Monthly Archives: Maggio 2015

Guerra all’immigrazione. Pronta la missione UE

Tratto da Radio Blackout:

I ministri degli esteri dell’Unione europea hanno deciso di lanciare una missione navale contro gli scafisti. Si chiamerà Eunavfor Med, avrà sede a Roma e sarà comandata dall’ammiraglio italiano Enrico Credendino. Il mandato iniziale della missione, che potrebbe partire entro la fine del mese prossimo, sarà di un anno e per la fase di avvio dei primi due mesi il consiglio dei ministri dell’Ue ha previsto di spendere 11,82 milioni di euro. Il testo approvato stabilisce di procedere subito con l’identificazione e il monitoraggio dei network dei trafficanti attraverso la raccolta delle informazioni e la sorveglianza delle acque internazionali.

L’azione potrebbe essere rafforzata una volta ottenuto il consenso delle Nazioni Unite. Senza l’autorizzazione dell’Onu, la missione navale europea non avrà il mandato di sconfinare nelle acque territoriali e nello spazio aereo della Libia né potrà intervenire sulle coste libiche per colpire le imbarcazioni.

Le navi impegnate nell’operazione – l’Italia è il paese che ne mette in campo di più – avranno a bordo oltre duemila incursori di Marina, truppe di sbarco, destinate ad un impiego di terra. Facile immaginare una possibile escalation bellica dell’intera operazione.

Il documento di 19 pagine preparato per i ministri dell’Ue prevede infatti diverse fasi. Dopo un primo momento in cui la flotta sarà impegnata nel monitoraggio, nella seconda e nella terza l’obiettivo sarà l’individuazione, la cattura e la distruzione delle navi dei trafficanti. I tempi di passaggio dalla prima alla seconda fase sono difficili da prevedere perché sia il mandato ONU che l’approvazione delle autorità libiche sono tutt’altro che scontate.

Nei fatti si ritorna al 2009, quando, in un quadro legislativo solo italiano venne effettuata un’azione di pattugliamento e di respingimento in mare dei barconi di profughi e migranti. In quell’occasione migliaia di uomini e donne vennero rimandati in Libia, dove li attendeva il carcere, le torture, gli stupri ed i ricatti. L’ascaro Gheddafi si mise al servizio degli ex occupanti italiani per un mucchio di soldi.
L’Italia incassò senza batter ciglio la condanna della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per trattamenti inumani e degradanti inflitti ai richiedenti asilo. L’alto commissariato per i rifugiati – presieduto dall’attuale presidente della Camera – protestò per i respingimenti collettivi. Ma i respingimenti e le morti in mare continuarono finché migranti e profughi intrapresero nuove strade. La guerra del 2011 riaprì la rotta libica, con il suo corollario di morti annegati e “emergenze” sbarchi.

Questa volta la missione vede in prima fila l’UE, che ha trovato un accordo sulla missione militare, ma è spaccata sulle “quote” di accoglienza ai profughi. Giorno dopo giorno si moltiplicano i dietrofront.

Durante un vertice straordinario lo scorso 23 aprile, i leader dell’Unione europea avevano preso la decisione di “identificare, catturare e distruggere le imbarcazioni prima che siano usate dai trafficanti”. Secondo l’Unhcr, l’agenzia dell’Onu che si occupa di rifugiati, dall’inizio dell’anno sono arrivati in Europa 51mila migranti attraverso il Mediterraneo, di cui 30.500 sono sbarcati in Italia. Circa 1.800 persone sono morte in mare.

Per ascoltare l’intervista fatta da Radioblackout ad Alessandro Dal Lago:


Nuovo caso Marò

Nuovo caso Marò: profughi siriani perquisiti e depredati dei loro averi durante Mare Nostrum

25 e 26 ottobre 2013. Una nave di uomini travisati ed armati fino ai denti avvista un vecchio mercantile isolato in alto mare. Si dirige verso il natante e lo abborda, facendone riunire in una stanza gli atterriti passeggeri e le loro famiglie. Questi vengono poi fatti inginocchiare verso il mare e perquisiti separatamente ad uno ad uno; i loro averi, per un valore totale di circa 35.000 euro e 26.000 dollari USA – in denaro contante ed effetti personali, tra cui una fede nuziale – vengono gettati dentro sacchi neri. Gli occupanti del mercantile vengono poi fatti salire sull’altra nave e deportati verso le basi degli incursori sulla terraferma.

Ordinarie attività di pirateria al largo delle coste somale? No, Operazione Mare Nostrum nelle acque mediterranee a 45 miglia di distanza da Lampedusa. Ed a compiere “esercizio della navigazione col fine di depredare per lucro privato” (come letteralmente vengono definite le imprese della filibusta da uno dei più comuni dizionari italiani) sarebbero stati 8 marò della Brigata San Marco secondo Reggimento Brindisi, di stanza sulla nave Chimera; mentre le vittime sono un centinaio di profughi di nazionalità siriana, poi condotti a Porto Empedocle. Ennesimo supplizio inferto ad una popolazione martoriata e costretta alla fuga dal proprio paese da oltre quattro anni di guerra per procura – combattuta sul suolo siriano da milizie mercenarie ed integraliste, al soldo dalle potenze petrolifere di entrambi i lati del Golfo Persico e dai loro padrini globali USA e Russia.

L’ipotesi contestata dalla Procura Militare di Napoli al sergente Massimo Metrangolo è di peculato militare aggravato e violata consegna, accusa quest’ultima rivolta anche a sette suoi commilitoni che lo hanno coadiuvato. Contrappasso ironico, nella sua tragicità, per una forza militare crescentemente deputata negli ultimi anni a salvaguardare le proprietà private dei grandi armatori e spedizionieri lungo le rotte marittime. Anche se il conto, come nell’emblematico caso dei marò Latorre e Girone, è pur sempre pagato da una collettività imbonita (o incattivita, se preferiamo) dalle retoriche dell’ “orgoglio nazionale”.

Imbarazzante il silenzio di testate solitamente prodighe di dissertazioni etiche ed estetiche sulla condizione migrante, di stigmi etnici e religiosi, di vittime e capri espiatori – persino sul Fatto Quotidiano di venerdì scorso la notizia ha trovato spazio solo nel trafiletto di una pagina sportiva, mentre su Repubblica è stata liquidata con un paio di righe nel corpo di un articolo di tutt’altra tensione emotiva. Segno di un mainstream precipitato ai livelli di attendibilità e strumentalità di Mattino Cinque – e duttilissimo nel riconvertire la propria grancassa, buonista o xenofoba a seconda della parrocchia di turno, ad impenetrabile muro di gomma.


La Sardegna non vuole più essere una base militare nel Mediterraneo

Tratto da radio Blackout:

Dopo le manifestazioni della fine del 2014 che hanno mobilitato molti cittadini sardi che richiedevano la fine delle servitù militari e soprattutto la chiusura dei poligoni di tiro con lo strascico di malattie che si portano dietro, dopo blocchi stradali che ritardano le esercitazioni e impediscono che i carri armati circolino imudemente lungo le strade dell’isola, si è pensato di dare un respiro più ampio alla protesta conrto l’occupazione manu militari della Sardegna, indicendo un corteo a Decimomannu l’11 giugno a carattere nazionale e perciò due compagni hanno intrapreso un tour in cui illustrano lungo tutta la penisola i motivi della mobilitazione.

Per ascoltare l’intervento del compagno sardo su Radio Blackout premere qui sotto:


Il nemico alle spalle: il canto popolare contro la Grande Guerra

Il nemico alle spalle: il canto popolare contro la Grande Guerra.

Vol. 1: tra il Masetti e il Luisin

Che cosa si cantava in Italia alla vigilia della Grande Guerra? Inni socialisti e anarchici, parodie delle canzoni ufficiali del colonialismo italiano e soprattutto canti popolari di provenienza risorgimentale: un repertorio che ben esprimeva un immaginario antimilitarista antico e ben radicato nelle classi subalterne italiane, trascinate verso un massacro inutile e insensato.

In questa rubrica, curata da radiocane e Lorenzo Valera, si cercherà di prestar ascolto a una delle tante forme con cui si esprimeva il “no” alla Grande Guerra, quella del canto popolare, dove risuonano innumerevoli atti e parole di sofferenza, insubordinazione e ribellione. Sepolti dalla censura durante il conflitto, dalla retorica apologetica del ventennio in camicia nera e dal patriottismo tricolore della Repubblica, i canti contro la guerra sono riusciti ad arrivare fino a noi per dirci che spesso disobbedire è un imperativo morale.

Interpretazioni originali a cura di Lorenzo Valera e Livia Brambilla. Per info e contatti: blukington.alekos.net

Per ascoltare il contributo su Radio Cane:


Contributo per il corteo del 11 giugno a Decimomannu

Per scaricare il contributo premi qui sotto:

FERMIAMO LA STAREX


Corteo a Decimomannu contro la Starex

volantino-a5-11-giugno


Stop Starex in Sardegna-Iniziativa a Trento

STOP STAREX

11 GIUGNO 2015
CORTEO ANTIMILITARISTA IN SARDEGNA INTORNO ALL’AEROPORTO MILITARE DI DECIMOMANNU (CA)
Dallo scorso autunno ha ripreso slancio la lotta antimilitarista in Sardegna.
Nuove pratiche di lotta hanno portato a blocchi delle esercitazioni, rallentamenti dei convogli militari, cortei dentro e fuori le basi. La rete NO BASI NE’ QUI NE’ ALTROVE ha deciso di fare una chiamata per giugno per contrastare un’ importante esercitazione militare. La STAREX (Sardinia Tactical Air Rrange Exercise) è la più importante esercitazione aerea che si svolge in Sardegna. Dal 9 al 12 giugno, un gran numero di velivoli, prevalentemente dell’aeronautica italiana e tedesca, decolleranno dall’aeroporto di Decimomannu per allenarsi alla guerra nei poligoni di Capo Frasca, Teulada e Quirra. In passato le esercitazioni Starex, Spring Flag e Star Vega prepararono la NATO agli attacchi in Afghanistan,
Iraq e Libia e diedero ampio spazio alle forze aeree israeliane, di cui conosciamo i disastri nella Striscia di Gaza e in Libano.
NO BASI NE’ QUI NE’ ALTROVE
VENERDì 15 MAGGIO
ORE 18 APERITIVO
ORE 20 DIBATTITO
ASSILLO OCCUPATO VIA MANZONI, TRENTO
CHIACCHIERATA CON DUE COMPAGNI SARDI SUI RECENTI SVILUPPI DELLE LOTTE ANTIMILITARISTE E PRESENTAZIONE DEL CORTEO DELL’11 GIUNGO