In data 10 settembre RWM spa ha diramato un comunicato ai propri dipendenti nel quale è stato annunciato un imminente taglio di personale: nello specifico, si tratterebbe di 160 lavoratori. RWM spa, lo ricordiamo, è proprietaria dello stabilimento di Domusnovas, in Sardegna, da anni al centro di polemiche e attacchi per via della produzione di armamenti e munizioni impiegate anche nella carneficina in atto nello Yemen. L’azienda, nella persona del direttore generale Fabio Sgarzi, spiega come i tagli siano motivati dal calo delle commesse, dovuto principalmente alla sospensione delle licenze di esportazione verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, effettiva dallo scorso 29 luglio. Il 26 giugno, infatti, veniva approvata dal parlamento italiano una mozione per lo stop all’esportazione di bombe, missili e relativa componentistica verso i due Stati del Golfo Persico.
I quotidiani locali hanno riportato pedissequamente le dichiarazioni provenienti dall’azienda, omettendo alcuni fatti non secondari: i licenziamenti colpiranno i lavoratori che occupano le posizioni più fragili, con contratti interinali senza copertura; lavoratori assunti sulla scorta della grande commessa del 2016, che l’azienda ed il gruppo proprietario (la tedesca Rheinmetall) sapevano perfettamente essere a rischio per via della dubbia legittimità delle esportazioni verso paesi in stato di conflitto. RWM spa ha giocato sul solco dell’ambiguità legislativa, ed oggi vorrebbe scaricare la responsabilità dei licenziamenti sulle spalle dei gruppi e movimenti che, in questi anni, hanno reso manifesto il commercio mortifero dell’azienda.
In data 18 settembre i lavoratori della fabbrica hanno chiamato un presidio a Cagliari (in foto), svoltosi in contemporanea all’incontro in cui Regione, Confindustria, azienda e sindacati hanno discusso del futuro della realtà produttiva. Come già ribadito in passato, un’eventuale riconversione non è auspicata dagli operai e neanche dai sindacati, che anzi hanno rilasciato dichiarazioni assolutamente nette da questo punto di vista. CGIL e CISL locali dichiarano di sostenere “la cessazione di tutti i conflitti nel mondo, incluso quello dello Yemen, ma occorre una pianificazione di settore, azioni ragionate sul futuro dell’industria della Difesa che rappresenta un comparto importante per il Paese nel quale può e deve trovare spazio anche quel pezzo di industria di settore che insiste sul territorio di Domusnovas. Occorre, in altre parole, trovare le giuste compensazioni per evitare che siano i lavoratori sardi a essere penalizzati: è una strada percorribile che consentirebbe di proseguire nelle attività alla pari di tante altre aziende diffuse su tutto il territorio nazionale”.
L’obiettivo di sindacati e lavoratori è ora quello di fare pressione su Regione e Stato perché si compensi la perdita delle commesse con gli stati arabi con nuove produzioni destinate alla Difesa Italiana ed europea; così come efficacemente espresso dal sindacalista CGIL Emanuele Madeddu, la fabbrica dovrebbe essere dichiarata sito di interesse strategico per l’industria bellica nazionale, indipendentemente dalle esportazioni per il Medio Oriente.
Ciò che emerge da queste dichiarazioni è il pragmatico cinismo di chi è consapevole di produrre morte e vuole difendere con le unghie e con i denti questa “professionalità”. I lavoratori si identificano pienamente con l’azienda e ne sposano gli intenti, si prodigano perché nulla cambi o cambi il meno possibile. Dietro la questione del ricatto occupazionale (quanto mai viva nella zona del Sulcis Iglesiente e in tante altre aree dell’Italia e del mondo) si cela un dato di fatto disarmante: la totale incapacità di immaginare le proprie vite al di fuori dello sfruttamento, al di fuori di un sistema che fornendo ai lavoratori i mezzi minimi della sussistenza materiale, banchetta sulle vite innocenti e sulla pelle di altri sfruttati.