Articolo tratto dal numero 11 della rivista anarchica “i giorni e le notti”
L’ECONOMIA DI GUERRA E IL SUO DOPPIO
Se non si considerano gli sconquassi che sta generando anche nel loro campo, l’attuale crisi del Coronavirus è da molti punti di vista una manna per la classe dirigente. Non solo perché costituisce un’occasione per avviare un’enorme rivoluzione tecnologica che potrebbe privarci di tutto ciò che ci rende propriamente umani, ma anche perché permette di attribuire a un imponderabile – un virus che sarebbe scaturito dalla Grande Nemica del capitalismo, la Natura – una crisi economica che si stava già preparando da tempo e che sta mettendo fine, in modo traumatico, a quella fase neoliberista dell’economia popolarmente nota come “globalizzazione”. Dalla crisi del 2008, della cui natura strettamente economica nessuno può dubitare, nulla è realmente cambiato nel modo di far soldi della finanza mondiale. I “salvataggi” delle banche, percepiti all’epoca come un’infrazione dei sacri principi liberisti, ma ampiamente invocati e incassati dai loro stessi propugnatori, non hanno fatto altro che continuare ad alimentare e gonfiare un’economia segnata dalla pura speculazione. Adesso, di fronte alla massiccia immissione di denaro nel sistema, letteralmente stampato con la creazione di una montagna di debito pubblico, uno spettro s’aggira tra le varie borghesie nazionali e le colonne dei loro giornali: “economia di guerra”. Ennesima apparizione del linguaggio bellicista in un mondo in cui ormai tutto parla il lessico della guerra, pensiamo che questa espressione abbia sensi diversi a seconda di chi la pronuncia, di quando, come e di fronte a chi viene pronunciata. Il senso di questo articolo è cercare di capire cosa sarà realmente l’economia di guerra, per non confonderla con il suo “doppio” propagandistico. Per il padronato, “economia di guerra” ha principalmente due sensi, a loro volta legati tra loro. Il primo è che qualcosa sta cambiando, e dovrà cambiare, nel modo di realizzare i profitti. Il secondo, è che sui profitti si sta allungando l’ombra dello Stato, che lo Stato sta “tornando”. Per noi, che siamo spiriti semplici, e che in tutti questi anni non abbiamo affatto visto sparire lo Stato, ma ce lo siamo sentiti sempre più sul collo, questa affermazione suona già strana. “Se n’è mai andato, lo Stato?” Cominciamo da qui.
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