Da junge Welt
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Il Presidente USA Donald Trump dà il via libera a un ingresso turco in Siria del nord. Acuto pericolo di guerra in Rojava
Di Nick Brauns
Un ingresso dell’esercito turco e delle sue truppe di mercenari jihadisti nella zona di autogoverno nella zona nordorientale della Siria Rojava è imminente. Secondo quanto riferito dall’agenzia stampa Hawar News, lunedì mattina gli USA hanno ritirato le loro truppe dalle città di confine Serekaniye (Ras Al-Ain) e Tel Abjad. In precedenza, il Presidente USA Donald Trump in una telefonata con il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan, aveva dato al partner della NATO il via libera per l’ingresso nelle zone a est dell’Eufrate in Siria del nord. “La Turchia presto procederà con la sua operazione in Siria del nord pianificata da tempo”, ha fatto sapere la Casa Bianca in un comunicato stampa.
La Turchia vuole costituire una “zona di sicurezza” lungo l’intero confine turco-siriano nella parte del territorio siriano abitata in prevalenza da curdi, insediare lì profughi arabo-siriani e “ripulire da terroristi” la zona. Considera tali le Forze di Difesa del Popolo e delle Donne YPG/YPJ curde e l’alleanza militare multietnica delle Forze Democratiche della Siria (FDS) creata intorno a loro, che con circa 11.000 caduti hanno pagato il prezzo di sangue più alto nella lotta contro “Daesh/Stato Islamico” (IS).
Finora gli USA, attualmente ancora di stanza in Siria del nord con circa 1.000 uomini, hanno sostenuto le FDS nella lotta contro IS. Sia rappresentanti dell’Amministrazione Autonoma sia il Ministero della Difesa USA in proposito hanno ripetutamente sottolineato che non si trattava di una cooperazione politica, ma soltanto tattico-militare tra le milizie (con la loro concezione socialista prevalente almeno nelle file delle YPG) e la superpotenza imperialista.
La Casa Bianca ora ha dichiarato che l’esercito USA “non appoggerà né sarà coinvolto” nell’offensiva turca. Piuttosto i soldati USA dopo la “vittoria territoriale sul califfato IS” non saranno più presenti nelle immediate vicinanze. Di fronte alle città di confine abitate in prevalenza da arabi di Serekaniye e Tel Abjad, che le milizie curde e i loro alleati arabi negli anni 2013 e 2015, in combattimenti con molte vittime, avevano liberato dalla propaggine siriana di Al-Qaida “Al-Nusra” e nel 2015 da IS, è posizionata una gran parte delle truppe di invasione.
Nella dichiarazione della Casa Bianca si afferma inoltre che Francia, Germania e altri Stati europei si sarebbero rifiutati di far rientrare nei propri Paesi combattenti di IS fatti prigionieri. Il contribuente USA non pagherebbe più per anni i costi per questi prigionieri. Per questo d’ora in avanti per loro sarebbe responsabile la Turchia. Diverse decine di migliaia di jihadisti e le loro famiglie, attualmente, si trovano in carceri e campi nel nordest della Siria sorvegliati dalle FDS. Già nel fine settimana il portavoce delle FDS Mustafa Bali su Twitter aveva annunciato che anche nel caso di un “ingresso limitato” verrebbe data risposta sull’intera linea di confine lunga diverse centinaia di chilometri. Dato che nel caso di un attacco turco tutte le loro truppe dovrebbero essere spostate sul confine, sussisterebbe pericolo di una fuga di massa dai campi di prigionia.
Nel Campo Al-Hol nei pressi di Hasaka, donne di IS già ora hanno conquistato il controllo su parti del campo e nelle scorse settimane ripetutamente sono stati assassinati residenti del campo. È documentato che la Turchia ha cooperato per anni con IS, che solo grazie al mantenimento dell’apertura del confine turco-siriano per gli jihadisti stranieri e forniture di merci e di armi, ha potuto costituire il suo califfato. Di fronte a questo scenario l’annuncio di Trump non significa altro che consegnare alla Turchia un nuovo esercito mercenario di decine di migliaia di combattenti.
Il governo turco, dopo un’occupazione della Siria del nord progetta di insediarvi una gran parte dei 3,5 milioni di profughi siriani in oltre 100 città da costruire. Dal punto di vista di Erdogan, in questo modo si potrebbero prendere due mosche con un colpo solo. Da un lato i profughi, la cui presenza di fronte allo scenario della crisi economica incontra il crescente malumore di parti della popolazione turca, lascerebbero il Paese. Dato che sostanzialmente si tratta di arabi che non provengono affatto dalla Siria del nord, con il loro insediamento si potrebbe modificare la demografia a sfavore della popolazione curda e creare una “cintura araba” tra la popolazione curda della Turchia e quella della Siria. E infine Erdogan spera in aiuti finanziari internazionali che regalerebbero un nuovo boom all’edilizia, fortemente legata al partito di governo AKP.
L’Amministrazione Autonoma del Rojava ha invece dichiarato di voler accogliere solo quei profughi che effettivamente provengono da questa regione.