Volantino distribuito durante il presidio antinazionalista a Trento il 6 aprile

Volantino marò Trento-[06.04.2013]

 

MARÒ: MERCENARI ASSASSINI

 Il 15 febbraio 2012, due marò erano imbarcati con altri quattro fucilieri del Battaglione San Marco della Marina Militare Italiana sulla petroliera Enrica Lexie, in rotta verso l’Egitto al largo della costa Sud-Occidentale dell’India. La petroliera si trovava a 20,5 miglia nautiche dalla costa indiana (cioè in acque territoriali). Il peschereccio St. Antony, avvicinatosi alla petroliera, viene fatto oggetto di colpi di arma da fuoco e vengono uccisi a sangue freddo due pescatori: Ajesh Pinky (25 anni) Selestian Valentine (45 anni). Sedici fori di proiettili Beretta, in dotazione ai marò, sono stati rinvenuti sul St. Antony. Gli unici fucili con il caricatore non pieno, fra tutti i fucilieri imbarcati sull’Enrica Lexie, sono quelli dei due marò accusati di omicidio. Il fatto che ci troviamo davanti a due assassini che hanno ucciso brutalmente due pescatori è talmente evidente che perfino la difesa dei due militari italiani non mette in discussione la ricostruzione della vicenda. Questi due militari sono stati, in questo lasso di tempo, portati in palmo di mano da varie autorità. In primis quella indiana che ha trattato i due come dei bravi italiani: i due non hanno mai passato un giorno nelle carceri indiane, bensì erano ospitati in hotel di lusso con tv satellitare e cibo italiano! L’Italia non è stata in silenzio rispetto a questa faccenda, anzi. Visto che sia la famiglia degli assassini che quella degli assassinati sono cattoliche, la Chiesa ha ben pensato di avvicinarle entrambe nella fede, per far ritirare la denuncia alle famiglie dei pescatori. Questa mossa, spinta dal sottosegretario agli Esteri italiano De Mistura, è fallita. Si è quindi provato con un altro tentativo di corruzione, questa volta riuscito. Il 24 aprile 2012 il Governo italiano, per mano del Ministro della Difesa Di Paola, versa ai parenti dei pescatori 300.000. Nell’ottobre 2012 è il tempo del GP automobilistico in India, dove la Ferrari espone sulle monoposto lo stemma della Marina Militare Italiana, rispondendo all’appello in solidarietà ai marò portato avanti dalla testata “Il Giornale”, con il plauso del Ministro degli Esteri Terzi. Sotto natale il governo italiano, per portare a casa i due militari durante le feste, sborsa 826.000allo Stato indiano come garanzia del ritorno in India dei due assassini. Per salvare la pellaccia ai due, il 21 dicembre La Russa dichiara di volerli candidare nella formazione neofascista Fratelli d’Italia poiché, se eletti, godrebbero dell’immunità parlamentare. Ma lo sciovinismo italico non finisce qui. Il curatore della contro perizia della vicenda per conto del Governo italiano è Luigi Di Stefano, dirigente di CasaPound e animatore di un comitato pro-marò. La retorica nazionale che presenta questi mercenari come “eroi” d’Italia è la stessa che ha descritto i paracadutisti della Folgore come italiani brava gente dopo gli stupri in Somalia nel 1995, i bombardamenti su Belgrado nel 1999 e Tripoli nel 2011 come “interventi umanitari” o le guerre in Afghanistan e Iraq – che proseguono tuttora – come missioni di pace. Tutte le testate giornalistiche e tutti i partiti politici di sinistra e destra hanno fatto quadrato attorno ai due ed alle forze armate che rappresentano. È necessario rompere le righe di tutta questa schifosa propaganda nazionalista, è necessario mettersi al di fuori del calderone in cui tutti, in quanto “italiani”, ci dovremmo riconoscere. Il nazionalismo, che nei periodi di “crisi” rifiorisce sempre, è un germe pericoloso perché divide i popoli e unisce le classi. Noi non ci riconosciamo sotto nessuna bandiera, andiamo oltre ogni confine che sia stato disegnato sulle carte, quindi non ci interessa se le acque in cui sono stati assassinati i due pescatori erano internazionali o no; il punto è che i due marò sono dei militari e come tali hanno ucciso perché è l’unica cosa che gli sia stata insegnata nelle caserme d’Italia e di tutto il mondo. Questi sono i loro “eroi”, mercenari pagati per difendere i privilegi, le ricchezze del padrone di turno. Non ci interessano le questioni legate al diritto internazionale o alle varie giurisdizioni di competenza, ci interessa la sostanza della questione che dimostra come la giustizia sia una questione di classe e che la violenza non sia solo monopolio dello Stato: le bastonate che si sono presi quattro paracadutisti a Livorno lo scorso 9 marzo sono uno dei modi di fare giustizia.

NOI STIAMO DALLA PARTE DEI PESCATORI INDIANI

CHI SONO MASSIMILIANO LATORRE E SALVATORE GIRONE? SONO DUE ASSASSINI

Anarchici, Antimilitaristi, Antinazionalisti 


Presidio antinazionalista il 6 aprile 2013 a Trento

Cattura


Opuscolo: “Abbasso gli eserciti! Abbasso le guerre!”

È uscito l’opuscolo “Abbasso gli l’eserciti! Abbasso le guerre

A cura del Circolo Anarchico di Lecce

Edizioni Massetti

C’è stato un tempo, alla fine dell’Ottocento, in cui urlare “Abbasso l’esercito!” era considerato reato.

Si veniva incriminati per “grida sediziose”, si veniva condannati, si finiva in galera. 

È trascorso un secolo, e non si viene più incriminati e condannati per questo: oggi basta molto meno.

È sufficiente esibire uno striscione su cui sia scritto: «Da Otranto a Vicenza, NO alle basi militari». 

Anche un gesto semplice, come l’esposizione di uno striscione antimilitarista, deve essere represso, al fine di non instillare neanche un briciolo di riflessione o di contestazione.

The show must go on, la dittatura del pensiero anche! 

La repressione si manifesta per ciò che realmente è: uno degli aspetti della guerra in “tempo di pace”.

Ha bisogno del consenso, del silenzio complice, dell’assuefazione di tutti.

 

Per contatti:

Circolo Anarchico
Via Massaglia 62/b
73100 Lecce
peggio2008@yahoo.it
Aperto ogni martedì dalle 21 e venerdì dalle 20

Per scaricare l’opuscolo premere qui


Locandina iniziative di aprile a Lecce

Locandina


Cineforum antimilitarista al Tavan (Trento)

cineforum


ICT Days: fuori la guerra dalle università

In occasione degli ICT Days (manifestazione di discussione e propaganda delle Tecnologie di Informazione e Comunicazione che si svolge a Trento, organizzata da professori universitari e sponsorizzata anche da Finmeccanica), un gruppo di antimilitaristi ha voluto contestare la presenza di Lorenzo Fiori, direttore tecnico di Finmeccanica.

Nonostante la presenza di digos, carabinieri e polizia, gli antimilitaristi sono entrati nell’area del convegno con uno striscione (“Eledia, RS lab, FBK: l’università in guerra”), volantini, interventi e lo slogan: “Fuori la guerra dall’università”.

Volantino distribuito


Stevem scars

Ovvero: stavamo scarsi, che in modo ironico vuol dire “ce n’erano già anche troppi”. È questa l’espressione che mi è subito venuta in mente qualche settimana fa aprendo le pagine dei quotidiani nazionali. Mentre scorrevo i titoli, tra una meteorite e qualche saltimbanco candidato alle elezioni, tra il pancione delle vip e la famigerata crisi, insomma tra una porcata e l’altra, spunta un titolo un po’ nascosto che richiama la mia attenzione e che riguarda la nascita della ‘cyber polizia’. Decido di tapparmi il naso e capire che sta succedendo, anche perché i titoli già non rimandano a niente di buono. Scopro quindi che l’11 gennaio viene inaugurato e reso pienamente attivo il Centro Europeo per la Lotta alla Criminalità Informatica (EC3-European Cyber Crime Center) con sede presso l’Ufficio europeo di polizia (Europol) all’Aia (Paesi Bassi). L’EC3, costituito da 43 esperti di sicurezza informatica diretti da Troels Orting, capo della polizia danese ed esperto di anticrimine tecnologico, nasce allo scopo di controllare costantemente la rete per cercare di impedire non solo azioni di frodi, furto di capitali on line o reati sessuali su minori, ma anche di monitorare, intercettare o sgominare famigerate bande o singoli individui che utilizzano metodi di comunicazione cifrati o anonimizzati per comunicare al riparo di occhi indiscreti o per attaccare i sistemi d’informazione delle infrastrutture dell’Unione Europea. È subito evidente che, dietro la facciata buonista che vuole proteggere i cittadini fiduciosi ed inesperti della rete dall’incappare malauguratamente in un clic che gli costerà centinaia se non migliaia di euro e dietro al nobile dovere di catturare qualche disgustoso onanista, spunta tra le righe l’altra funzione dell’EC3, quella legata all’antiterrorismo, che ha il compito di mappare e rintracciare chi possa scambiare “conversazioni criminali” o consultare “propaganda estremista”. Continue reading


La Germania si prepara all’acquisto di UAV armati

A seguito delle pressioni ricevute dalla Bundeswehr (Forze Armate della Germania), il governo tedesco si starebbe preparando ad equipaggiare ulteriormente dei velivoli non pilotati  (UAV) già impiegati nelle missioni all’estero. Tale notizia è stata anticipata a fine gennaio da Spiegel Online, noto settimanale tedesco, venuto in possesso della risposta fornita dal governo di Berlino ad una interrogazione dell’estrema sinistra; in questo documento, l’esecutivo sostiene che  “ l’esperienza delle operazioni di combattimento all’estero ha reso chiaro come i sistemi per la ricognizione debbano essere armati allo scopo di fornire protezione in caso di improvvisi mutamenti della situazione”. Gli UAV (Unmanned Aerial Vehicles) armati possono attaccare bersagli in modo veloce, preciso e scalabile: inoltre, gli equipaggiamenti bellici su tali velivoli metterebbero le forze avversarie di fronte ad una minaccia permanente ed imprevedibile che limiterebbe la loro capacità di agire.


ELTA SYSTEMS vende nuovi sistemi di spionaggio

Israel Aerospace Industries (IAI), ovvero la più importante industria d’armi israeliana, ha ricevuto una serie di contratti del valore complessivo di 44 milioni di dollari per fornire soluzioni avanzate di COMINT (Communication Intelligence) ad un cliente estero non specificato. Il sistema di intercettazione e di sorveglianza, utilizzabile da piattaforme aeree e terrestri, è sviluppato dalla sussidiaria ELTA Systems e impiega nuove tecnologie che consentono una elevata probabilità di intercettare e localizzare comunicazioni normali o complesse, anche in ambiente “denso” dal punto di vista delle trasmissioni. A tale scopo viene utilizzata una pluralità di ricevitori digitali a banda larga, sofisticati algoritmi per la processazione dei segnali ed un’accurata geo-locazione delle fonti di comunicazione. La collaborazione di IAI e delle forze armate israeliane assieme alle industrie di morte e le università europee sta assumendo sempre di più rilevanza: questa commessa dimostra l’importanza crescente per le imprese belliche mondiali dello sviluppo e della commercializzazione di sistemi di sorveglianza e di spionaggio, nell’ottica del sempre maggior peso che le operazioni militari contro-insurrezionali stanno avendo per le varie forze armate nazionali.


Dichiarazione degli anarchici imputati al tribunale di Trento

Il gioco delle parti su cui si basa la Giustizia di Stato prevede che voi ci accusiate e che noi, a testa bassa, veniamo qui a difenderci. Ma noi non accettiamo le parti, sia perché non riconosciamo lo Stato sia perché il gioco è palesemente truccato.
Se avessimo a che fare con reati specifici e con l’esibizione di cosiddette prove, questo processo non sarebbe nemmeno cominciato. E questo non lo diciamo noi. Lo dicono le carte giudiziarie.
Nella ordinanza di custodia cautelare che trattiene ancora agli arresti domiciliari uno di noi si definiscono “oscure le ragioni addotte dall’accusa, che si limita a semplici considerazioni astratte”.
Nella richiesta di arresti inoltrata dalla Procura si legge: “Deve ritenersi che indizi in ordine alla sussistenza del reato associativo ben possono essere desunti da elementi di prova relativi ai reati-fine, anche quando essi siano stati ritenuti insufficienti allo stesso esercizio dell’azione penale per tali reati”. In termini ancora più chiari: l’associazione “è premessa doverosa per valutare con correttezza e valorizzare quali ‘indizi’ delle circostanze che, diversamente, avrebbero valore ‘neutro’ dal punto di vista probatorio”.
Insomma, senza ricorrere ad una fantomatica associazione di cui la Digos di Trento si è inventata persino l’acronimo (“G.A.I.T.”, “Gruppo Anarchico Insurrezionalista Trentino”), ciò che i PM Amato e Ognibene avrebbero in mano è presto detto: un pugno di mosche. E questo nonostante il mastodontico dispositivo di controllo tecnologico messo in campo: 148.990 contatti telefonici, 10 mila contatti ambientali, 18 mila comunicazioni telematiche, 14 mila dati gps, 92 mila ore di video, 12 mila fotografie.
Gli inquirenti stessi, d’altronde, dicono di non possedere né prove né gravi indizi per determinare chi ha compiuto le azioni anonime di cui siamo accusati; da quelle azioni si desumerebbe l’esistenza di un’organizzazione, di cui noi faremmo parte; la nostra partecipazione si desumerebbe, a sua volta, dalle azioni. E così via, in una sorta di cortocircuito logico.
Siamo un bel grattacapo per i loro teoremi. Il codice definisce l’associazione sovversiva un “legame formalmente distinto dai singoli partecipanti”, cioè un’organizzazione stabile nel tempo, con un’organigramma, dei ruoli ecc. – caratteristiche, queste, inconciliabili con l’informalità, l’orizzontalità e l’affinità che da sempre caratterizzano i nostri rapporti come quelli di tanti altri compagni. E infatti Digos e Procura si lanciano, sfidando la grammatica non meno che la storia, a ipotizzare un’organizzazione “piramidale e gerarchizzata” compatibile, miracolo!, con lo “spontaneismo anarchico”. Continue reading