Monthly Archives: Gennaio 2011

Finmeccanica in Nord-Africa

Selex Communications, ha partecipato a Libdex 2010, il principale evento nel settore della guerra in Nord Africa.

La seconda edizione di questo evento di morte si è tenuta dall’8 all’11 Novembre 2010 a Tripoli, presso il Mitiga International Airport.

All’evento erano presenti le seguenti aziende del gruppo Finmeccanica: Agusta Westland, Alenia Aermacchi, Alenia Aeronautica, Oto melara e Selex Galileo.

Sono stati esposti: il soldato futuro italiano, il sistema per la modernizzazione delle forze terrestri che consentirà un miglioramento significativo nelle cinque aree definite dalla NATO: letalità, c4I (Command and control, Communications, computers, information/intelligence), protezione, mobilità e sostenibilità.

Presentato anche il sistema d’arma “ Guardian”, progettato per proteggere le truppe di terra e i mezzi blindati dagli ordigni esplosivi improvvisati radio controllati, che il Guardian consente di neutralizzare inibendo il segnale radio di innesco.

Come si può notare, ancora una volta, il piano della Nato (di cui Finmeccanica è parte integrante) è quello di preparasi a situazioni di rivolta o di insurrezione sociale. Ciò che sta accadendo in tutto il Mediterraneo – con l’insurrezione tunisina che contagia l’Algeria, la Libia, l’Egitto e persino Tirana, dove i ribelli si definiscono “tunisini dei Balcani” e affrontano le pallottole dell’esercito albanese – dimostra che la militarizzazione delle città è per i potenti una necessità. Ma dimostra anche che il più sofisticato equipaggiamento militare non basta a fermare la rabbia e la voglia di libertà delle donne e degli uomini rinati alla lotta e alla solidarietà.

Gli insorti del Maghreb (e non solo) stanno dando un grande esempio di coraggio e di determinazione a tutti noi. E indeboliscono i nostri stessi padroni.

Non lasciamoli soli.


Solidarietà con gli insorti della Tunisia e dell’Algeria

Il 17 dicembre, un ragazzo tunisino di 26 anni, laureato e disoccupato, si cosparge di benzina e si dà fuoco perché la polizia gli sequestra il banchetto di cous cous e frutta con cui tira a campare. È la causa immediata di una rivolta sociale che si allarga a tutta la Tunisia e dialoga con quanto accade in Algeria. Una rivolta contro il caroviveri di tutti i beni di prima necessità, contro la disoccupazione, contro la fame, che ben presto attacca le sedi del potere, espropria negozi e magazzini e si scontra con i difensori in armi di un governo sostenuto dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea. I ribelli uccisi dalla polizia sono già alcune decine (30? 50?). Il presidente della Tunisia Ben Ali gode dell’appoggio del governo italiano (per conto dell’ENI) fin da 1987.

Ancora una volta la gioventù ribelle dà il via a una sommossa di classe.

Dal 12 gennaio l’esercito è entrato a Tunisi. Caroselli di carri armati circondano la capitale e pattugliano le strade. Le armi di cui è dotato l’esercito tunisino sono in buona parte di fabbricazione italiana.

Come si vede, i rapporti della Nato sulle operazioni urbane non sono vuote e fumose teorie: gli eserciti servono anche nelle città dei paesi democratici (non è forse considerata tale, dalla comunità internazionale, la Tunisia?) per reprimere i poveri in rivolta.

Tunisi è più vicina di quanto non si pensi.

Facciamo sentire la nostra solidarietà ai fratelli della Tunisia e dell’Algeria in rivolta contro lo stesso futuro che i padroni e i loro Marchionne stanno preparando anche per noi.


L’Europa avrà il suo Muro anti-immigrati

di Antonio Mazzeo

Pattugliatori, cannoniere e motovedette non saranno più sole nella guerra contro i migranti che bussano alle porte dell’Unione europea. Christos Papoutsis, ministro greco alla “protezione dei cittadini” ha annunciato in un’intervista alla Athens News Agency (ANA) che la Grecia pianifica la “costruzione di una rete divisoria ai confini con la Turchia per impedire l’ingresso di immigrati illegali”. La struttura presa a modello è quella del cosiddetto “muro della vergogna” realizzato in California, Arizona, Nuovo Messico e Texas lungo la frontiera con il Messico: la barriera greco-turca sarà lunga 206 chilometri e dotata di sofisticati sensori elettronici e strumenti per la visione notturna. Uomini armati di tutto punto presidieranno 24 ore al giorno il muro di lamiere e filo spinato con l’ausilio di veicoli terrestri ed elicotteri. Per chi riuscirà a superare la nuova trincea militare tra la “civile” Europa e l’ignoto universo del Sud ci sarà la deportazione in uno dei tanti campi-lager che popolano i centri di frontiera dell’Unione. Continue reading


Tutto il mondo è paese (militarizzato)

  Una piccola sintesi della militarizzazione in atto nei paesi del blocco
NATO e in alcuni dei paesi tra i suoi più stretti alleati……

SPAGNA

All’inizio di dicembre il governo/re spagnolo aveva dichiarato uno “stato di allarme” (la prima volta in democrazia) in seguito allo sciopero dei controllori del traffico
aereo.

C’è chi dice che i controllori sono stati manipolati o incastrati di modo
da arrivare a una situazione da “permettere”, oltre ad una più facile
privatizzazione di AENA (il servizio statale aeroportuale e di controllo
del traffico aereo), l’uso dei soldati per prendere il comando degli
aeroporti e fare così un primo passo grosso verso la militarizzazione, in
piena sintonia con il rapporto “Operazioni urbane nel 2020” della NATO… Continue reading


Il nemico si prepara

NATO: ADOTTATO IL NUOVO CONCETTO STRATEGICO

 Si è tenuto il 19 e 20 novembre a Lisbona il vertice dei capi di Stato e di governo dei 28 paesi della NATO, con il quale l’alleanza atlantica ha adottato un nuovo concetto strategico che fungerà da “roadmap” per i prossimi dieci anni.

Tra le decisioni più importanti assunte durante il summit, lo sviluppo di nuove capacità per la difesa da minacce emergenti quali i missili balistici, attacchi informatici e gestione delle minacce asimmetriche (leggi: insurrezioni urbane e guerriglie). Continue reading


Rovereto: incendiato un camion dell’esercito

Leggiamo sui quotidiani locali del 3 gennaio che due notti prima, a Rovereto, ignoti hanno appiccato un incendio a un camion dell’esercito nel cortile di un’officina di riparazioni. Le fiamme si sarebbero estese, sempre nel cortile, a due mezzi pesanti vicini. Un pulmino militare, invece, non sarebbe stato incendiato perché l’innesco non si è acceso.


“Una guerra sporca e senza senso”

Così molti giornalisti chiamano adesso l’intervento militare in Aghanistan. Adesso che è morto un altro soldato italiano, un caporal maggiore degli Alpini (Alpini, brava gente…). Per noi era sporca e senza senso da quando è cominciata, nel lontano 2001. Anzi, un senso, a ben vedere, ce l’aveva e ce l’ha: arricchire i capitalisti di casa nostra e rilanciare l’industria bellica italiana, Finmeccanica in testa. Ma quel senso non sembra proprio condiviso dalla popolazione afghana.

Fuori le truppe italiane dall’Afghanistan.


Coda di paglia?

Il 21 dicembre, presso l’università di Povo, si è svolto un convegno di ingegneria a cui ha partecipato anche personale di Finmeccanica. La facoltà trentina è stata letteralmente militarizzata: quattro blindati e vari agenti della polizia politica che si aggiravano nell’università. Alcuni ricercatori e professori hanno denunciato con delle lettere aperte una simile e inedita presenza poliziesca. Il rettore Bassi si è giustificato dicendo che l’allarme era dovuto al precedente di Sociologia, quando una conferenza di militari era stata contestata con fumogeni e vernice rossa, e all’affissione a Povo di manifesti in cui si fa riferimento, dice il Bassi, “a deliranti blog in cui si parla della collaborazione dell’università trentina con l’industria bellica”. Probabilmente questo è uno dei blog “deliranti”. Deliranti? Le nostre informazioni sono tratte proprio dai siti dell’università (cfr. il dossier Una piovra artificiale. Finmeccanica a Rovereto).

Se la collaborazione tra l’università di Trento e l’industria bellica è un’ipotesi “delirante”, perché a un convegno di ingegneria c’era qualcuno di Finmeccanica, il più grosso produttore italiano di armi? Perché c’era la polizia a difenderlo?


NIENTE DI NUOVO

L’ undici novembre del 2009, sul giornale ligure “Il secolo XIX” si accennava ad una possibile avanzata di Fincantieri nel mercato brasiliano, allora il  presidente Lula pensava ad un ammodernamento della flotta militare e di nuove piattaforme petrolifere, tutto questo affianco all’azienda brasiliana Petrobras. Costo dell’operazione: 200 miliardi di dollari che serviranno tra l’altro ad acquistare 40 piattaforme offshore.

All’epoca l’amministratore delegato di Fincantieri Bono, la presidente di Confindustria Emma Mercegaglia e il ministro dello Sviluppo Claudio Scajola si affannavano nel cercare di inserirsi in questa ghiotta commessa offerta da Lula. Continue reading