Scorda le basi. (L)otto marzo antimilitarista

CONTRO LA GUERRA E LA CULTURA DELLO STUPRO
PASSEGGIATA INTORNO ALLE RETI DEL POLIGONO DI TEULADA E AUTOESPLORAZIONE DELLE NOSTRE DUNE

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CONCENTRAMENTO l’8 marzo alle ore 10:30 al parcheggio di Porto Pino.

L’8 e il 9 marzo 2020 saranno due giorni di lotta e mobilitazione femminista globale a cui vi invitiamo a partecipare anche in Sardegna.

L’8 marzo vogliamo percorrere delle zone militari invalicabili, risignificare con i nostri corpi quelli che ora sono confini, creare nuovi immaginari, restituire nuove identità.
Vogliamo farlo a partire da noi, sperimentandoci in una pratica tra donne, lesbiche, persone trans* e non binarie, che ci permetta di pensare e agire collettivamente i nostri femminismi.

Sappiamo che senza militarismo non c’è patriarcato e che questi sistemi sono interconnessi.
Il militarismo è un sistema, una logica e un insieme di norme che perpetuano il sistema patriarcale neoliberista, razzista, estrattivista, colonialista.
L’ideologia militarista si basa sulla violenza autoritaria e verticistica, sulla gerarchia, sul decoro, sull’idea di sopraffazione degli uni sugli altri e si esprime in termini di possesso, controllo, egoismo, appropriazione dell’esistenza e annientamento della libertà altrui e sfruttamento e depredazione delle risorse naturali.
Si fonda sulla costruzione e l’assunto che esistano esclusivamente due generi: uno maschile che prevale su quello femminile. E’ attraverso questo simbolismo del rapporto di dominio di un genere sull’altro – o meglio sugli altri – che il potere dei colonizzatori su terre, corpi e culture “da civilizzare” è stato interiorizzato come parte dell’ordine naturale delle cose.
Il militarismo difende la necessità dell’uso della forza per la risoluzione dei conflitti e prepara la società a quest’uso, non si limita a proiettarsi in conflitti che vediamo come “esterni”, lontani, ma si estende ai conflitti interni.
Il militarismo è cultura dello stupro: arma usata in tempi di pace e in tempi di guerra.
L’insulto sessista e la minaccia dello stupro sono una forma di controllo sistemico quotidiano, uno strumento di umiliazione e di annullamento, un mezzo per controllare e limitare l’indipendenza e la libertà di tutte le donne, le lesbiche, le persone trans* e le soggettività non conformi. Ancora oggi viene punita con l’arma dello stupro e col femminicidio qualsiasi forma di lotta di liberazione e di autodeterminazione delle donne, dalle resistenti del Rojava alle femministe cilene, dalle migranti a tutte coloro che vogliono semplicemente liberarsi da un rapporto di coppia.

Come femministe, donne, lesbiche, trans*, persone non binarie rifiutiamo queste logiche, rifiutiamo di essere ridotte a soggetti deboli, da mettere sotto tutela, rifiutiamo il pinkwashing e che sui nostri corpi siano ideati pacchetti sicurezza, vengano creati sistemi di controllo e repressione, siano giustificate politiche razziste, confini, guerre. Vogliamo nominare privilegi e oppressioni che ci attraversano e farlo anche in quanto appartenenti ad un’isola che rappresenta un territorio di confine, che politicamente appartiene all’”Occidente” e partecipa delle politiche colonizzatrici ma è al contempo colonizzata. Porto Pino, che abbiamo scelto per la giornata dell’ 8 marzo, in qualche modo è rappresentativa di questo nodo, essendo al contempo un punto di approdo per chi arriva in Sardegna dal Nord Africa attraversando il Mediterraneo ed un luogo violentato dai militari.

Ci interroghiamo spesso su come mettere in pratica da qui la solidarietà e supportare la resistenza e le lotte delle altre donne e popolazioni attaccate e violentate anche dagli Stati “occidentali” in cui viviamo. Pensiamo di non poterci sottrarre a una presa di parola e di azione, sappiamo di avere privilegi che diamo troppo spesso per scontati, dovuti solo al fatto di vivere in questa parte di Mondo, e che invece vogliamo e dobbiamo decostruire.
Ritroviamoci di fronte al poligono militare di Teulada, tra i più grandi poligoni militari NATO d’Europa, 7mila ettari sottratti alla comunità, dove da più di 60 anni vediamo aerei militari sfrecciare nel cielo e bombardare terra e mare, strade rotte dai camion che trasportano missili e carri armati, sentiamo esplosioni, veniamo a conoscenza di territori che non potranno essere più bonificati.
Alcune attività lavorative sono ferme grazie alle esercitazioni militari in cambio dell’elemosina degli indennizzi. Sappiamo delle malattie e dei nostri morti, conosciamo bene l’omertà di chi è ricattato e vive quotidianamente con i militari in casa, sappiamo che non esiste un registro tumori e che si occultano verità in nome del segreto militare. Lo Stato Italiano cambia le leggi per sottrarsi ai propri doveri nei confronti dei territori occupati dai militari e sappiamo che la magistratura cerca continuamente di insabbiare le poche denunce dei civili contro le basi e contemporaneamente collabora con le forze armate per criminalizzare il movimento antimilitarista.
Sappiamo anche che tutto questo serve a rafforzare la Fortezza Europa, depredare altri territori e risorse, oliare il business degli armamenti, difendere gli interessi di poche persone a costo di molte morti e vite spezzate.

Vogliamo portare la nostra solidarietà alle comunità che da anni si oppongono alla presenza militare e alle nostre compagni e compagne antimilitariste indagati recentemente per la loro militanza.
Vogliamo dire ai signori e alle signore della guerra che noi non ci riconosciamo nella cultura dello Stupro, le basi militari devono essere chiuse e i militari se ne devono andare.
I nostri corpi e la terra che con essi attraversiamo non sono luoghi di conquista: scegliamo di farne luoghi di resistenza.

L’8 MARZO SCORDA LE BASI!

Concentramento l’8/3/2020 h:10:30 al parcheggio di Porto Pino.

Sono gradite improvvisazioni femministe situazioniste, saltimbanche, tamburelliste, elettriciste, corali, sferruzzanti, performative, contributi a sentimento

Indossa scarpe comode, porta con te pranzo al sacco e acqua. Il percorso è su sterrato e sabbia.


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