Via i militari dal Carso!
Dalla rotta Balcanica arrivano a Trieste ogni giorno molte persone. Di queste, poche hanno interesse a fermarsi in Italia, la maggior parte invece prosegue per altri Paesi europei. Per arrivare, queste persone fanno un viaggio terribile, di durata variabile tra uno e i dieci anni, molti sono giovanissimi e giovanissime. Il viaggio ha il suo collo di bottiglia ai confini in Croazia, ai confini con Bosnia e Serbia. Ormai da anni, infatti, sia la Croazia sia la Slovenia, con il supporto di tutti gli altri Paesi europei, hanno iniziato a violare gli stessi accordi europei, deportando chiunque riescano a scovare sul proprio territorio e negandogli il diritto d’asilo. Questi respingimenti sono brutali, le persone vengono picchiate, derubate, terrorizzate a scopo deterrente (molti racconti diretti di queste violenze si possono trovare qui). Quindi, ognuna di queste persone è costretta a provare più e più volte prima di riuscire finalmente ad arrivare a Trieste, dove purtroppo da quando sono iniziate le “riamissioni informali” in Slovenia non possono nemmeno più sentirsi al salvo. “Le riammissioni” da Trieste infatti, a differenza di quanto riportano i vari politici e prefetti, sono delle pratiche orride, le persone vengono sì “riammesse” in Slovenia, ma in una caserma, da dove poi vengono inserite in una catena di respingimenti, accordati tra gli Stati in modo informale, che in poche ore li riporta al collo di bottiglia da cui sono partiti. Non è ancora chiaro su che base a Trieste vengano eletti gli sfortunati richiedenti asilo da “riammettere” e quelli da tenere, sono stati infatti già “riammessi” sia ragazzini minorenni sia persone provenienti da qualsiasi nazione. Le persone che arrivano qui provengono infatti da Paesi da dove è molto difficile emigrare legalmente: l’Italia fornisce visti di ingresso solo per una minoranza della popolazione, spesso corrispondente alla parte ricca, privilegiata e con potere di quelle società.
Chi arriva a Trieste e non viene fermato prima spesso giunge alla stazione dei treni dove ogni sera da mesi trova la solidarietà, la sorellanza, il supporto e la cura delle attiviste e degli attivisti di Linea d’Ombra e della Strada Si.Cura.
Da qualche giorno però arrivano poche persone alla piazza della stazione di Trieste e abbiamo scoperto che sul “Sentiero dell’amicizia” che da Bagnoli (Boljunec) porta al confine martedì correvano militari armati (nella foto sotto), che perlustravano sulle camionette la piazza e i dintorni dei paesi, ma raramente si erano spinti sui sentieri. Ci siamo chiesti se gli amministratori regionali e locali volessero le strade “pulite” per la Barcolana e avessero per questo intensificato la presenza di cacciatori di uomini e donne sul confine. Non è ancora chiaro, forse si trattava di un’esercitazione di orienteering degli alpini di Banne, racconta qualcuno in paese, forse invece è giusto il nostro sospetto, pensa qualcun’altro.
Oggi a Bagnoli è stato volantinato alla scuola e distribuito nelle cassette delle lettere di gran parte del paese un volantino (Slo Ita), prodotto quando Salvini voleva riempire di filo spinato il Carso, ma che purtroppo rimane più che mai attuale con il PD al governo.
Pericoloso per noi è incontrare pattuglie armate nei boschi. I territori sicuri li fanno le persone che ci abitano attraverso la solidarietà e le persone che ci camminano, per qualsiasi ragione.