Pubblichiamo un testo che documenta le responsabilità del governo italiano e dei capitalisti di casa nostra nel mantenimento e nella collaborazione con il sistema di potere tunisino, di cui Ben Ali era un nodo centrale. Ora che migliaia di tunisini arrivano sulle coste italiane, che fa il governo? Cerca di impedirne la partenza mandando uomini in Tunisia a collaborare con militari e polizia (40 persone sono morte perché il barcone su cui viaggiavano è stato speronato da una motovedetta militare tunisina), e riapre il lager di Lampedusa.
Ora che il ruolo di gendarme dei poveri affidato ai vari regimi nordafricani sta franando sotto il peso delle rivolte sociali, le democrazie occidentali (Italia in testa) cominciano ad impensierirsi. Intanto il vento insurrezionale arriva nello Yemen, nel Bahrein, a Tehran, e si preparano le giornate della collera anche in Libia. Il colonnello Gheddafi (principale azionista, dopo lo Stato italiano, di Finmeccanica) minaccia il pugno di ferro. Esattamente come cominciano a fare i militari egiziani – che dovrebbero garantire la “transizione alla pace”… –, contro i lavoratori in sciopero.
Intanto diversi tunisini arrivati in Sicilia, da Lampedusa sono stati deportati nei CIE di Gradisca, Modena e Torino, dove hanno già cominciato delle proteste. “La libertà”, “la lotta contro la tirannia”, “l’uguaglianza” vanno bene per le parate istituzionali, i corsivi dei giornali o i discorsi in TV. Ma quando i poveri le mettono in pratica? Se riescono a fuggire il piombo della dittatura, trovano i lager della democrazia.
Davanti alla rivolta che nelle ultime settimane sta divampando in Tunisia, senza dubbio in molti ci saremo chiesti cosa fare, come contribuire a far sì che le esplosioni di rabbia nelle strade di Tunisi, Gabes, Gerba, La Marsa possano stimolare e al contempo essere sostenute da quanto accade nelle nostre città.
“L’Italia sostiene i governi in Tunisia e in Algeria, che hanno avuto coraggio e costituiscono un’importante presenza mediterranea, soprattutto nella lotta al terrorismo”. Traducendo queste parole pronunciate dal ministro degli esteri Frattini è chiaro che il colonialismo italiano ha fortissimi interessi in questi paesi e che lo Stato e le aziende del nostro paese hanno enormi responsabilità nel costruire un presente di miseria per milioni di uomini e donne tunisini.
Subito il pensiero corre ad una ricerca sistematica dei collegamenti italo-tunisini. Continue reading