Ambizioni nel deserto. Il Sahel come paradigma

Tratto da https://radiocane.info/ambizioni-nel-deserto/

Ambizioni nel deserto. Il Sahel come paradigma

Quando 36 eserciti inviano uomini e mezzi nello stesso luogo, di certo non si prepara nulla di buono. Nel caso del Sahel però a colpire non è tanto, o solo, il numero di missioni militari attive, quanto la varietà degli interessi contrapposti rappresentati in armi nel medesimo contesto.
Ma cosa vanno cercando gli eserciti di mezzo mondo sul “bordo del deserto”? E chi sono i principali contendenti in campo? Per capire un conflitto occorre andare “oltre le etichette” e “aprire il barattolo”; a farlo per noi è Daniele Ratti, che ci guida in una delle aree più “povere” del pianeta, crocevia di braccia umane e metalli rari, dove, sotto la bandiera del peacekeeping e con la copertura internazionale del “contrasto al terrorismo islamico”, va in scena uno dei capitoli decisivi di quella spietata competizione permanente che chiamiamo economia globale.

 


Esercitazioni militari nei luoghi naturali: il recente caso del Montenegro

Esercitazioni militari nei luoghi naturali: il recente caso del Montenegro

Le esercitazioni militari che si svolgono nei territori di tutto il mondo (si contano a centinaia le zone preposte a tali attività ogni anno in Italia) portano sempre con sé un notevole danno ambientale, disturbo sonoro e immondizia. Allo stesso tempo rappresentano l’ennesima forma di imposizione dall’alto di obblighi e divieti, di sequestro delle terre e di interdizione delle attività quotidiane per le popolazioni locali che vengono colpite da questi eventi.

In Montenegro, nella zona montuosa di Sinjajevina, il governo ha deciso nel 2019 di destinare questo territorio alle esercitazioni militari (forze montenegrine in collaborazione con corpi della NATO) per due settimane all’anno. Da subito si è venuta a creare una forte opposizione popolare contro questa decisione che metterebbe a repentaglio la millenaria attività di pastorizia locale (Sinjajevina rappresenta una delle più estese aree di pascolo d’Europa), di agricoltura, di apicoltura e di raccolta delle erbe medicinali che sostenta le centinaia di famiglie che ci vivono. Per queste persone la zona dovrebbe non solo essere libera dalle invasioni militari, ma anche diventare parco naturale (così come lo è attualmente l’intera regione circostante) per permettere alla ricca ed importante biodiversità che la caratterizza di mantenere intatta la propria stabilità ecologica.

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Corazzati lancia-gas di Iveco-Fiat per l’esercito brasiliano del presidente Bolsonaro

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Corazzati lancia-gas di Iveco-Fiat per l’esercito brasiliano del presidente Bolsonaro


Granate fumogene per reprimere e disperdere le manifestazioni di protesta contro uno dei regimi più repressivi e corrotti dell’America latina. Saranno lanciate dai veicoli corazzati progettati e prodotti dall’italiana Iveco Defence Vehicle S.p.A. e dalla controllata Iveco Veículos de Defesa di Sete Lagos, Minas Gerais, Brasile.

Il sito specializzato Tecnodefesa.com ha reso noto che a fine gennaio, presso le strutture del 4° Gruppo Artiglieria Antiaerea dell’Esercito brasiliano, sono stati effettuati i test di lancio di granate fumogene dai nuovi veicoli corazzati leggeri VBMT-LR 4×4 Iveco. La validazione del progetto, l’assemblaggio, l’integrazione del sistema lanciagranate da 76 mm sul tetto e le prove di lancio “con colpi reali” sono state condotti dai militari brasiliani in collaborazione con i tecnici del gruppo Iveco.

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Egitto: Missili prodotti da consorzio europeo per armare il regime di al-Sisi

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Egitto: Missili prodotti da consorzio europeo per armare il regime di al-Sisi

Una cinquantina di micidiali missili da crociera a lungo raggio SCALP, prodotti dal consorzio industriale europeo MBDA, sono stati acquistati segretamente dal regime di Al-Sisi e sono stati testati a bordo dei cacciabombardieri “Rafale” egiziani nel corso di una recente esercitazione con le forze armate francesi. Lo ha reso noto la rivista specializzata Janes pubblicando le immagini di un video realizzato dal Ministero della difesa dell’Egitto in cui si vedono alcuni missili SCALP mentre vengono montati a bordo di un velivolo Rafale all’interno di un hangar della base aerea di Gebel el-Basur, utilizzata in occasione dell’esercitazione franco-egiziana.

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L’Italia si conferma il partner NATO con più bombe nucleari tattiche USA

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L’Italia si conferma il partner NATO con più bombe nucleari tattiche USA


Gli Stati Uniti d’America hanno ridotto a 100 le bombe nucleari tattiche B61 dislocate in Europa ma l’Italia continua ad essere il partner NATO che ospita il maggior numero di questi ordigni di distruzione di massa, ben 35, nelle basi aeree di Aviano (Pordenone) e Ghedi (Brescia). Lo rende noto l’Istituto di Ricerche Internazionali IRIAD – Archivio Disarmo di Roma dopo la pubblicazione da parte del Bulletin of the Atomic Scientists di una ricerca sulle “Armi nucleari statunitensi”, a cura degli studiosi Hans M. Kristensen e Matt Korda.

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Signornò!

Signornò!

Da un interessante dossier prodotto dal Centro di documentazione contro la guerra – intitolato La guerra che verrà… – riprendiamo questa lettera con cui una sessantina di studenti israeliani di diciotto anni dichiara di non voler prender parte, accettando la coscrizione militare, all’oppressione del popolo palestinese. Ecco l’elemento che la Macchina digitale-bellica non è ancora riuscito a soppiantare: la coscienza. Senza collaborazionismo, non c’è guerra. Un testo da diffondere.

Pensando a giovani così, il futuro ci appare meno sinistro.

Siamo un gruppo di diciottenni israeliani a un bivio. Lo stato israeliano chiede la nostra coscrizione nell’esercito. Si presume una forza di difesa che dovrebbe salvaguardare l’esistenza dello Stato di Israele. In realtà, l’obiettivo dell’esercito israeliano non è difendersi da forze armate ostili, ma esercitare il controllo su una popolazione civile. In altre parole, la nostra coscrizione all’esercito israeliano ha un contesto politico e molte implicazioni. Ha implicazioni, in primo luogo, sulla vita del popolo palestinese che ha vissuto sotto l’occupa­zione violenta per 72 anni. In effetti, la politica sionista di brutale violenza ed espulsione dei palestinesi dalle loro case e dalle loro terre è iniziata nel 1948 e da allora non si è più fermata. L’occupazione sta anche avvele­nando la società israeliana: è violenta, militarista, oppressiva e sciovinista. È nostro dovere opporci a questa realtà distruttiva unendo le nostre lotte e rifiutando di servire questi sistemi violenti, primo fra tutti quello mili­tare. Il nostro rifiuto di arruolarci nell’esercito non significa voltare le spalle alla società israeliana. Al contrario, il nostro rifiuto è un’assunzione di responsabilità delle nostre azioni e delle loro ripercussioni.

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Considerazioni sull’udienza per le sorveglianze speciali e sull’inizio del processo per l’Operazione Lince.

Considerazioni sull’udienza per le sorveglianze speciali e sull’inizio del processo per l’Operazione Lince.

Il 19 gennaio si è svolta l’udienza per le cinque sorveglianze speciali richieste dal Pm Guido Pani a carico di altrettanti compagni sardi. La proposta venne avanzata nell’estate 2019 e notificata a ottobre dello stesso anno, a distanza di tre settimane dalla notifica della chiusura indagini dell’operazione Lince, nella quale gli stessi cinque compagni venivano indagati per 270bis. Il gioco del PM è stato ovviamente scorretto e intriso solo di logica poliziesca, io ti indago per terrorismo, quindi tu sei pericoloso, quindi sempre io richiedo la sorveglianza speciale.

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Un’altra storia

Riceviamo e diffondiamo:

Un’altra storia

Esiste una storia della lotta contro il MUOS che non è mai stata raccontata. Una storia fatta di persone che qualche anno fa a Niscemi hanno respirato e cospirato insieme per scagliarsi contro la costruzione del M.U.O.S., un moderno sistema di telecomunicazioni satellitari della marina militare statunitense utilizzato per coordinare in modo capillare tutti i sistemi militari statunitensi dislocati nel globo. E’ una storia che racconta un periodo in cui la possibilità di intersecare la rabbia di ogni singolo individuo per canalizzarla verso forme di lotta e di conflitto concreti sembrava reale. Ma è anche una storia che ricorda, una volta ancora, che se non c’è una visione condivisa sulla critica all’esistente e sui diversi modi per minare gli ingranaggi che lo mantengono in vita, e se non c’è una condivisione sulla necessità e l’urgenza di orizzontalità e di autodeterminazione di ogni singola individualità all’interno di un gruppo di persone, non è possibile percorrere la stessa strada fianco a fianco. Il fine non giustifica i mezzi, se i mezzi non sono condivisi; e i mezzi sono anch’essi parte del fine. Quando una lotta introietta impietosamente le stesse dinamiche di potere “esterne” – che poi tanto esterne non sono – creando una divisione tra “buoni” e “cattivi” (dove i cattivi sono ovviamente le individualità più radicali, più libere e più avvezze ad ogni dinamica di esercizio del potere), è chiaro che non solo i metodi non sono condivisi, ma non lo è neppure il fine in sé. Quando un movimento di lotta tende a romanzare alcune azioni simboliche e autoreferenziali e chi le compie e nel contempo cerca di sotterrare quelle più radicali, dissociandosi e lasciando solo chi si trova a dover affrontare le conseguenze della repressione, hai la certezza assoluta che nulla possa più essere condiviso con certi individui e con certe dinamiche di movimento.

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Lipsia (Germania): incendiate jeep dell’esercito

Lipsia (Germania): incendiate jeep dell’esercito

de.indymedia.org / 1° gennaio 2021

[traduzione da attaque.noblogs.org]

Nella tarda serata del 31 dicembre 2020, abbiamo incendiato sette jeep della Bundeswehr [esercito tedesco], sul parcheggio della Mercedes a Lipsia-Schönefeld. L’esercito merita la nostra attenzione in quanto cassetta degli attrezzi della repressione statale, al pari delle altre istituzioni colpite, questi ultimi anni, in occasione di San Silvestro.
Numerosi argomenti validi posso essere richiamati per criticare la Bundeswehr: fa la guerra («missioni di forza all’estero»). È concepita per far rispettare, con la forza, gli interessi dello Stato tedesco nel mondo intero. Si tratta di una struttura autoritaria, piena di reti di destra e caratterizzata da rapporti machisti. Con la piattaforma militare dell’aeroporto di Lipsia-Halle, la città di Lipsia, che aspira a una buona reputazione, dispone anche di una struttura militare che può operare nel mondo intero.

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Solidarietà ai compagni/e indagati/e

Tratto da https://www.facebook.com/Bolzano-Antimilitarista-1644362495794034/?hc_ref=ARS8dzm73cNB7-KM94PWVcFLfXOCG3-WJJ01K4bScDfwPCdW1awsyQrtw1x5_3mNscg&fref=nf&__tn__=kCH-R

 

SOLIDARIETÀ AI COMPAGNI/E INDAGATI/E

Pubblichiamo l’appello dell’assemblea degli indagati e solidali dell’Operazione Lince. Condividiamo e partecipiamo in massa!

CONTRO LE BASI, AZIONE DIRETTA

Questo slogan ha animato le lotte antimilitariste tra il 2014 e il 2017. Ora lo Stato presenta il conto.

Il 27 gennaio inizierà il processo per l’Operazione Lince, con 45 indagati di cui 5 per 270bis, associazione sovversiva con finalità di terrorismo, proprio per queste lotte.

Il 19 gennaio ci sarà l’udienza per la Sorveglianza Speciale per gli stessi 5 indagati per terrorismo.

A bloccare la macchina della guerra c’eravamo tutti e tutte. Non lasciamo soli i nostri compagni e le nostre compagne indagate.

Il 19 gennaio, alle ore 9, fronte Tribunale di Cagliari.

Il 27 gennaio, alle ore 9, fronte Tribunale di Cagliari.

Contro le basi tanti modi, un’unica lotta.

Indagati e Solidali