Author Archives: romperelerighe

Torino: Antimilitarist day, controinformazione lotte in Sardegna

Il 28 Aprile all’Edera Squat si terrà una giornata di dibattito, controinformazione e proiezioni sul tema dell’Anti-militarismo Sardo.

Il ricavato di cena e bar andranno a sostegno della Cassa Antirepressione sarda e del collettivo A Foras

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Trento: …il tricolore ingoiatelo…

 


Non me ne frega un cazzo del tuo tricolore io non ne posso più, non ne sopporto l’odore
Non mi sento più uomo con in mano una bandiera il tricolore ingoiatelo.

Testo “Il Tricolore” de I Fichissimi

 

Tra 11 e il 13 maggio a Trento si svolgerà l’annuale Adunata Nazionale degli alpini. Per chi non l’ha mai vissuta sono tre giorni in cui centinaia di migliaia di uomini ubriachi, maneschi e sessisti se ne vanno per le strade della città che subisce la loro calata. Canti, striscioni, punti di raccolta, tricolori ovunque, retorica nazionalista, punti vendita di cianfrusaglie di colore verde, penne nere, insomma tutto il carrozzone che ruota attorno agli alpini ed all’Italia viene pompato ai massimi livelli.

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Spezzone femminista al corteo contro Eni, devastazioni e guerre

Tratto da roundrobin.info


Guerra tecnica

Tratto dal foglio anarchico “Frangenti” n°23

La contemporaneità ha prodotto un’altra idea di guerra: quella vissuta come minaccia, fatta a grappoli e usata, come inizio, per intimidire. Una guerra del tutto tecnologica. Senza l’elemento tecnico non si potrebbe pensarla e attuarla nei termini del mordi e fuggi, come abbiamo visto pochi giorni fa in Siria. Una guerra di precisione: dal giardino guerrafondaio di Washington, di Parigi e di Londra si possono sterminare migliaia di vite e devastare luoghi. La forza monolitica di informatizzare gli strumenti di guerra, attraverso la proliferazione dell’informatica e dell’elettronica, è un passo che ormai dalla guerra in Iraq e in Afghanistan non detta più i tempi degli eserciti, ma l’azionamento di un pulsante. A pulsante, si risponde morte. Continue reading


Francia: Diario di bordo

Tratto da finimondo.org
Una progettualità per far fronte alla guerra (e alla pace)
Sulla necessità di bussole
Troppo spesso pensiamo alle nostre idee come a pilastri conficcati in un terreno inamovibile. Ma il terreno il più delle volte è solido solo in apparenza. Basta che cambino le condizioni, che la terra diventi melmosa o che l’acqua salga, perché il terreno solido si riveli mobile e i nostri amati pilastri si affloscino come castelli di carta. A quel punto il panico ci assale, e noi cominciamo a correre da un’alleanza indigesta ad un’altra ancora più improbabile, mentre i nostri concetti che reputavamo tanto solidi si fanno gelatinosi, trasformandosi in pasta da modellare, e in poco tempo anche noi diventiamo ciò di cui abbiamo sempre avuto orrore: semplici pedine su una scacchiera che non comprendiamo. È successo a numerosi anarchici quando è scoppiata la Prima Guerra mondiale, è successo agli anarchici spagnoli trascinati da una situazione rivoluzionaria ad una guerra in piena regola, è successo a tantissimi rivoluzionari coinvolti nei giochi geopolitici della Guerra Fredda, e succederà lo stesso anche domani.
Allora, piuttosto che pilastri in un terreno per nulla stabile, consideriamo le nostre idee come bussole che ci consentano di orientarci. Da anarchici, lottiamo contro ogni potere, sia esso sanguinario o tollerante, democratico o dittatoriale, senza cercare di associarci a nessuna delle parti di un potere contro un altro. Una barricata ha solo due lati, e quando non è la nostra non c’è un lato dove possiamo stare. Ecco perché è fondamentale disporre di queste bussole-idee, e anche approfondirle, perché è proprio in situazioni particolarmente tese che occorre utilizzarle. Certamente è più facile rifiutare ogni rapporto con gli autoritari quando la morte o la prigione non sono in agguato (per quanto gli opportunisti non lo disdegnino affatto), piuttosto che rifiutare in una situazione di guerra un’alleanza militare con un esercito quando le persone cadono attorno a noi sotto le bombe di un’aviazione spietata. Una situazione di guerra può mettere il nostro anarchismo a dura prova, e proprio come tanti compagni (spesso minoritari) non hanno rinunciato né alla propria etica né alle proprie idee nelle peggiori condizioni, è necessario oggi ricominciare ad approfondire quello che è il nostro anarchismo, se non vogliamo ritrovarci a naufragare… molto presto.

4 maggio 2018, Giornata pro – forze armate nelle scuole del Veneto

Riceviamo e diffondiamo:

Si intensifica la campagna di “occupazione militare” delle scuole italiane. Il prossimo 4 maggio, 157° anniversario della nascita dell’Esercito italiano, in tutti gli istituti scolastici della regione Veneto si terrà una “giornata di riflessione e sensibilizzazione sul ruolo delle forze armate nel nostro Paese”. Lo ha annunciato l’assessora regionale alla scuola e alla formazione Elena Donazzan, a conclusione di un incontro a Padova con il gen. Paolo Serra, a capo del Comando Forze Operative Nord (COMFOPNORD) dell’Esercito.

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Robot militari, la faccia nera del “progresso tecnologico”

Pubblichiamo questo articolo apparso su contropiano.org.

I temi trattati sono una parte importante della critica alla guerra e ad una sua opposizione concreta, anche se troviamo limitata la critica alla tecnologia e sull’opposizione alla guerra. Allo stesso tempo ci fa capire un po meglio alcuni processi dell’avanzamento della tecnologia militare e delle opposizioni etiche da parte di migliaia di lavoratori e studiosi.

 

La paradisiaca strada della tecnologia può condurre facilmente all’inferno. Soprattutto quando si tratta di automazione.

L’interesse fondativo di ogni ricerca in questo caso è di una semplicità assoluta: risparmiare lavoro umano, trasferendo una serie crescente di competenze (il termine è un mantra della “buona scuola” e dovrebbe far riflettere sul punto d’approdo di quella riforma) dal corpo umano alle macchine.

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Brescia: Leonardo specializzati in pulizie etniche

Tratto da earthriot.altervista.org
La guerra è senza dubbio il primo tra gli strumenti utilizzati da stati e multinazionali per ottenere il dominio sulle terre, il controllo e la prevaricazione dei popoli e del vivente in generale.

Un processo che storicamente vede le banche rivestire una parte da protagonista, sia come finanziatrici e sostenitrici dei conflitti bellici che come prime beneficiarie di quello che è un business condotto sulla pelle delle persone.
Tra le più conosciute Unicredit e Deutsche Bank, si fa spazio la banca Valsabbina (presente sopratutto in Lombardia e Veneto) che veste un ruolo centrale nell’esportazione di armi all’estero, in buona parte destinate ad armare le milizie di Erdogan.

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Yemen, servi e colera

Tratto dal numero 0 della rivista NurKùntra Marzo, 2018

 

 “Ascoltando, infatti, i gridi di allegria che salivano dalla città, Rieux ricordava che quell’allegria era sempre minacciata: lui sapeva quello che ignorava la folla, e che si può leggere nei libri, ossia che il bacillo della peste non muore né scompare mai, che può restare per decine di anni addormentato nei mobili e nella biancheria, che aspetta pazientemente nelle camere, nelle cantine, nelle valigie, nei fazzoletti e nelle cartacce e che forse verrebbe giorno in cui, per sventura e insegnamento agli uomini, la peste avrebbe svegliato i suoi topi per mandarli a morire in una città felice.”

La Peste – A. Camus

 

Da marzo 2015 la guerra imperversa sullo Yemen causando decine di migliaia di morti, milioni di sfollati, feriti e distruzioni, devastando in maniera sistematica il paese, già considerato uno dei più poveri del mondo. Il tutto ha inizio con l’intervento dell’Arabia Saudita insieme a una coalizione di stati sunniti, Egitto, Kuwait, Qatar, Sudan e Pakistan, in difesa del governo yemenita di Mansur Hadi contro i ribelli Ansarola, houthi, un gruppo armato sciita nato nel ’92; coalizione capeggiata dai sauditi per il timore che una vittoria degli sciiti nello Yemen potesse creare slancio fra le minoranze anti sunnite, mettendo in pericolo le petromonarchie arabe e quella saudita in primis. Continue reading


I bulloni di Domusnovas

Antonio ha due figli meravigliosi, vanno a scuola e sono i primi della classe, li ama e tutte le mattine, prima di andare a lavorare, il suo cuore, quando li accarezza, palpita di un qualcosa di bellissimo e indescrivibile, prima che loro vadano a scuola, dove sono i primi della classe; Antonio mentre percorre la strada che lo accompagna alla fabbrica, sorride, è felice, ha un lavoro sicuro e due figli amorevoli. Ahmed è sempre triste, il suo viso non conosce il sorriso e i suoi occhi sono sempre gonfi di lacrime, ha quattro figli, di cui due dal fisico martoriato, ad uno manca una gamba da sopra il ginocchio e l’altro ha il viso sfregiato da diverse schegge di un bullone, è ceco e la faccia fa ribrezzo a vederla, anzi fa quasi schifo.

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