva per questa sezione si aggirerà sui 5 miliardi di Euro. Per quanto sopra si potrebbe quindi affermare che la partita Fincantieri e STX è solo la risultanza di quanto l’Europa ha stabilito? Ovvero il risultato di una decisione politica per attuare una maggiore integrazione tra le singole società attive nel settore militare? Apparentemente si, ma la risposta non è completa se non abbiamo la capacità di guardare lontano, ed ancora una volta la risposta la troviamo nel motore dell’economia mondiale la Cina. La Cina, secondo il rapporti annuale della US-Chian Econimic and Security Review Commission, potrebbe arrivare nel 2020 ad essere la maggiore potenza navale del Pacifico. Nei prossimi sei anni Pechino potrebbe arrivare ad acquisire 351 unità nuove unità navali. In sintesi Pechino ha la capacità di consegnare alla PLA Navy (Esercito Popolare Cinese) una fregata ogni tre mesi ed un sottomarino ogni quattro. Per Pechino è indispensabile dotarsi di una flotta che possa proteggere e sorvegliare la nuova “via della seta” ovvero la nuova via commerciale terrestre aerea e soprattutto marittima che si intende realizzare a livello globale nei prossimi dieci anni. L’investimento nel militare navale è dunque una inevitabile necessità. Va da sé che un intervento di risorse così imponente consegue un rimescolamento totale della carte sul tavolo degli equilibri geopolitici. L’Europa non può stare a guardare soprattutto in un mondo ormai multipolare e che tende a frammentarsi sempre più. È quindi nella lontana Cina che sta in ultima sintesi la risposta del perché della nascita della PESCO e per ultimo della fine partita tra Fincantieri e STX ciò la necessità di dotarsi di strutture militari competitive a livello globale. Ma il quadro non sarebbe completo se non prendessimo in considerazione un altro elemento, questa volta di segno opposto. Accanto alle integrazioni Europee (PESCO) ed ai matrimoni tra Fincantieri e STX riergono ancora una volta elementi di segno contrario, ovvero i dissidi tra i capitalismi nazionali. Contraddizione? Apparentemente sì, se non fosse che il profitto non sempre può attendere il lungo periodo, le lunghe visioni strategiche. I bilanci e le “ragioni degli azionisti” impongono anche affari di più corta portata di immediato realizzo. Lasciamo le parole passiamo ai fatti. L’Italia, pur sottoscrivendo la PESCO, si muove in modo del tutto singolo, scomposto rispetto ai “fratelli europei” e sottoscrive, nel febbraio 2017 tramite Fincantieri un accordo con la cinese CSSC e la statunitense Carnival per la costruzione di quattro navi da crociera, la commessa complessivamente è pari a tre miliardi di Euro. Naturalmente ci sé ben guardati dal far partecipare al banchetto la novella sposa francese STX o Naval Group. Ma i “tradimenti” non si sono ancora consumati del tutto. E’ di fine 2017 la decisione del governo italiano di inviare in Niger un contingente, se pur ristretto per il momento si parla di non oltre 400 unità. Poca cosa, ma abbastanza come segnale alla Francia che il controllo dell’area sub sahariana, di fatto la porta della Libia, non è esclusivo affare della legione straniera d’oltralpe, da anni impegnata con più di 4000 effettivi sul territorio. Roma lancia un preciso segnale a Parigi che la Libia è cosa “nostra” o meglio dell’ENI. Ancora una volta la necessità del profitto complica il farsi dell’Europa e nel mezzo delle contraddizioni chi corre veloce, a scapito delle necessità del sociale, è il complesso industriale militare.