Category Archives: Contributi antimilitaristi

Ancora collaborazioni fra l’Esercito e l’Università di Trento

Ancora collaborazioni fra l’Esercito e l’Università di Trento

Il 1° ottobre, a Bolzano, sono stati firmati due accordi tra l’Università di Trento e il Comando Truppe Alpine dell’Esercito. Il primo accordo avrà una durata triennale (e sarà di “carattere scientifico”), il secondo invece sarà in collaborazione con il Dipartimento di Lettere e Filosofia. Gli argomenti che interessano entrambe le parti spazieranno dall’ambito geografico a quello meteonivologico, dalla cartografia allo studio delle valanghe, per concludere con studi scientifico-culturali sull’ambiente montano.

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Via i militari dal Carso!

Tratto da https://nofrontierefvg.noblogs.org/post/2020/10/09/via-i-militari-dal-carso/ 

Via i militari dal Carso!

Dalla rotta Balcanica arrivano a Trieste ogni giorno molte persone. Di queste, poche hanno interesse a fermarsi in Italia, la maggior parte invece prosegue per altri Paesi europei. Per arrivare, queste persone fanno un viaggio terribile, di durata variabile tra uno e i dieci anni, molti sono giovanissimi e giovanissime. Il viaggio ha il suo collo di bottiglia ai confini in Croazia, ai confini  con Bosnia e Serbia. Ormai da anni, infatti, sia la Croazia sia la Slovenia, con il supporto di tutti gli altri Paesi europei, hanno iniziato a violare gli stessi accordi europei, deportando chiunque riescano a scovare sul proprio territorio e negandogli il diritto d’asilo. Questi respingimenti sono brutali, le persone vengono picchiate, derubate, terrorizzate a scopo deterrente (molti racconti diretti di queste violenze si possono trovare qui). Quindi, ognuna di queste persone è costretta a provare più e più volte prima di riuscire finalmente ad arrivare a Trieste, dove purtroppo da quando sono iniziate le “riamissioni informali” in Slovenia non possono nemmeno più sentirsi al salvo. “Le riammissioni” da Trieste infatti, a differenza di quanto riportano i vari politici e prefetti, sono delle pratiche orride, le persone vengono sì “riammesse” in Slovenia, ma in una caserma, da dove poi vengono inserite in una catena di respingimenti, accordati tra gli Stati in modo informale, che in poche ore li riporta al collo di bottiglia da cui sono partiti. Non è ancora chiaro su che base a Trieste vengano eletti gli sfortunati richiedenti asilo da “riammettere” e quelli da tenere, sono stati infatti già “riammessi” sia ragazzini minorenni sia persone provenienti da qualsiasi nazione. Le persone che arrivano qui provengono infatti da Paesi da dove è molto difficile emigrare legalmente: l’Italia fornisce visti di ingresso solo per una minoranza della popolazione, spesso corrispondente alla parte ricca, privilegiata e con potere di quelle società.

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Non così lontana… la guerra

Potremmo cercare anche noi – come altre volte abbiamo fatto – di interpretare questo “nuovo” conflitto nel Caucaso sul confine tra Azerbaijan e Armenia. Spesso abbiamo cercato di analizzare conflitti più o meno lontani, col tentativo di comprendere gli interessi geopolitici di una o dell’altra forza in campo, delle potenze straniere che cercano di tenere il controllo dell’area, degli interessi italiani in loco, delle armi vendute dall’industria bellica italica. A suon di analisi a volte si tralasciano gli aspetti più “piccoli”, ma che sono proprio quelli che ci rendono antimilitaristi, solidali con le popolazioni coinvolte nei territori di confini bellicosi da decenni se non secoli, quegli aspetti che ci muovono dentro nonostante le difficoltà del periodo che stiamo attraversando. Aspetti che bussano ancora una volta sulle nostre coscienze per spingerci ad opporci e ribellarci all’ennesimo conflitto che sembra lontano, ma forse così lontano non è.

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E’ uscito il libro: Lo spillover del profitto. Capitalismo, guerre ed epidemie

LO SPILLOVER DEL PROFITTO

Capitalismo, guerre ed epidemie a cura di Calusca City Lights Edizioni Colibrì, Milano, luglio 2020, 144 pp. Euro 14,00

Come Centro di documentazione contro la guerra abbiamo contribuito all’edizione del libro che pone una domanda cruciale: “Il 2020 sarà l’anno della seconda (e ultima) grande crisi del capitalismo, dopo quella del 1929, che annuncerà un ‘Ottobre 1917’ a livello mondiale?”. E lo fa, dopo avere tratteggiato i nessi stringenti fra “capitalismo, guerre ed epidemie”, avere proposto alcuni approfondimenti sul carattere duale (civile e militare) delle tecno-scienze contemporanee e avere ragionato intorno alla “economia di guerra”.

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Frontex a caccia di migranti grazie ad israele e al complesso militare-industriale ue

Tratto da https://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2020/09/frontex-caccia-di-migranti-grazie-ad.html

Frontex a caccia di migranti grazie ad Israele e al complesso militare-industriale UE


La realizzazione di un sistema di comando che sovrintenda alle attività di controllo delle frontiere marittime dell’Unione Europea e favorisca lo scambio di informazioni tra le Marine militari, le Guardia coste e le forze di polizia dei paesi membri Ue ed extra-Ue come ad esempio Israele.

Con la supervisione e il supporto di Frontex, l’Agenzia a cui Bruxelles affida la sorveglianza dei flussi migratori e della frontiere esterne dell’Unione, il Ministero della Sicurezza Pubblica d’Israele, i Ministri della Difesa di Italia, Grecia e Portogallo, altri enti statali, importanti centri di ricerca nel settore della cyber security e alcune delle industrie aerospaziali militari europee hanno promosso il progetto Andromeda (An EnhaNceD Common InfoRmatiOn Sharing EnvironMent for BordEr CommanD, Control and CoordinAtion Systems), finanziato dalla Ue con 5 milioni di euro nell’ambito del programma di ricerca e innovazione “Horizon 2020”.

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L’economia di guerra e il suo doppio

Articolo tratto dal numero 11 della rivista anarchica “i giorni e le notti”

L’ECONOMIA DI GUERRA E IL SUO DOPPIO

Se non si considerano gli sconquassi che sta generando anche nel loro campo, l’attuale crisi del Coronavirus è da molti punti di vista una manna per la classe dirigente. Non solo perché costituisce un’occasione per avviare un’enorme rivoluzione tecnologica che potrebbe privarci di tutto ciò che ci rende propriamente umani, ma anche perché permette di attribuire a un imponderabile – un virus che sarebbe scaturito dalla Grande Nemica del capitalismo, la Natura – una crisi economica che si stava già preparando da tempo e che sta mettendo fine, in modo traumatico, a quella fase neoliberista dell’economia popolarmente nota come “globalizzazione”. Dalla crisi del 2008, della cui natura strettamente economica nessuno può dubitare, nulla è realmente cambiato nel modo di far soldi della finanza mondiale. I “salvataggi” delle banche, percepiti all’epoca come un’infrazione dei sacri principi liberisti, ma ampiamente invocati e incassati dai loro stessi propugnatori, non hanno fatto altro che continuare ad alimentare e gonfiare un’economia segnata dalla pura speculazione. Adesso, di fronte alla massiccia immissione di denaro nel sistema, letteralmente stampato con la creazione di una montagna di debito pubblico, uno spettro s’aggira tra le varie borghesie nazionali e le colonne dei loro giornali: “economia di guerra”. Ennesima apparizione del linguaggio bellicista in un mondo in cui ormai tutto parla il lessico della guerra, pensiamo che questa espressione abbia sensi diversi a seconda di chi la pronuncia, di quando, come e di fronte a chi viene pronunciata. Il senso di questo articolo è cercare di capire cosa sarà realmente l’economia di guerra, per non confonderla con il suo “doppio” propagandistico. Per il padronato, “economia di guerra” ha principalmente due sensi, a loro volta legati tra loro. Il primo è che qualcosa sta cambiando, e dovrà cambiare, nel modo di realizzare i profitti. Il secondo, è che sui profitti si sta allungando l’ombra dello Stato, che lo Stato sta “tornando”. Per noi, che siamo spiriti semplici, e che in tutti questi anni non abbiamo affatto visto sparire lo Stato, ma ce lo siamo sentiti sempre più sul collo, questa affermazione suona già strana. “Se n’è mai andato, lo Stato?” Cominciamo da qui.

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Il mare tra utopia e potere

Testo uscito sul numero 11 della rivista anarchica “i giorni e le notti

Il mare tra utopia e potere

Introduzione

Questo articolo è frutto di un anno di osservazione del mondo della logistica navale e della cosiddetta talassocrazia, cioè del potere perpetrato da parte di uno Stato-nazione sui mari e dei relativi conflitti per la sua acquisizione. Questo potere può essere di riviera – come la Russia – o di dimensioni planetarie come gli USA. Altri Paesi vivono ancora della rendita del colonialismo precedente alle due grandi guerre, senza contare le nuove potenze (prima tra tutte la Cina). Sui mari si intrecciano il mondo del commercio e della geopolitica militare; i due fattori, come ben si può presupporre, sono strettamente legati al controllo dei colli di bottiglia prettamente geografici. Si va dall’inserimento delle varie potenze capitaliste nei porti con i fondali più profondi per far entrare le sempre più mastodontiche navi da trasporto di container, ai porti con miglior logistica nel retroterra (ferrovie e magazzini) e con miglior tecnologia a disposizione (automazione, 5G, satelliti). Non secondaria, in Italia, è ovviamente la questione dell’accesso ai porti franchi (ZES, Zone Economicamente Speciali) con ricadute positive per quanto riguarda il peso fiscale delle merci e annessi controlli da parte dello Stato. Vorremmo dare uno sguardo di cosa sta avvenendo in modo veramente “rivoluzionario” in un aspetto della logistica spesso trascurato nelle analisi, o, meglio, mettere assieme in modo riassuntivo i pezzi di questo ambito fondamentale del capitale.

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War games nel Mediterraneo delle forze aeree e navali di USA e Marocco

WAR GAMES NEL MEDITERRANEO DELLE FORZE AEREE E NAVALI DI STATI UNITI E MAROCCO


Giochi di guerra nel Mediterraneo con le forze aeree e navali di Stati Uniti d’America e Marocco e l’impiego dei bombardieri B-52 “Stratofortresses” a capacità nucleare. Il Comando Strategico USA e l’US Africa Command hanno reso noto che il 7 settembre hanno preso il via le missioni di addestramento congiunte in nord Africa di due velivoli B-52H assegnati al 5° Stormo bombardieri dell’US Air Force di stanza nella base di Minot, North Dakota. Denominati “Bush 11” e “Bush 12”, le fortezze volanti sono decollate dalla base britannica di Fairford.

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I ribelli dell’Adriatico. L’insurrezione di Valona e la rivolta di Ancona del 1920

Segnaliamo l’uscita di questo libro per conto delle edizioni Zero In Condotta:

Luigi Balsamini e Marco Rossi

I RIBELLI DELL’ADRIATICO

L’insurrezione di Valona e la rivolta di Ancona del 1920

pp.160 EUR 10,00

ISBN 978-88-95950-65-5

Giugno 1920: il Primo conflitto mondiale è terminato da due anni, ma navi da guerra della Marina militare italiana sparano cannonate sulle due sponde dell’Adriatico.

Davanti a Valona bombardano le posizioni degli insorti albanesi che stanno assediando la città per mettere fine all’occupazione coloniale italiana. Ad Ancona, invece, tirano granate sul popolo insorto a fianco dei bersaglieri che si rifiutano d’essere mandati a Valona.

La stampa borghese parla di “moti anarchisti”, ma nonostante il lavoro di agitazione contro il militarismo svolto, sin dai tempi della guerra di Libia, dagli anarchici, dai sindacalisti rivoluzionari dell’USI e dai socialisti “disfattisti”, la rivolta armata di Ancona – largamente spontanea – sorprende tutti e sarà uno dei momenti di più alta conflittualità del cosiddetto Biennio rosso.

La repressione statale ad Ancona causa oltre trenta vittime proletarie, ma il governo italiano è costretto a ritirare le truppe dall’Albania.

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La guerra quale costruttrice di città

Tratto da https://finimondo.org/node/2504

La guerra quale costruttrice di città

Lewis Mumford

 

Lo sviluppo intensivo dell’arte delle fortificazioni trasferì l’energia costruttiva dal piano dell’architettura a quello dell’ingegneria, dall’estetica del disegno a calcoli materiali di peso, numero e posizione: preludio alla più ampia tecnica della macchina. In special modo essa trasformò il quadro urbano dal mondo ristretto della città medievale con i suoi itinerari pedonali, le sue vedute chiuse, il suo spazio a mosaico, all’ampio mondo della politica barocca con il suo fuoco di artiglieria a lunga portata, i suoi veicoli a ruote, il suo crescente desiderio di conquistare spazio e di estendere la propria influenza.

Una buona parte del nuovo sistema di vita ebbe origine in un impulso verso la distruzione: distruzione a largo raggio. La fede cristiana e la cupidigia capitalistica si allearono per lanciare i nuovi conquistadores attraverso i mari a saccheggiare l’India, il Messico, il Perù: mentre il nuovo tipo di fortificazione, il nuovo tipo di esercito, il nuovo tipo di officina industriale, di cui troviamo il miglior esempio nei vasti arsenali e nelle fabbriche d’armi, congiurarono per sconvolgere i sistemi su base relativamente cooperativistica della città protetta. La protezione si mutò in sfruttamento spietato: invece di sicurezza gli uomini cercarono espansione avventurosa e conquista. E il proletariato era sottoposto in patria a una forma di governo non meno spietata e autocratica di quella che distrusse le civiltà indigene del Nord e del Sud America.

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