Tratto dal numero del “Seme anarchico” n°31, giugno 2018
Negli ultimi decenni si è formato un concetto del tutto nuovo sull’evento bellico. E’ definitivamente tramontata, con la caduto del muro, la netta contrapposizione ideologica tra i due mondi per fare spazio ad una polverizzazione dei conflitti dove l’elemento ideologico è meno chiaro e visibile. Se nell’epoca “pre muro” i valori corrispondevano a due diversi (o presupposti tali) modelli sociali ed economici, ora bisogna riscoprire altri valori che possono giustificare la necessità di una struttura militare e la sua messa in campo. Nella ricerca di tali valori ha sempre più preso piede la concezione che la “democrazia” sia l’unico modello possibile, anzi preferibilmente “esportabile”, e quindi la colpa dei conflitti deriva da quegli stati o aggregazioni sociali che non condividono il modello democratico e che prendono il nome di “autoritarismo”. Da qui il binomio democrazia-pace autoritarismo-guerra. l’intervento bellico diventa quindi necessario ed indispensabile per “garantire la pace”. Scolora del tutto nel vocabolario e nella percezione comune la parola guerra per far posto ad altri vocaboli che ormai sono entrati nel linguaggio comune quali, operazioni di peacekeeping, operazioni a “bassa intensità” o ”operazioni chirurgiche” da attuarsi sotto il profilo tecnico militare attraverso strumenti sempre più sofisticati a costosi. Nell’immaginario la guerra diventa una “operazione di polizia” e qui entra in gioco il concetto della sicurezza. Continue reading