Category Archives: Contributi antimilitaristi

Aggiornamenti sul caso di Ilya Eduardovich Romanov dalla Russia

 

 

Segue il testo distribuito durante l’evento svolto al Centro Sociale Occupato VOX, a Exarchia (Atene) il 15 novembre 2013, riguardante il compagno Ilya Romanov:

 

Libertà per l’anarchico Ilya Romanov

 

Domenica 27 ottobre 2013 di buon mattino, è esploso un congegno esplosivo dietro all’edificio dell’ufficio di reclutamento nella città russa di Nižnij Novgorod amputando la mano sinistra del compagno che ha tentato l’azione. Sanguinante, il compagno si è diretto da solo all’ospedale più vicino, e poco dopo è stato arrestato dalla polizia.

 

Appena dopo l’arresto all’ospedale, la polizia ha irrotto in casa sua, confiscando vari libri, computer, tutte le lettere degli anni passati in carcere e “residui chimici sconosciuti”. Il compagno si è ferito anche al volto e all’occhio sinistro, ma per fortuna sono ferite lievi. Per quanto riguarda la mano, i dottori non sono riusciti a salvare nemmeno un dito, ed è stato necessario amputargli tutta la mano. Giorni dopo, è uscito dal reparto intensivo ed è entrato, nella stessa clinica, in un altro reparto, attentamente sorvegliato dalla polizia fino ad oggi. Per ora, pendono le accuse di “rifornimento, traffico e possesso illegale di armi esplosive” sebbene sia stato poi cambiato in “fabbricazione di congegni esplosivi”. Continue reading


L’anarchico Ilya Romanov ferito dall’esplosione di una bomba davanti a ufficio reclutamento dell’esercito

Ilya Romanov, un anarchico russo di 46 anni, è rimasto ferito il 26 ottobre 2013, quando una bomba artigianale gli è improvvisamente esplosa in mano. L’incidente è avvenuto nelle vicinanze di un edificio in cui hanno sede gli uffici di reclutamento [in Russia c’è la coscrizione obbligatoria, NdT] dell’Esercito russo.
La polizia locale ha affermato che l’ordigno artigianale è esploso nelle mani dell’anarchico nelle prime ore del mattino di sabato. La sua mano sinistra è stata asportata. Il compagno è stato ricoverato in ospedale.
Ilya Romanov è stato interrogato dalla polizia. Ha sostenuto che l’“ordigno esplosivo artigianale” era in realtà un petardo.
I mass media hanno subito parlato della perquisizione dell’appartamento di Ilya da parte della polizia, che avrebbe portato al ritrovamento di “letteratura estremista” e di svariati reagenti chimici usati per la fabbricazione di ordigni esplosivi.
Un’altra fonte, però, sostiene che le polizia non ha trovato nulla di compromettente durante la perquisizione e gli sbirri avrebbero sequestrato una lattina per bibite vuota, qualche pezzo del microscopio della figlia sedicenne di Ilya ed un barattolo di latta contenente una sostanza bianca non identificata. La polizia ha però sequestrato un archivio di stampa sovversiva e delle lettere personali di Ilya (fra cui delle lettere del periodo che ha passato in prigione, dal 2002 al 2012), il suo computer portatile e la carta d’identità.
Ilya Romanov era già stato arrestato nel 2002 ed ha passato 10 anni in prigione. Le accuse contro di lui includevano delle rapine a gioiellerie e agenti di cambio, traffico di armi leggere ed un attacco alla bomba contro un ufficio del SBU (servizi segreti dell’Ucraina, derivati dalla sezione ucraina dell’ex KGB) in Ucraina. Ilya aveva negato ogni accusa e sostenuto di essere stato torturato sia psicologicamente sia fisicamente durante la detenzione preventiva. Ha fatto uno sciopero della fame e si è tagliato le vene in tribunale. È stato liberato nel dicembre 2012.

traduzione da fromrussiawithlove.noblogs.org


STOP INFOWAR: fuori la guerra dall’università!

http://officinafisica.noblogs.org/2013/05/31/stop-infowar-fuori-la-guerra-dalluniversita/


No Muos – Tre giorni di Lotta!

Manifesto


Mostra antimilitarista

Mostra antimilitarista che ha accompagnato le proiezioni di aprile presso il Circolo anarchico di Lecce

Guarda la mostra

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La multinazionale della morte

Napoli sin dalla sua fondazione è stata considerata un sito strategico di vitale importanza per gli equilibri politico-militari dell’area del Mediterraneo. Non a caso, nei suoi 2500 anni di vita, la città ha visto l’avvicendarsi di decine di eserciti invasori che hanno lasciato tracce indelebili nel tessuto urbano e sociale. Ultimi in ordine cronologico gli Americani, che già dal primo dopoguerra vi si sono installati con varie basi militari.
Nel quartiere di Bagnoli, agli inizi degli anni 50, è stata costruita una cittadella che ospitava il comando delle forze alleate del sud Europa (AFSOUTH) e sull’isolotto di Nisida nel 1971, a poca distanza in linea d’area da Bagnoli, ha trovato posto la base navale del Comando Marittimo Alleato (NAVSOUTH).
Vogliamo ricordare che da questi due siti sono state pianificate e coordinate “importanti” azioni militari come l’invasione dell’Iraq, l’operazione “Unified Protector” in Libia e la missione “Active Endeavour” per il contrasto al terrorismo e al traffico d’armi.
Da qualche mese a questa parte queste due aree sono state dismesse e trasferite nel nuovo comando della NATO denominato JFC Naples (Joint Force Command) che si trova nella località di Lago Patria a poche decine di chilometri da Napoli. Una megastruttura che ospita 2300 tra militari e civili di 22 paesi della NATO. Ha un’estensione di 33 ettari e ospita 9 corpi di fabbrica con una stazione satellitare e un centro operativo ad alta tecnologia che gestisce il funzionamento dell’intera struttura e non solo, come vedremo in seguito. Continue reading


Antimilitarismo a Lecce

Il 19 aprile 2013 è stato emesso il giudizio di Appello presso il Tribunale di Lecce per alcuni anarchici salentini che nel 2010, in primo grado, erano stati condannati a un anno di reclusione per resistenza a pubblico ufficiale. Avevano rimediato tale accusa per aver esposto uno striscione antimilitarista durante un concerto, difendendolo dal tentativo della Digos di strapparlo via. Il verdetto di Appello è stato di assoluzione per tutti.

Segnaliamo che l’11 aprile 2013 un gruppo di antimilitaristi ha contestato in piazza Sant’Oronzo a Lecce, con uno striscione, volantini e interventi al megafono, una manifestazione di alcune associazioni a favore dei marò Girone e Latorre. Negli interventi, è stata anche ricordata la vicenda che ha portato al processo per lo striscione.
Il giorno prima, c’è stato un intervento di contestazione al Festival del Cinema Europeo a Lecce, nella sezione dedicata ai “Rapporti fra Puglia e Israele”, dove era ospite, fra gli altri, la responsabile alla cultura dell’ambasciata israeliana in Italia: con megafono, striscione e volantini è stata espressa solidarietà ai palestinesi oppressi da Israele (che, tra l’altro, pare non esistano per i documentari proiettati nella rassegna), e ricordato che a Gagliano del Capo (LE) si progetta l’installazione di una antenna radar anti-migranti di fabbricazione israeliana (testata da Israele nel controllo dei territori occupati in Palestina e poi esportata nel resto del mondo). Qui da noi dovrebbe intercettare le imbarcazioni, anche piccole, per gli sbarchi dei “clandestini”.

Un nemico del militarismo


Mostra contro i marò

Mostra marò


Volantino distribuito durante il presidio antinazionalista a Trento il 6 aprile

Volantino marò Trento-[06.04.2013]

 

MARÒ: MERCENARI ASSASSINI

 Il 15 febbraio 2012, due marò erano imbarcati con altri quattro fucilieri del Battaglione San Marco della Marina Militare Italiana sulla petroliera Enrica Lexie, in rotta verso l’Egitto al largo della costa Sud-Occidentale dell’India. La petroliera si trovava a 20,5 miglia nautiche dalla costa indiana (cioè in acque territoriali). Il peschereccio St. Antony, avvicinatosi alla petroliera, viene fatto oggetto di colpi di arma da fuoco e vengono uccisi a sangue freddo due pescatori: Ajesh Pinky (25 anni) Selestian Valentine (45 anni). Sedici fori di proiettili Beretta, in dotazione ai marò, sono stati rinvenuti sul St. Antony. Gli unici fucili con il caricatore non pieno, fra tutti i fucilieri imbarcati sull’Enrica Lexie, sono quelli dei due marò accusati di omicidio. Il fatto che ci troviamo davanti a due assassini che hanno ucciso brutalmente due pescatori è talmente evidente che perfino la difesa dei due militari italiani non mette in discussione la ricostruzione della vicenda. Questi due militari sono stati, in questo lasso di tempo, portati in palmo di mano da varie autorità. In primis quella indiana che ha trattato i due come dei bravi italiani: i due non hanno mai passato un giorno nelle carceri indiane, bensì erano ospitati in hotel di lusso con tv satellitare e cibo italiano! L’Italia non è stata in silenzio rispetto a questa faccenda, anzi. Visto che sia la famiglia degli assassini che quella degli assassinati sono cattoliche, la Chiesa ha ben pensato di avvicinarle entrambe nella fede, per far ritirare la denuncia alle famiglie dei pescatori. Questa mossa, spinta dal sottosegretario agli Esteri italiano De Mistura, è fallita. Si è quindi provato con un altro tentativo di corruzione, questa volta riuscito. Il 24 aprile 2012 il Governo italiano, per mano del Ministro della Difesa Di Paola, versa ai parenti dei pescatori 300.000. Nell’ottobre 2012 è il tempo del GP automobilistico in India, dove la Ferrari espone sulle monoposto lo stemma della Marina Militare Italiana, rispondendo all’appello in solidarietà ai marò portato avanti dalla testata “Il Giornale”, con il plauso del Ministro degli Esteri Terzi. Sotto natale il governo italiano, per portare a casa i due militari durante le feste, sborsa 826.000allo Stato indiano come garanzia del ritorno in India dei due assassini. Per salvare la pellaccia ai due, il 21 dicembre La Russa dichiara di volerli candidare nella formazione neofascista Fratelli d’Italia poiché, se eletti, godrebbero dell’immunità parlamentare. Ma lo sciovinismo italico non finisce qui. Il curatore della contro perizia della vicenda per conto del Governo italiano è Luigi Di Stefano, dirigente di CasaPound e animatore di un comitato pro-marò. La retorica nazionale che presenta questi mercenari come “eroi” d’Italia è la stessa che ha descritto i paracadutisti della Folgore come italiani brava gente dopo gli stupri in Somalia nel 1995, i bombardamenti su Belgrado nel 1999 e Tripoli nel 2011 come “interventi umanitari” o le guerre in Afghanistan e Iraq – che proseguono tuttora – come missioni di pace. Tutte le testate giornalistiche e tutti i partiti politici di sinistra e destra hanno fatto quadrato attorno ai due ed alle forze armate che rappresentano. È necessario rompere le righe di tutta questa schifosa propaganda nazionalista, è necessario mettersi al di fuori del calderone in cui tutti, in quanto “italiani”, ci dovremmo riconoscere. Il nazionalismo, che nei periodi di “crisi” rifiorisce sempre, è un germe pericoloso perché divide i popoli e unisce le classi. Noi non ci riconosciamo sotto nessuna bandiera, andiamo oltre ogni confine che sia stato disegnato sulle carte, quindi non ci interessa se le acque in cui sono stati assassinati i due pescatori erano internazionali o no; il punto è che i due marò sono dei militari e come tali hanno ucciso perché è l’unica cosa che gli sia stata insegnata nelle caserme d’Italia e di tutto il mondo. Questi sono i loro “eroi”, mercenari pagati per difendere i privilegi, le ricchezze del padrone di turno. Non ci interessano le questioni legate al diritto internazionale o alle varie giurisdizioni di competenza, ci interessa la sostanza della questione che dimostra come la giustizia sia una questione di classe e che la violenza non sia solo monopolio dello Stato: le bastonate che si sono presi quattro paracadutisti a Livorno lo scorso 9 marzo sono uno dei modi di fare giustizia.

NOI STIAMO DALLA PARTE DEI PESCATORI INDIANI

CHI SONO MASSIMILIANO LATORRE E SALVATORE GIRONE? SONO DUE ASSASSINI

Anarchici, Antimilitaristi, Antinazionalisti 


Presidio antinazionalista il 6 aprile 2013 a Trento

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