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Saluzzo: I militari “accolgono” i braccianti

Tratto da https://radioblackout.org/

Saluzzo. I militari “accolgono” i braccianti

Scritto dainfosu 2 Giugno 2020

Nel principale distretto ortofrutticolo del Piemonte comincia la stagione delle raccolte.

All’inizio dell’estate nella zona arrivano dodicimila lavoratori, in gran parte immigrati.

Ogni anno per loro non ci sono né case, né tende. Al foro Boario, luogo di incontro informale dei migranti e, per anni, anche zona dove trovavano rifugio per la notte, quest’anno è arrivato l’esercito.

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Dietro l’angolo pt.7 – Lockdown, quarantena e zone rosse.

Tratto da https://macerie.org/index.php/2020/05/29/dietro-langolo-pt-7-lockdown-quarantena-e-zone-rosse/

Dietro l’angolo pt.7 – Lockdown, quarantena e zone rosse.

La produzione di spazi sicuri

Le zone rosse hanno oramai una loro lunga storia. Da misure di prevenzione attuate per difendere i capi di stato durante i grandi summit come il G8 (ad esempio a Genova 2001), erano poi state utilizzate per difendere le zone di interesse strategico nazionale (inceneritori, discariche e le grandi opere infrastrutturali come il cantiere di Chiomonte ) e ultimamente avevano fatto capolino, tra gli altri, nei quartieri torinesi più movimentati dal conflitto sociale. In questi ultimi episodi aveva decisamente stupito la sproporzione tra le misure di controllo attuate rispetto alla reale minaccia da contenere e alle conseguenze che queste misure imponevano alla popolazione residente.

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Nasr 19, giochi di guerra dei bersaglieri spediti in Qatar

Riceviamo e pubblichiamo:

 

Nasr 19, giochi di guerra dei bersaglieri spediti in Qatar

 

Lo Stato Maggiore dell’Esercito lo ha definito “il più importante rischieramento di forze terrestri da combattimento italiane in Medio Oriente dal ritiro del contingente Antica Babilonia schierato in Iraq tra il 2003 e il 2006”. All’inizio del settembre 2019, 800 militari e più di un centinaio di mezzi pesanti tra carri armati, blindati e cannoni sono stati inviati ad esercitarsi nell’arido deserto del Qatar, insieme alle truppe d’assalto qatarine. I war games si sono svolti per oltre un mese nel maxi-poligono di Al Ghalail, a sud della capitale Doha. Nome in codice della maxi-esercitazione bilaterale, NASR 19, protagonisti i bersaglieri della Brigata “Garibaldi” di stanza in Campania e in Calabria e la 2^ brigata delle Forze Terrestri del Qatar. A coordinare l’intera operazione, a fianco dello Stato Maggiore della Difesa, i rappresentanti della Farnesina e l’onnipresente ufficio diplomatico italiano in Qatar. “Grazie a NASR 19 – riferiva l’allora ambasciatore Pasquale Salzano – si rafforza la collaborazione non solo tra le forze armate, ma complessivamente fra lo Stato del Qatar e la Repubblica italiana”. “Abbiamo accettato rapidamente l’invito del Qatar perché la zona d’esercitazione offre caratteristiche idonee allo svolgimento di attività che, per numero di veicoli cingolati e ruotati impiegati e per volume di fuoco, non sarebbe possibile sviluppare presso aree addestrative presenti sul territorio italiano”, spiegava invece il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, generale Salvatore Farina, presente alle azioni di fuoco insieme al Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Enzo Vecciarelli. “L’esercitazione rappresenta il momento culminante di un’intensa attività di cooperazione tra i due Paesi che, nel rinsaldare i reciproci rapporti di amicizia, hanno avviato un intenso scambio di visite e addestramenti congiunti. Lo scopo principale di questo importante evento addestrativo, oltre a valutare le modalità di rischieramento nell’area del Golfo Persico di un dispositivo pesante dell’Esercito, è quello di innalzare il livello di integrazione e interoperabilità delle unità affinando sia le procedure da attuare a in ambito Posti Comando, sia i procedimenti d’impiego delle unità”.

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Un opuscolo sull’ENI e la sua propaganda “verde”

Segnaliamo l’uscita dell’opuscolo “Follow the green: la narrazione di Eni alla prova dei fatti” redatto dalle associazioni A Sud e CDCA – Centro Documentazione Conflitti Ambientali, che lo hanno presentato il 14 maggio tramite diretta internet sui loro canali informativi.

Questo lavoro di 133 pagine è incentrato nel denunciare la politica propagandistica di ENI negli ultimi anni, per quanto riguarda i suoi progetti di riconversione della produzione di energia da combustibili fossili in energia cosiddetta verde. Capitolo dopo capitolo viene smontato con gli stessi dati e dichiarazioni dell’azienda, la facciata che essa ha messo in piedi tramite tutti i canali d’informazione che si possano conoscere. Non c’è progetto green venduto al pubblico che non abbia qualche scheletro nell’armadio: la capacità narrativa tramite efficaci video e pubblicità è notevole e fa ben capire dove sono finiti i 78 milioni di euro che ENI ha speso per dare al mondo un’immagine di se stessa che è ben lontana dalla realtà. Senza contare che ENI sta facendo accordi con la scuola per introdurre dei corsi formativi rivolti agli studenti sulle questioni ambientali ed energetiche. Dopo i militari, anche questa azienda sta cercando di formare a suo uso e consumo la futura e potenziale classe dirigente entrando nelle classi delle scuole del nostro paese. La sua visione deleteria e criminale, la troviamo propedeutica per due motivi: il primo è legato al fatto di creare, o meglio di opprimere, nelle menti dei giovani un pensiero su temi così complessi che porti all’annullamento dello spirito critico; il secondo, che solo tramite l’intervento dello Stato e delle sue aziende più o meno private si possa intervenire nella complessità della realtà. Il pensiero libero viene sradicato nel momento in cui è più florido, cioè nella mente di ragazzi e ragazze che si approcciano alla vita. Forse questi signori sanno che andando avanti così il futuro non è roseo, e come dimostrano le recenti sommosse americane, cilene, francesi, libanesi, irachene, hongkonghesi, c’è una parte dei giovani che ha molte motivazioni per ribellarsi a chi del futuro vuole farne una catena avvelenata. Criticare apertamente problemi ampi come l’inquinamento e il consumo e produzione di energia è fondamentale per tutti, ma porlo in modo radicale è fonte di paure per le multinazionali e per lo Stato e quindi va stroncato sul nascere, intervenendo, come dicevamo sopra, alla radice di una possibile nascita di nuovi individui liberi e non addomesticati.

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Peccato che al coronavirus non possiamo sparare, altrimenti avremmo già vinto!

Tratto da https://murri.noblogs.org/post/2020/06/02/peccato-che-al-coronavirus-non-possiamo-sparare-altrimenti-avremmo-gia-vinto/

 

Peccato che al coronavirus non possiamo sparare, altrimenti avremmo già vinto!

2 Giugno, 2020

 

In un paese, il nostro, in cui è presente una sola azienda che produce ventilatori polmonari, ma 231 che fabbricano armi, la retorica della guerra al Covid-19 ha trovato linfa adatta di cui alimentarsi. E, non appena identificato a Codogno il paziente 1 affetto da coronavirus, il linguaggio mainstream è immediatamente entrato in guerra. L’Italia, come tutti gli altri Stati, ha dichiarato “guerra al Covid19”, “nemico” invisibile da combattere, le terapie intensive sono diventate “trincee” dove medici e infermieri lavoravano ininterrottamente, l’approvvigionamento di mascherine è stato trasformato in “economia di guerra”, qualcuno ha paventato che fosse necessario un cambio di mentalità “come in tempi di guerra” e per la fase 3 da più parti si parla di “ricostruzione”  e di “dopoguerra” come nelle situazioni post belliche.

E, come in tutti gli scenari bellici che si rispettino, il lockdown globale non ha arrestato la produzione e il commercio di armamenti, considerati “beni di apicale importanza”. Non si è arrestata a Cameri la linea di  produzione dei cacciabombardieri nucleari del programma F35 della Lockheed Martin; non ha fermato la produzione destinata all’export bellico la Beretta, pur convertendo, più per pubblicità che altro, alcune stampanti alla produzione di valvole in 3D per le terapie intensive. Non si sono fermati i traffici internazionali di materiale bellico destinato alle guerre sporche, come ci hanno mostrato i portuali di Genova che hanno bloccato lo scarico della nave saudita con nella stiva decine di blindati Hercules di fabbricazione statunitense diretti verso le guerre in Medio Oriente.

Tutte le maggiori industrie di armi dei gruppi Leonardo e Fincantieri sono a partecipazione statale, ma di fronte a un’emergenza di proporzioni mai viste nessuna linea di produzione di materiale bellico è stata riconvertita per la realizzazione di materiale sanitario; d’altro canto nel corso degli anni abbiamo visto come l’aumento delle spese militari sia sempre stato proporzionale alla diminuzione delle spese per la sanità e il welfare.

La spesa militare italiana, aumentata di oltre il 6% rispetto al 2019 ha superato i 26 miliardi di euro su base annua, equivalenti a una media di 72 milioni di euro al giorno. Ma, in base all’impegno preso dal nostro paese nella Nato, essa dovrà continuare a crescere fino a raggiungere una media di circa 100 milioni di euro al giorno, mentre occorreranno enormi risorse per affrontare le conseguenze sociali ed economiche della crisi del coronavirus a partire dalla disoccupazione.

Il Covid-19, tra le mille contraddizioni del nostro vivere che ha messo in evidenza, ci ha sbattuto in faccia una verità: non sono le armi e gli strumenti militari a garantire la sicurezza, che deve essere invece realizzata attraverso tutte quelle iniziative che salvaguardano la salute, il lavoro, l’istruzione e l’ambiente.

Se il coronavirus quest’anno ci risparmia le parate terrene del 2 giugno con cui lo stato ogni anno celebra se stesso trasformando la nascita della repubblica nella festa delle forze armate, la retorica patriottica solca comunque i cieli con le Frecce Tricolori che sorvolano per cinque giorni su tutto il paese, a partire dalle aree più colpite dalla pandemia, per dare un segno di “ripresa”.

Le piazze del 2 giugno sono state “prenotate” della destra italiana con le loro mascherine tricolori. La festa della repubblica, a dispetto di chi ha combattuto per renderla vera, è sempre stata appannaggio della destra italiana sia essa istituzionale (forze armate, presidenza della repubblica, capi di stato e di governo) che eversiva (nazionalisti di ogni risma ai quali si sono uniti negli ultimi anni gli autonomisti padani). A noi, gli antimilitaristi, gli antifascisti, i pacifisti, gli ecologisti, è sempre stato assegnato il retro-palco: scortati (se non attaccati) dalla polizia.

Non c’è nulla da riprendere: c’è da far sentire il dissenso nei confronti un modello di sviluppo che privilegia l’economia alla salute e affermare ancora una volta che possiamo fermare le guerre solo eliminando gli stati nazionali, le frontiere, gli eserciti e con la riconversione della spesa militare.


Sbarchi militari dell’Unione Europea nei paesi dell’Africa ovest

Riceviamo e pubblichiamo:

 

Sbarchi militari dell’Unione Europea nei paesi dell’Africa ovest

(junge Welt 30 maggio 2020)

La maggioranza del Bundestag, (parlamento della RFT, composto da 485 deputat*) venerdì 29 maggio ha votato a favore dell’invio di 450 soldati nel Mali il cui scopo è la “missione di addestramento”, deciso dall’UE. I 149 voti contrari provengono da Ver.di e dalla Sinistra.

La “missione” è parte organizzata che dà continuità alla missione avviata dall’ONU in Mali per dare sostegno al “processo di pace”, chiamata “Minusma”, in cui sono già sono impiegati 1.100 soldati, viene ora estesa con l’inserimento-impegno dell’UE a: Mauretania, Burkina Fasu, Niger e Ciad. Suo scopo dichiarato è condurre, vincere la “lotta contro i gruppi terroristi islamici e le bande criminali”. Alla Bundeswehr è in particolare affidata l’operazione marina“Gazelle” diretta a formare in Niger “squadre di sommozzatori.”

Già mercoledì il Bundestag aveva votato a favore della partecipazione di 400 soldati tedeschi all’operazione marina “Atalanta” da compiere davanti alle coste della Somalia. In concreto, il compito primo affidato a questa “operazione” è: “prevenzione e deterrenza della pirateria al Corno d’Africa ,unita alla copertura, alla certezza dell’aiuto del programma alimentare mondiale e dell’Unione Africana.”

 

 

 

 

 

 

 


Friburgo: Attacco di vernice contro la fabbrica Starag

Tratto da https://frecciaspezzata.noblogs.org/post/2020/05/31/friborgo-attacco-di-vernice-contro-la-fabbrica-starag/

 

Friburgo: Attacco di vernice contro la fabbrica Starag

 

30 maggio 2020 – Fonte: renverse.co

I popoli della Federazione democratica del nord e dell’est  della Siria (Rojava), che hanno liberato le loro terre da Daesh, stanno ora affrontando gli attacchi dello Stato turco. Dal 2018 la Turchia ha invaso la regione, costringendo centinaia di migliaia di famiglie a fuggire. Questa occupazione, di una violenza senza precedenti è un attacco diretto al sistema democratico stabilito nel Rojava. In effetti, la prospettiva di una regione governata secondo i principi dell’ecologia e della liberazione delle donne fa tremare tutti gli Stati capitalisti e imperialisti.

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Nigeria in guerra con gli elicotteri di Leonardo-Finmeccanica

Riceviamo e diffondiamo:

Nigeria in guerra con gli elicotteri di Leonardo-Finmeccanica

Le forze armate della Nigeria intensificano la campagna bellica contro Boko Haram ed altre organizzazioni jihadiste ricorrendo alle armi prodotte dal complesso militare industriale italiano. Con un comunicato emesso dal Capo di Stato Maggiore della Marina militare nigeriana, ammiraglio Ifeola Mohammed, è stata annunciata la consegna di un nuovo elicottero da trasporto AgustaWestland AW139 da parte della Divisione elicotteri Leonardo (ex Finmeccanica). Il velivolo che può trasportare sino a 15 persone, era stato ordinato nel settembre 2016 dal Ministero della difesa nigeriano. L’accordo prevedeva la realizzazione di altri tre elicotteri della stessa tipologia, più la fornitura da parte di Leonardo di componenti e parti di ricambio e dei servizi di manutenzione.

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Aggiornamenti sulla collaborazione della politica italiana con lo Stato del Qatar

Aggiornamenti sulla situazione della politica italiana con lo Stato del Qatar

https://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2020/05/doha-invia-materiale-sanitario-roma.html

https://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2020/05/sfilata-della-politica-italiana-in.html

https://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2020/05/le-armi-che-leonardo-italia-ha-venduto.html


Un dedalo di strade per un Afghanistan tra parcellizzazione etnica e unificazione culturale

Invitiamo l’ascolto dell’intervista che trovate nel link qui sotto, riguardo alla situazione della guerra in Afghanistan:

Un dedalo di strade per un Afghanistan tra parcellizzazione etnica e unificazione culturale

Tratto da https://radioblackout.org/2020/05/un-dedalo-di-strade-per-un-afghanistan-tra-parcellizzazione-etnica-e-unificazione-culturale/

L’impegno bellico americano più lungo della storia degli Usa rischia di lasciare solo macerie e agio ai soliti Signori della guerra ampie praterie per imporre spartizioni di potere deja vu. L’aspetto confessionale ammanta secolarmente il controllo politico di un’aura che si confonde con la realpolitik fatta di compromessi esaltati dalla struttura familistico-tribale, ma che anche nei fondamenti vede contrapposte il modello verticistico-piramidale di origine turkmeno-mongola a contrasto con quella clanica-assembleare a cavallo della Durand Line.

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